Capitolo 2

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"In lumine Tuo videbimus lumen"

Il motto della Columbia University capeggiava sulla tracolla che, pochi istanti prima, era finita sul parquet della sua stanza con un rumoroso tonfo.

Non che non avesse cura delle sue cose, soprattutto se correlate al college, ma la sua spalla stava ormai cadendo vittima del peso degli innumerevoli libri presenti nella borsa.

Quando era riuscita ad essere ammessa ad uno dei college della Ivy League aveva creduto che ormai sarebbe stato tutto in discesa, ma all'inizio della sua carriera universitaria si era dovuta ricredere: era solo al principio della sua salita.

E solo ora, dopo ben quattro anni, riusciva a scorgere il traguardo.

Si sfilò gli occhiali da riposo - anche questo, gentile dono delle notti insonni, trascorse a studiare - e li poggiò sulla scrivania, prima di lasciarsi andare ad un lungo sospiro di sollievo.

Tornare a casa era sempre un piacere, soprattutto dopo ore ed ore di lezione del professor Higgins, il quale sembrava avere una particolare predisposizione a ripetere fino allo stremo gli stessi concetti.

Ma lei amava la letteratura.

Era la sua passione ed avrebbe continuato ad esserlo, nonostante i primi accenni di alzheimer che stavano inesorabilmente cogliendo il suo professore.

Si lasciò andare sul letto, a peso morto, senza preoccuparsi dei poco confortevoli cigolii che da esso provenivano e chiuse gli occhi, nella speranza di poter essere rapita da un magnifico e rigenerante sonno.

«Lauren?» sentì chiedere dall'altra stanza, «Sei tu?»

«Si!» rispose, alzando il tono della voce quel tanto che bastava a risultare udibile alla sua coinquilina.

Camila.

Camila era davvero ... Adorabile.

Quando si erano conosciute, le era parsa una bambina spaurita.

Vogliosa ed, allo stesso tempo, terrorizzata all'idea di poter vivere la sua indipendenza.

E Lauren doveva ammettere che era stato davvero un bello spettacolo vederla maturare.

Per Lauren era diverso.

Lei aveva sempre vissuto a New York, una realtà ben diversa da quella di Camila ed, anche per questo, il trauma dell'emancipazione era stato decisamente meno sentito.

Era stata cresciuta con regole diverse, aveva vissuto cose diverse e, probabilmente, ne aveva viste milioni di più, ma mai si era ritrovata di fronte ad un talento come quello di Camila.

Quando per la prima volta aveva udito la sua voce intonare alcune note, era rimasta così spiazzata, così affascinata che aveva capito cosa l'aveva spinta ad addentrarsi in una giungla come New York e si era ripromessa che, se non altro, le avrebbe fatto compagnia in quell'avventura.

Erano giorni che non la vedeva, perché il suo imminente esame e gli orari estenuanti che Camila faceva a scuola, fra prove, ballo, canto e quant'altro, le avevano private anche di quell'unica sera a settimana che passavano insieme.

Un sorriso le solcò le labbra mentre si sollevava a guardare la radiosveglia che aveva sul comodino.

Non aveva da studiare niente di così particolarmente importante, quindi forse avrebbe potuto chiederle se le andava di noleggiare un film e mangiare qualche schifezza in sua compagnia.

Si alzò velocemente dal letto e si sfilò la felpa gettandola con noncuranza sulla scrivania, afferrando la canottiera che usava solitamente per dormire, prima di fare la stessa cosa con i pantaloni.

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