Andrea
Rivivo quel momento, come scorresse nitido davanti ai miei occhi: un pallone sgonfio galleggia trascinato dalle spumeggianti onde, risate assordanti echeggiano in lontananza, lo squillo insistente di un telefonino.
Una flebile voce mi risuona in testa.
<< È costretto a rientrare in Italia, signor Miller. Si tratta della sua famiglia.>>
Il dolore che si fa largo nel mio petto, le lacrime che mi bagnano gli occhi. Le forze mi abbandonano, la vista si offusca e crollo a terra, disteso sulla sabbia calda. Una parte di me, quella mattina, è morta con loro. Tutto si è fermato. Da allora niente ha avuto più un senso.Un mese prima
La suoneria mi desta dal pesante sonno.
Mi rigiro nel letto cercando di svegliarmi. Allungo una mano sul mobile vicino: fogli, foglietti, profilattici non ancora usati, gomme da masticare ancora incartate. Finalmente il telefono.
La voce squillante di mia madre mi costringe ad aprire gli occhi e ad allontanare il cellulare dal mio povero orecchio.
<<Andre, non mi dire che stavi ancora dormendo.>> Persino in vacanza lontano da casa riesce a svegliarmi prima del solito.
"Il silenzioso Andrea, metti il silenzioso" mi suggerisce una vocina nella mia testa. Mi volto supino.
<< Si, stavo dormendo. Grazie per essere la mia sveglia personale anche quaggiù.>> rispondo sbagliando di gusto. Riesco a cogliere il suo sguardo pungente anche a chilometri di distanza.
<<Quella non è una vacanza Andre, sei lì per cercarti un lavoro e per darti da fare. Lo sai bene anche tu.>>
Sbuffo in silenzio, consapevole della verità delle sue parole.
<<Dovresti avere più fiducia verso tuo figlio, sai? Ho trovato lavoro in un bar del centro>> rispondo fiero alzandomi dal letto, ormai sveglio. Cammino strusciando i piedi verso la cucina, intento a prepararmi un caffè.
Il silenzio regna al telefono.
<<Non prendermi in giro,
Andrea>> esordisce seria mia madre dopo qualche secondo.
Sposto una sedia dal tavolo per sedermi, consapevole che quella sarebbe stata una lunga conversazione.
<<Non ti sto prendendo in giro mà. Ho iniziato ieri, il posto è carino e la paga, bhè non mi lamento.>>
Percepisco la felicità di mia madre anche solo dal grande sospiro che mi riserva dopo aver ascoltato le mie parole. La cosa mi riempie di gioia.
<<Oh Andrea, sono così fiera di te. Lo sapevo che ci saresti riuscito. Aspetta aspetta, ti passo papà. >>
Il cuore inizia a martellarmi nel petto.
Mio padre non mi ha mai sostenuto in questa scelta di vita: avrebbe voluto che entrassi a far parte dell'azienda di famiglia. Una strada troppo facile per me, così ho deciso di trasferirmi qui a Tenerife, sognando una vita diversa per me e per i miei futuri figli.
Un fastidioso brusio si leva dal mio telefono. Mi alzo dalla sedia azionando il viva voce, iniziando a preparare il mio dolce caffè mattutino.
<<Andrea, ci sei ancora?>> una voce si leva dal cellulare poggiato sul tavolo.
Sussulto. La macchinetta mi cade causando un fracassante rumore.
<<Ma cosa stai combinando?>> la voce di mio padre si fa preoccupata.
Mi avvicino velocemente al telefono: << Ci sono. Stavo preparando la colazione>>
I battiti del mio cuore accelerano, una leggera riga di sudore inizia a scendermi lungo il braccio destro: il possibile giudizio negativo di mio padre mi causa una tremenda agitazione.
Rimango a fissare lo schermo del telefono in piedi accanto al tavolo, aspettando una sua risposta che tarda ad arrivare. Così esordisco: << Mi dispiace essere la tua più grande delusione papà, mi dispiace non essere il figlio che vorresti. Ma vivere e lavorare in questo posto è sempre stato il mio più grande obiettivo nella vita ed ora che finalmente ci sto riuscendo non potrai più dirmi niente. Nessuno potrà.
>> riesco a dire tutto d'un fiato. Il cuore inizia a martellare ancora più forte.
<<Tua madre mi ha detto che sei riuscito a trovare un lavoro>> risponde, ignorando completamente ciò che avevo appena pronunciato.
<<Sai che non sono mai stato d'accordo con questa tua scelta, ma se è quello che vuoi realmente dalla vita allora hai tutto il mio appoggio figliolo.>>
Le sue secche parole mi riempiono di gioia. Tolto il viva voce, avvicino il telefono all'orecchio.
<<Grazie papà, significa molto per me>> rispondo avvicinandomi alla finestra. I raggi del sole invadono la città risvegliandola dal torpore mattutino.
<<Sei sempre stato un bravo ragazzo, Andrea. Sono io che non sono stato in grado di capirti..>> un colpo di tosse lo costringe ad interrompersi. Poi prosegue: << Io e tua madre siamo fieri di te. Scusami se ti ho fatto sentire inadeguato, figlio mio.>>
Guardo la grigia macchinetta del caffè ancora sdraiata a terra.
<<Ormai non importa più papà, non scusarti.>> concludo il discorso.
Passiamo qualche secondo in silenzio, ognuno ad ascoltare i sospiri dell'altro. Improvvisamente prendo coraggio e chiedo, spaventato dalla possibile risposta.
<<Come sta Eva?.>>
Un mugolio si leva dal telefono.
Sento le scarpe di mio padre squittire al contatto con il pavimento: si sta muovendo.
Apre la porta del giardino ed esce fuori, accompagnato dal cinguettio degli uccellini.
<<Non molto bene. Lo psichiatra le ha prescritto altri farmaci stabilizzanti dell'umore e antidepressivi>> mi spiega con parole cariche di dolore.
Mi chino a raccogliere la macchinetta del caffè che mi guarda tristemente.
<<L'unica cosa positiva è che non si sono più presentati comportamenti aggressivi. Molte volte risponde male a tua madre, la insulta pesantemente ma la cosa finisce lì>> continua mio padre, accompagnato dal vociare dei passanti.
Un forte abbaiare di un cane si leva in lontananza. Gli uccellini cessano il loro canto.
Una fitta di dolore mi pervade il petto.
Avrei dovuto essere lì, insieme ad Eva. Il senso di colpa si fa strada dentro di me: non riesco più a sopportare il peso di quella conversazione e di quelle parole.
<<Andrà tutto bene papà. Eva guarirà.>> riesco a dire.
Ci credevo veramente.Quel giorno fu l'ultima volta che sentii le loro voci.
Al mio rientro in Italia mi viene comunicato che le impronte di mia sorella erano state rinvenute sull'arma del delitto. L'allarme era stato dato dai vicini, dopo aver udito i ripetuti spari.
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PORTAMI VIA
Romance> mi domanda Diana mentre le mie braccia la stringono forte. È così piccola e indifesa, così bella e sensibile, come una rosa appena sbocciata. Avvicino il mio viso al suo, le nostre labbra si sfiorano dolcemente: > Andrea vive con il cugino dal g...