Capitolo Tre

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«Mia splendida Maggie, hai rovinato la tua bambola!».
Esclamò la creatura e i suoi occhi biancastri brillarono di una pallida luce verde, «Hai anche buttato per terra il Signor Bunny, ma ti perdono. Basta che ritorni nell'unico posto dove devi stare: al mio fianco!».

«Chi diavolo sei tu?!».

Mi scuotevo come un'ossessa per cercare di liberarmi, mentre i miei genitori tentavano di sfondare la porta, e l'espressione di quella creatura si riempì di stupore.

«Io sono Jason il giocattolaio». Esclamò, «Il tuo fedele amico, l'unico di cui hai bisogno!».

Qualcosa si mosse nei ricordi al solo sentir di quel nome, fu come una scarica elettrica lungo il corpo. Mio padre riuscì a sfondare la porta e accese la luce.
Quando finalmente lo vidi, il suo volto innescò una bomba che esplose liberando i ricordi che erano rimasti rinchiusi per tutti quegli anni.

Rividi il giorno in cui c'incontrammo per la prima volta. Le sue mani da cui i giocattoli sembravano come fiorire.
Ricordai il suo sorriso amichevole... che diventò lentamente un ghigno aguzzato e sadico.
Quel giorno riversò contro di me la sua esasperazione, lui pretendeva più attenzioni perché nella sua arroganza credeva di meritare ogni cosa da me.
Ma quando fu stanco di me, allora rivelò ciò che era.

Rivelò di aver eliminato lui le persone che mi circondavano.
Rapì i miei amici per trasformarli nelle sue toy doll ed io come una stupida ingenua le avevo sempre ammirate!
La corsa verso casa fu inutile, perché la porta azzurra riapparve al centro del salotto.
Fece una strage con i miei genitori, si vendicò portandomeli via e ci mancò poco prima che afferrasse anche me.
Non seppi come, ma riuscii a scappare dalle sue grinfie correndo il più lontano possibile da lui.

Correndo il più lontano possibile dall'odore di sangue e di quello della carne decomposta.

«Sei stato tu!». La rabbia s'impossessò di me e presi a colpirlo, «Tu li hai uccisi! Tu!».

Continuavo a colpirlo ma Jason mi sorrideva, come se gli stessi facendo il solletico.
Non aveva il minimo rimorso per avermi rovinato la vita!
Era una bestia possessiva che si era celata ai miei occhi di bambina dietro il volto di un angelo.
Era stato capace di darmi ogni cosa e al tempo stesso di annullare tutto ciò che mi circondava.
Era diabolico!

«Ovvio che sono stato io, mia splendida creatura! Il Signor Bunny te l'ha anche mostrato». Sorrise con ovvietà, «Ho costruito per te molti giocattoli e non vedo l'ora di farti conoscere Mereanda, ma se preferisci puoi chiamarla Mandy».

All'improvviso qualcosa urtò la sua testa e si frantumò in mille pezzi.
Mio padre aveva una mazza di legno, l'aveva sferrata contro la testa del mostro ma tra i due a rompersi era stato solo il legno.
Il sorriso di Jason diventò una smorfia infastidita e la sua stretta si rafforzò intorno al mio polso. Si voltò e quando mio padre vide il suo viso, sgranò gli occhi e mia madre si tappò la bocca soffocando un grido.
Ma mio padre non perse tempo, tentando ancora di liberarmi.
Nonostante la mazza fosse a metà, colpì il giocattolaio in volto e questa volta lui mollò la presa.
Corsi insieme ai miei genitori fuori dalla stanza.
Ci precipitammo al piano di sotto e arrivammo all'entrata.
Mio padre aprì la porta, ma invece del vialetto davanti a noi c'era l'atelier di Jason.

«Maggie, ti do un'ultima possibilità». Jason stava scendendo le scale, «Dopodiché tingerò le mura con il sangue di tutta la gente che ti circonda, bastarda!».

«In cucina, presto!».

Corremmo verso la cucina, sentendo le risate di quel mostro che ci seguivano e una volta dentro, attraverso le finestre, si vedeva ancora la piccola fabbrica del giocattolaio.
Oramai ero disperatamente certa che non si trattasse di un incubo.
Il terrore e il sangue di Daisy tra le dita erano più reali di qualsiasi altra cosa avessi mai vissuto.

Ci voltammo, «Dov'è papà?».

Mia madre, che nel frattempo aveva afferrato un coltello, si avvicinò a me e mi strinse tra le braccia.

«Steven!». Lo chiamò con voce tremante, ma sospirammo entrambe di sollievo vedendolo entrare in cucina. «Sbrigati, prima che-».

La voce di mia madre si bloccò.
Come me, fissava il volto pallido di papà. Camminava lento, con lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi sbarrati.
D'improvviso cadde per terra e da dietro sbucò il sorriso congelato di Jason.
Il giocattolaio mi guardò con quegli occhi folli.

«Papà ha finito la batteria, bisogna ricaricarlo!».

Jason mostrò una chiave meccanica enorme e la conficcò nella schiena di mio padre, già macchiata di sangue, girò con forza e la sua spina dorsale si piegò, distorcendosi.
Al secondo giro gridai, tappandomi le orecchie per non sentire il rumore delle ossa che si spezzavano, ma non riuscii a fare a meno di staccare gli occhi dal corpo di mio padre che si contorceva come un serpente.

«Vattene, sparisci! Lascia stare la mia bambina!». Mia madre mi strinse al suo petto e nonostante il terrore e le lacrime che versava, il suo volto era quello di una leonessa pronta a proteggermi.

«Fai silenzio, donna! Non è con te che devo parlare!».
Ringhiò furioso il giocattolaio e in fine m'indicò con il suo artiglio bianco, «Vieni con me, mia dolce amica. Insieme ci divertiremo, torneremo a ridere come una volta».

«No, tu sei solo un pazzo psicopatico! Non so che razza di mostro sei, non ho idea di come puoi esistere in questo mondo, ma una cosa è certa: devi sparire per sempre dalla mia vita!».

Al suono del mio rifiuto, l'espressione di Jason s'incupì e i suoi occhi brillarono dalla furia.
Iniziò a farneticare, contorcendosi e facendo scatti con la testa come se l'avessi mandato in tilt.

«Io non capisco...». Ringhiò sottovoce, «Non capisco!». Urlò e, digrignando i denti, la sua faccia diventò ancor più raccapricciante, «Io sono stato l'unico a starti accanto quando i tuoi genitori preferivano il lavoro piuttosto che stare con te! Io sono stato un amico leale, mentre quelli che ti circondavano ti cercavano solo nel momento del bisogno!».
Si avvicinò lentamente, «Io ti ho riempito di attenzioni, donandoti cascate di giocattoli e senza farti mai mancare nulla! Io ho voluto il tuo bene, ed è per questo che ho distrutto tutto ciò che ti feriva!».

Le sue grida erano così forti che rimbombavano contro le pareti, mentre il mio corpo tremava dal terrore ad ogni parola.

«Ho tolto di mezzo le persone che ti rattristavano, perché volevo che tu fossi felice al mio fianco e dopo che ti ho cercato a lungo, tu mi hai persino dimenticato. Io sono stato un vero amico, ma tu mi hai abbandonato voltandomi le spalle».
Tutto ad un tratto il suo sguardo furioso si rilassò, se non per quel sorriso malato, «Dopo tutto quello che ho fatto per te, non c'è altra spiegazione, tu hai sicuramente qualcosa che non va».
Insinuò con uno sguardo accusatore, «Sei stata una ragazzina molto cattiva, quindi ora devo aggiustarti».

«C-cosa?». La voce mi tremò.

«Hai capito bene, piccola ingrata.
Ti aggiusterò così diventerai brava».
Ridacchiò, «Diventerai una bellissima Toy Doll».

Mia madre, che era rimasta come paralizzata durante tutta la sfuriata di Jason.
All'improvviso si destò e gli puntò contro il coltello, «Se provi soltanto a sfiorare Maggie, giuro che ti ammazzo!».

Jason guardò mia madre con aria di sfida e si avvicinò lentamente.
Il coltello tremava nella sua mano mentre il giocattolaio aveva uno sguardo impassibile.
Ma lei non resse la tensione.
Mi spinse dietro di sé e gli si scagliò contro.
Gli piantò il coltello dritto nel cuore e il mostro spalancò gli occhi, fece una smorfia di dolore, aggrottando le sopracciglia scure, e mia madre sorrise trionfante.

Jason the Toy Maker [Ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora