Capitolo 3

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Dopo la mezzanotte il vento s'era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire attorno ai fariaglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant'Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell'anima di Giuda. Insomma una brutta domenica di settembre, di quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare fra capo e collo, come una schioppettata fra i fichid'india. Le barche del villaggio erano tirate sulla spiaggia, e bene ammarrate alle grosse pietre sotto il lavatoio; perciò i monelli si divertivano a vociare e fischiare quando si vedeva passare in lontananza qualche vela sbrindellata, in mezzo al vento e alla nebbia, che pareva ci avesse il diavolo in poppa; le donne invece si facevano la croce, quasi vedessero cogli occhi la povera gente che vi era dentro.
Maruzza la Longa non diceva nulla, com'era giusto,ma non poteva star ferma un momento, e andava sempre di qua e di là, per la casa e pel cortile, che pareva una gallina quando sta per far l'uovo. Gli uomini erano all'osteria, e nella bottega di Pizzuto, o sotto la tettoia del beccaio, a veder piovere, col naso in aria. Sulla riva c'era soltanto padron 'Ntoni, per quel carico di lupini che vi aveva in mare colla Provvidenza e suo figlio Bastianazzo per giunta, e il figlio della Locca, il quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini. Padron Fortunato Cipolla, mentre gli facevano la barba, nella bottega di Pizzuto, diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini.
– Adesso tutti vogliono fare i negozianti, per arricchire! - diceva stringendosi nelle spalle - e poi quando hanno perso la mula vanno cercando la cavezza. -
Nella bottega di suor Mariangela la Santuzza c'era folla: quell'ubbriacone di Rocco Spatu, il quale vociava e sputava per dieci; compare Tino Piedipapera, mastro Turi Zuppiddu, compare Mangiacarrubbe, don Michele il brigadiere delle guardie doganali, coi calzoni dentro gli stivali, e la pistola appesa sul ventre, quasi dovesse andare a caccia di contrabbandieri con quel tempaccio, e compare Mariano Cinghialenta. Quell'elefante di mastro Turi Zuppiddu andava distribuendo per ischerzo agli amici dei pugni che avrebbero accoppato un bue, come se ci avesse ancora in mano la malabestia di calafato ,e allora compare Cinghialenta si metteva a gridare e bestemmiare, per far vedere che era uomo di fegato e carrettiere.
Lo zio Santoro, raggomitolato sotto quel po' di tettoia, davanti all'uscio, aspettava colla mano stesa che passasse qualcheduno per chiedere la carità.
– Tra tutte e due, padre e figlia - disse compare Turi Zuppiddu -  devono buscarne dei bei soldi, con una giornata come questa, e tanta gente che viene all'osteria. -
– Bastianazzo Malavoglia sta peggio di lui, a quest'ora - rispose Piedipapera, - e mastro Cirino ha un bel suonare la messa; ma i Malavoglia non ci vanno oggi in chiesa; sono in collera con Domeneddio, per quel carico di lupini che ci hanno in mare. -
Il vento faceva volare le gonnelle e le foglie secche, sicché Vanni Pizzuto col rasoio in aria, teneva pel naso quelli a cui faceva la barba, per voltarsi a guardare chi passava, e si metteva il pugno sul fianco, coi capelli arricciati e lustri come la seta; e lo speziale se ne stava sull'uscio della sua bottega, sotto quel cappellaccio che sembrava avesse il paracqua in testa, fingendo aver discorsi grossi con don Silvestro il segretario, perché sua moglie non lo mandasse in chiesa per forza; e rideva del sotterfugio, fra i peli della barbona, ammiccando alle ragazze che sgambettavano nelle pozzanghere.
– Oggi - andava dicendo Piedipapera - padron 'Ntoni vuol fare il protestante come don Franco lo speziale.
– Se fai di voltarti per guardare quello sfacciato di don Silvestro, ti dò un ceffone qui dove siamo- borbottava la Zuppidda colla figliuola, mentre attraversavano la piazza.
– Quello lì non mi piace. -
La Santuzza, all'ultimo tocco di campana, aveva affidata l'osteria a suo padre, e se n'era andata in chiesa, tirandosi dietro gli avventori. Lo zio Santoro, poveretto, era cieco, e non faceva peccato se non andava a messa; così non perdevano tempo all'osteria, e dall'uscio poteva tener d'occhio il banco, sebbene non ci vedesse, ché gli avventori li conosceva tutti ad uno ad uno soltanto al sentirli camminare, quando venivano a bere un bicchiere.
– Le calze della Santuzza - osservava Piedipapera, mentre ella camminava sulla punta delle scarpette, come una gattina – le calze della Santuzza, acqua o vento, non le ha viste altri che massaro Filippo l'ortolano; questa è la verità. -
– Ci sono i diavoli per aria! - diceva la Santuzza facendosi la croce coll'acqua santa.
– Una giornata da far peccati! - La Zuppidda, lì vicino, abburattava avemarie, seduta sulle calcagna, e saettava occhiatacce di qua e di là, che pareva ce l'avesse con tutto il paese, e a quelli che volevano sentirla ripeteva: – Comare la Longa non ci viene in chiesa, eppure ci ha il marito in mare con questo tempaccio! Poi non bisogna stare a cercare perché il Signore ci castiga! -
Persino la madre di Menico stava in chiesa, sebbene non sapesse far altro che veder volare le mosche!
– Bisogna pregare anche pei peccatori - rispondeva la Santuzza; le anime buone ci sono per questo.-
– Sì, come se ne sta pregando la Mangiacarrubbe, col naso dentro la mantellina, e Dio sa che peccatacci fa fare ai giovanotti! -
La Santuzza scuoteva il capo, e diceva che mentre si è in chiesa non bisogna sparlare del prossimo.
– Chi fa l'oste deve far buon viso a tutti - rispose la Zuppidda, e poi all'orecchio della Vespa: – La Santuzza non vorrebbe si dicesse che vende l'acqua per vino; ma farebbe meglio a non tenere in peccato mortale massaro Filippo l'ortolano, che ha moglie e figliuoli.-
– Per me - rispose la Vespa - gliel'ho detto a don Giammaria, che non voglio più starci fra le Figlie di Maria se ci lasciano la Santuzza per superiora.-
– Allora vuol dire che l'avete trovato il marito? - rispose la Zuppidda.
– Io non l'ho trovato il marito - saltò su la Vespa con tanto di pungiglione. – Io non sono come quelle che si tirano dietro gli uomini anche in chiesa, colle scarpe verniciate, e quelli altri colla pancia grossa. -
Quello della pancia grossa era Brasi, il figlio di padron Cipolla, il quale era il cucco delle mamme e delle ragazze, perché possedeva vigne ed oliveti.
– Va a vedere se la paranza è bene ammarrata - gli disse suo padre facendosi la croce.

I Malavoglia - Giovanni VergaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora