Capitolo Quattro

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                                                       Di buoni consigli

   La luce abbagliante del giorno irruppe improvvisamente nella stanza, ferendogli gli occhi come aghi. Sentì i raggi del sole sulla pelle nuda della schiena, ma il loro tepore non era nulla se paragonato alla frizzantezza dell'aria che soffiava fresca dai tendaggi ormai spalancati.
   Edward grugnì di disappunto, mentre delle voci parlottavano sommessamente dal fondo della sala. Lo assalì un violento dolore alle tempie, e malgrado le palpebre chiuse, l'oscurità riprese a vorticargli tutta attorno. Provò a voltarsi sul fianco e a riprendere le lenzuola scivolategli lungo le gambe, ma un travolgente senso di nausea glielo impedì.
"Ben svegliato, Signore," udì a pochi passi. Strinse gli occhi di più, premendosi le dita alla testa.
"Forza, forza. Il sole è già alto e vi aspetta un'importante giornata," incalzò la voce, così squillante da aumentare il pulsare frenetico e penoso che gli martellava il capo.
   Mugolò nuovamente, tanto di angoscia quanto di noia, scacciando un altro conato che pareva attorcigliargli le budella.
Due mani lo afferrarono per le spalle, costringendolo a voltarsi supino.
"Mio Signore, non obbligatemi a portarvi di peso. Sapete che lo farei," Josef lo ammonì, ora a pochi centimetri dal suo viso.
Tentando di ignorare una vertigine, Edward lo allontanò, mettendosi finalmente a sedere sul soffice materasso. Lanciò un'occhiataccia al consigliere ed al suo sorrisetto soddisfatto, mentre si alzava a fatica, rabbrividendo da capo a piedi.
"Vi ho fatto preparare un bel bagno," disse ancora l'uomo alle sue spalle, vestito di un'elegante tunica scura, riccamente decorata da intricati disegni d'oro.
   Il cavaliere non se ne curò, avvolgendo il proprio corpo nudo in una stola di seta poggiata infondo al letto. Provò a compiere un paio di passi prima che i suoi stessi piedi lo tradissero, inciampando sul pavimento che pareva muoversi di volontà propria.
Un sospiro sconsolato gli giunse alle orecchie, accompagnato di nuovo da un paio di mani vigorose che lo sorreggevano.
"Siete stato ancora al villaggio la notte scorsa?"
Adesso la voce di Josef era un rimprovero, e l'irritazione del Lord crebbe insieme alla repulsione che gli risaliva dallo stomaco.
Annuì distratto, sperando che bastasse a terminare quel tedioso interrogatorio. Ahi lui non fu tanto fortunato, perché le dita affusolate di Josef gli tracciarono il dorso, seguendo i graffi che altre unghie gli avevano lasciato.
"Dovreste farvi vedere da Maestro Alyster," gli disse in un sussurro. Un tremolio scosse il cavaliere, malgrado tentasse di non darlo a vedere.
"Lasciami," borbottò, strattonando fino a liberarsi dalla sua salda presa. Barcollò fino alla stanzetta vicina, dove lo attendevano un servo ed un ampio catino ricolmo d'acqua e d'oli profumati. Questi si inchinò al suo passaggio insicuro ed instabile, pronto ad aiutarlo, ma Edward lo congedò con un'occhiata torva. Faticò ad immergersi, ma non appena l'acqua tiepida lambì le sue membra stanche, tirò un sospiro di sollievo.   
   Chiuse gli occhi ancora una volta, lasciandosi cullare dal calore e dagli aromi che aleggiavano nell'aria umida, pregando che l'ombra del consigliere, poggiato contro lo stipite della porta, evaporasse insieme ai fumi del bagno.
"L'arrivo di Lord Boyce è previsto poco dopo mezzogiorno," annunciò. Edward tornò a dischiudere le palpebre e vide la sua espressione contrita, il suo sguardo basso puntato al pavimento.
"Le vesti sono già pronte. Sarebbe opportuno indossaste gli emblemi di Arran, mio Signore."
   I sarti del villaggio e del castello avevano lavorato giorno e notte per cucirgli tuniche e mantelli che recassero i blasoni di quella terra. Non erano abili quanto gli esperti che dall'estremo Oriente visitavano la capitale e facevano dono ai Signori delle loro opere più pregiate; i tessuti non tanto preziosi, le loro mani non tanto leste. Dal suo arrivo ad Arran, Edward si era intestardito ed aveva indossato solo gli abiti che aveva portato con sé da Dunskye. Forse era giunto il momento che la dedizione delle genti della brughiera, che vedevano in lui un Lord ed un salvatore, venisse premiata.
   Fece sì con la testa all'indirizzo di Josef, e lo guardò scomparire nella stanza da letto, le spalle incurvate ed i passi strascicati. Si passò una mano sul volto, soffocando il dolore all'addome ed il sapore del vino che gli impastava il fondo della bocca. Seppellì gli sfuocati ricordi della notte, quando era sgattaiolato lontano dalla rocca con un mantello sulle spalle ed un cappuccio sulla testa, e aveva raggiunto il villaggio sottostante. Allontanò ogni memoria di quella stanza angusta, impregnata dall'odore dell'alcol e del sudore, dall'eco dei suoi gemiti.
   Affondò il viso nell'acqua, ascoltando come ogni rumore morisse attorno a sé portandosi via parte del suo malessere. Riemerse soltanto quando il bisogno di respirare si fece più forte di qualunque altro dolore, e questa volta, con espressione risoluta, lasciò che uno dei servi lo aiutasse a rivestirsi.
   Incontrò Josef sulla terrazza, le mani poggiate sul parapetto e lo sguardo rivolto all'orizzonte, là sul finire della vallata ed il principio della foresta, proprio là dove si intravedeva la lunga carovana di Lord Boyce e dei suoi cavalieri.
   Edward si schiarì la voce ed il consigliere si voltò verso di lui con un sorriso nostalgico, gli occhi stretti per ripararsi dal sole di mezzogiorno.
"Il verde vi dona," disse indicando la lunga tunica smeraldina che il Lord stava indossando, "fa risplendere i vostri occhi."
Edward lo affiancò, stringendo a sua volta fra i palmi la fredda balconata in pietra.
"Odio quando mi dici ciò che devo fare," mormorò senza incontrare il suo viso, "non sono più un ragazzino."
Josef annuì appena prima di allontanarsi con un breve inchino. Quando fece per ritornare al buio del torrione, il ragazzo parlò ancora.
"Ma non smettere di farlo," si morse il labbro inferiore e finalmente puntò le iridi nelle sue, "ti prego."

The Chronicles of Arran and Skye Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora