La prateria grigia

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Camminare, camminare.

Sebastian non poteva far altro che camminare.

Come tutte le altre figure intorno a lui.

Non c'era niente là.

Le altre figure lo tenevano lontano, lo ignoravano.

Era forse diverso da tutti quei morti?

Anche loro lo consideravano diverso?

Non era bastata una vita di pregiudizi e discriminazioni?

Doveva viverle anche in quello che aveva sperato essere una via d'uscita?

Non c'era un via d'uscita al dolore, questo pensava.

Dette un'occhiata rapida al suo fisico asciutto.

Che cosa non andava in lui?

Erano i polsi tagliati?

La camicia di flanella abbottonata fin sotto il mento?

I jeans strappati?

Le cosce scheletriche?

La schiena ricurva?

Gli occhi marrone scuro?

I capelli rossi e ricci, spettinati e dal taglio poco curato?

Gli occhiali a montatura rotonda?

Cosa? Cosa non andava in lui?

Continuava a camminare, sentendo la presenza perenne di Annette pedinarlo ad ogni passo, seguire la sua stessa cadenza.

Cosa voleva quella ragazza da lui?

Perché sentiva di conoscerla?

Non lo sapeva.

Sentiva la testa girare.

Come se dormisse.

Ma non dormiva, era troppo cosciente.

Da un paio di giorni a quella parte, aveva cominciato a perdere i suoi colori.

In compenso, poteva sentire.

Sentiva deboli sussurri, i sussurri delle altre figure, stava diventando come loro, una figura oscura e senza colori, e finalmente poteva sentire ciò che dicevano.

Ma per ora, rimaneva comunque diverso.

E Annette continuava a seguirlo.

Si fermò, un moto di rabbia improvviso lo stava assalendo.

Si voltò, ritrovandosi Annette ad un palmo di naso, il suo etereo sorriso stampato sul suo volto delicato.

Cominciò a gridare.

Non sapeva cosa stesse dicendo, sentiva solo un lieve rantolo provenire dalla sua bocca, ma sapeva che qualunque cosa stesse blaterando non riusciva a scalfire quel bellissimo sorriso.

Smise di gridare, per la prima volta da giorni gli mancava il fiato.

Annette continuava a fissarlo immobile.

Gli tese la mano.

Un gesto semplice, improvviso.

Sebastian non capiva.

Una delle tante silhouette erranti si avvicinò a lui, l'espressione vaga.

"Lei non parla e non sorride mai, vaga e basta" disse l'ombra, ergendosi alle spalle di Sebastian.

Riusciva già a sentire bene cosa dicevano le altre ombre? Aveva già perso i suoi colori?

"Nessuno sa la sua storia, né come sia morta" proseguì l'ombra.

"Se ha deciso di instaurare un legame con te, deve esserci un perché"

L'ombra non salutò né annunciò il suo congedo quando se ne andò, e Sebastian si accorse della sua assenza quando ormai era troppo lontana.

Annette... Annette...

Ma che legame poteva avere con lei?

La ragazza continuava a sorridere, la mano tesa, aspettando.

Sebastian non si mosse.

Non sapeva cosa fare, non sapeva se ciò che avrebbe detto sarebbe arrivato alle orecchie di Annette.

Annette... Annette...

Perché quel nome era così familiare?

Cosa aveva in comune lui, un povero sfigato suicida, con quel fantasma misterioso dal nome tanto bello?

Già, era un nome proprio bello.

Ma a parte questo, quel nome non gli diceva altro.

Annette... Annette...

Cosa voleva dire Annette per lui?

Niente.

Perché non sapeva chi fosse Annette.

Annette... Annette...

Annette...

Forse...

... Amore?

No, non era questo che gli ricordava quel nome.

Piuttosto, amore negato.

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