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“Il nove giugno faceva ancora troppo freddo per andare a mare.
Era troppo presto.
Era l'ultimo giorno di scuola,mi alzai alle 6, e in mezz'ora ero già pronta e mi affrettai verso la fermata del pullman, quella mattina avrei preso il pullman delle sette meno un quarto. 
Quei dieci minuti che precedevano l'arrivo del pullman sembrarono non passare mai, mi si ghiacciarono le mani e i pensieri.
Arrivai a scuola alle sette e un quarto, meno di un'ora prima del solito.
Ma c'era un motivo..avrei parlato con lei,la ragazza che mi faceva battere il cuore.
Ero vestita troppo leggera, e in quell'aria gelida non avrei resistito altri cinque minuti.
Quando la vidi lei era nei suoi soliti jeans e la sua solita maglia, e un giubbotto. 
In quel momento tremai,non per il freddo, per lei, per le emozioni che mi faceva provare.
Non eravamo mai state sole, senza nessuno in torno, e a primo impatto, non dissi una parola.
Lei mi disse solo:
“Ti fidi di me”.
E io con un filo di voce risposi con un timido ‘si’.
Ancora gelavo,tremavo dall'emozione, e dal freddo.
Mi portò a mare, di mattina, al freddo, volevo ucciderla.
Ci sedemmo sulla spiaggia, dove nessuno avrebbe potuto vederci. 
Tremavo ancora, il freddo a mare era molto più intenso.
Restammo a guardare il mare per pochi minuti finché parlò lei:
“Senti lo so che mi prendi per pazza che ti ho portato a mare presto,con un freddo da gelare il cervello,ma qua è l'unico posto dove riesco ad esprimermi,amo il mare, e anche tu, dai tu ami nuotare.
Ho pensato tanto a te, e sono arrivata ad una sola conclusione:che sono innamorata di te, troppo.
Dai ti do il giubbotto, stai morendo di freddo”
Me lo diede e mi tenne abbracciata a lei, amavo il suo profumo, restammo ferme così per venti minuti senza dire niente, io non tremavo più come prima.
Sorrideva, e dio, quando sorrideva mi faceva morire.
Mi misi a fissarle gli occhi, amavo i suoi grandi occhi marroni.
L'unica cosa che riuscii a dire fu:
“Ti amo”.
Mi crollò il mondo addosso, avevo sbagliato, in quel momento mi alzai di scatto dandole le spalle, avevo paura di aver sbagliato tutto.
Lei mi prese la mano, e il tempo di girarmi e aveva lo sguardo nei miei occhi e sulle labbra, i sospiri uno sopra l'altro, e dopo non ci capii niente, in tutto quel freddo, quel bacio mi era sembrato come la cosa più calda.
Il cuore mi faceva a botte.
Lo stomaco in subbuglio.
Quando ci staccammo mi sorrise e mi disse:
“Quanto sei scema, io ti amo di più”
Prima di arrivare a scuola, sorrideva guardando verso il basso, e ci avevo creduto, sul serio.
Da quel giorno mi è rimasto il sapore del suo bacio sulle labbra e i suoi occhi incastrati nei miei, mi è rimasto il suo profumo ovunque, mi è entrata dentro le ossa e non ne è uscita più.”

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