🗼3. Traumatici risvegli

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"Al peggio non c'è mai fine"

_Corollario della legge di Murphy _

Mi svegliai a causa di un rumore proveniente dalla cucina.
Mi sentivo uno schifo e non solo perché avevo poche ore di sonno alle spalle.
Il frastuono sembrava farsi sempre più forte, così trassi un profondo respiro e mi costrinsi ad aprire gli occhi con riluttanza, emettendo un lamento per la luce accecante del sole.
Mi alzai sbadigliando e stirando i muscoli indolenziti.
Dopo essermi lavata la faccia, mi trascinai di mala voglia in cucina, bramando con ogni cellula del mio corpo una tazza di caffè nero e fumante.
Giunta in sala da pranzo, individuai la causa del mio risveglio improvviso: Sofia.
Se ne stava appollaiata sullo sgabello, mentre reggeva con una mano il capo biondo e con l'altra una tazza, immersa nei suoi pensieri.
Visto che non si era ancora accorta della mia presenza, la salutai con un fiacco: «Buongiorno, splendore».

Sofia saltò nella sedia. «Elly, sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo! E, per cortesia, puoi parlare più piano? Questa mattina mi sembra di avere degli spilli conficcati nel cranio, mi fa malissimo la testa!» Posò la tazza sul bancone e cominciò a massaggiarsi le tempie con movimenti circolari dei polpastrelli.

Sorrisi e alzai le mani insegno di scusa. «Ehi! Non è colpa mia se ieri sera hai esagerato con i mojito e hai fatto le ore piccole. Ho parlato piano, ma cercherò di sussurrare d'ora in poi».

Sofia si aggiustò gli occhiali da sole e poi mi puntò contro il suo dito indice. «Dai segni violacei che hai sotto gli occhi, deduco che non sono l'unica qui che ha fatto le ore piccole. Cielo, sembri un panda! Io almeno sono stata in compagnia di un ragazzo sexy che ho lasciato in fretta e furia questa mattina, a differenza tua che non avrai chiuso occhio per quello stronzo. Dobbiamo parlare». 

Sospirai rassegnata, perché non avevo molta voglia di parlarne e preferivo continuare a ignorare il problema Stefano. Alla fine scartai l'ipotesi di darmela a gambe e mi trascinai al suo fianco. «Sii buona. Possiamo discuterne quando sarò del tutto sveglia? Ti dico io cosa faremo: per prima cosa verserai una tazza di caffè al panda qui presente, dopodiché mi lascerai fare la doccia e poi ti prometto che potrai farmi il terzo grado».

Dopo qualche secondo, mi allungò sul bancone ciò che le avevo chiesto. Soffiai sulla tazza di caffè e ne bevvi un sorso, assaporandone l'aroma.
«Non pensare di svignartela dopo la doccia e non fare quello sguardo scioccato. Ti conosco. So che saresti capace di traslocare in bagno pur di evitare l'argomento. Parleremo della tua situazione sentimentale e non ammetto scuse», dichiarò lei, risoluta.

Bevvi in fretta altre tre sorsate, poi mi portai la mano alla fronte e feci il saluto militare. «Signor sì, Signore». Convinta che fosse giunto il momento di battere in ritirata, mi alzai dalla sedia e, imitando il passo di marcia dei soldati, mi diressi verso il bagno per farmi la doccia.
Mi spogliai e rimasi sotto il getto dell'acqua bollente, con gli occhi chiusi, sperando di poter lavar via anche la tristezza che quella mattina avvolgeva come una morsa il mio cuore.
Trenta minuti dopo uscii dal box, rinata. Spiai dalla porta socchiusa e, per fortuna, sembrava non esservi traccia della mia amica.
Spalancai il battente e corsi in accappatoio per tutto il corridoio, fino alla mia camera.

«Quindi, ancora non si è fatto sentire lo stronzo?»
Sofi mi aveva raggiunto non appena mi ero seduta sul letto e se ne stava appoggiata allo stipite della porta, con lo sguardo rivolto verso il mio cellulare.

Nervosa, passai su e giù le mani sul tessuto dispugna. «No... beh, più o meno. Mi ha mandato un messaggio mentre ero in doccia».

Sofia inarcò un sopracciglio biondo e incrociò le braccia al petto. «Un messaggio... che sforzo! E si può sapere cosa c'era scritto? Dal modo in cui sei diventata all'improvviso rigida, scommetto che il contenuto non mi piacerà granché». C'era rabbia nella sua affermazione, anche se cercava di mantenere la calma.

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