Capitolo 5

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La Mena non sapeva nulla che volessero maritarla con Brasi di padron Cipolla per far passare la doglia alla mamma, e il primo che glielo disse, qualche tempo dopo, fu compare Alfio Mosca, dinanzi al rastrello dell'orto, che tornava allora da Aci Castello col suo carro tirato dall'asino.
Mena rispondeva: – Non è vero, non è vero - ma si confondeva, e mentre egli andava spiegando il come e il quando l'aveva sentito dire dalla Vespa, in casa dello zio Crocifisso, tutt'a un tratto si fece rossa rossa.
Anche compare Mosca aveva un'aria stralunata, e vedendo in quel modo la ragazza, con quel fazzoletto nero che ci aveva al collo, se la prendeva coi bottoni del farsetto, si dondolava ora su di un piede ed ora su di un altro, e avrebbe pagato qualche cosa per andarsene.
– Sentite, io non ci ho colpa,  l'ho sentito dire nel cortile di Campana di legno, mentre stavo spaccando il carrubbo che fu schiantato dal temporale di Santa Chiara, vi rammentate? Adesso lo zio Crocifisso mi fa fare le faccende di casa, perché non vuol più sentir parlare del figlio della Locca, dopo che l'altro fratello gli fece quel servizio che sapete col carico dei lupini. -
La Mena teneva in mano il nottolino del rastrello, ma non si risolveva ad aprire.
– E poi, se non è vero, perché vi fate rossa? -
 Ella non lo sapeva, in coscienza, e girava e rigirava il nottolino. Quel cristiano lo conosceva soltanto di vista, e non sapeva altro. Alfio le andava snocciolando la litania di tutte le ricchezze di Brasi Cipolla, il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano cogli occhi. La Mena stava ad ascoltare con tanto d'occhi anche lei, e all'improvviso lo piantò con un bel saluto, e se ne entrò nell'orto. Alfio, tutto infuriato, corse a lagnarsi colla Vespa che gli dava a bere di tali bugie, per farlo litigare colla gente.
– A me l'ha detto lo zio Crocifisso - rispose la Vespa. – Io non ne dico bugie!
– Bugie! bugie! - borbottò lo zio Crocifisso. –Io non voglio dannarmi l'anima per coloro! L'ho sentito dire con queste orecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotale, e che sulla casa c'è il censo di cinque tarì all'anno. -
– Si vedrà! si vedrà! Un giorno o l'altro si vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie - seguitava la Vespa, dondolandosi appoggiata allo stipite, colle mani dietro la schiena, e intanto lo guardava cogli occhi ladri. – Voi altri uomini siete tutti di una pasta, e non c'è da fidarsi. -
Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentiva, e invece di abboccar l'esca seguitò a saltar di palo in frasca, e a parlare dei Malavoglia che badavano a maritarsi, ma a quel discorso delle quarant'onze non ci pensavano neppure.
– Eh! - saltò su infine la Vespa, perdendo la pazienza, –se dassero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più nessuno! -
– A me non me ne importa che si maritino. Io voglio la roba mia. Ma del resto non me ne importa.-
– Se non ve ne importa a voi, c'è a chi gliene importa! sentite? Che non tutti pensano come voi, a rimandare le cose da oggi a domani! -
– E tu che fretta hai? -
– Pur troppo. Voi ci avete tempo, voi; ma se credete che gli altri vogliano far venire gli anni di San Giuseppe per maritarsi!... -
– L'annata è scarsa - diceva Campana di legno, – e non è tempo di pensare a queste cose. -
La Vespa allora si appuntellò le mani sui fianchi, e sfoderò la lingua come un pungiglione.
– Ora sentite, che questa voglio dirvela! Alla fin fine la mia roba ce l'ho, e grazie a Dio non sono in istato di dover mendicare un marito. O che credete? E se non fosse che mi avevate messo quella pulce nell'orecchio, colle vostre lusinghe, ne avrei trovato cento di mariti, e Vanni Pizzuto, e Alfio Mosca, e il cugino Cola, che mi stava cucito alla gonnella, prima di andar soldato, e non mi lasciava legare una calza. Tutti che friggevano d'impazienza, e non mi avrebbero menato tanto tempo pel naso, da Pasqua a Natale, come avete fatto voi! -
Lo zio Crocifisso stavolta si mise la mano dietro l'orecchio, per sentirci, e cominciò a lisciarla con buone parole.
– Sì, lo so che sei una ragazza di giudizio, per questo ti voglio bene, e non sono come quelli che ti corrono dietro per acchiapparti la chiusa, che poi se la mangerebbero all'osteria della Santuzza.-
– Non è vero che mi volete bene - seguitava ella, respingendolo a gomitate, –se fosse vero lo sapreste quel che dovete fare, e lo vedreste che non ci ho altro per il capo. -
Ella gli voltava le spalle corrucciata, e senza avvedersene andava stuzzicandolo coll'omero.

I Malavoglia - Giovanni VergaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora