Lasciai quella breve lettera sul letto e me ne andai, in piena notte. Presi un taxi per recarmi in aereoporto, dove tutto si svolse così velocemente che non mi resi conto di quello che stavo facendo. Appena salita sull'aereo, mi addormentai: avevo passato la notte in bianco ed ero molto stanca. Solo quando l'aereo toccò il suolo di Londra, capii veramente che non c'era possibilità di ritorno, che ero partita e che dovevo affrontare la nuova realtà con tutta la forza che avevo. Scesa dall'aereo, sentii subito il freddo sulla mia pelle. Pensavo fosse un luogo comune, invece Londra era davvero un luogo freddo, ma quel giorno la città non era coperta dalle nuvole, come era solitamente, ma era illuminata da un timido sole. Presi l'autobus diretto al centro della città, e in quei minuti che mi separavano dalla nuova vita, pensai a come avrebbe reagito la mia famiglia, scoprendo che ero scappata. Da un lato mi dispiaceva averli lasciati così, senza dirgli nulla, senza un ultimo saluto, ma ero davvero stanca di come mi trattavano, ero stanca della mia vita in Italia. Sapevo che non mi avrebbero cercato, se non per dirmi che li avevo delusi e che non dovevo più farmi vedere, ma speravo in una reazione diversa, speravo che cercassero in tutti modi di mettersi in contatto con me per farmi tornare.
Scesa dall'autobus, presi la mappa e mi diressi verso quello che sarebbe stato il mio appartamento. Avevo cercato una stanza da condividere dall'Italia, e la trovai dopo qualche giorno di ricerche. Ovviamente non la avevo ancora vista, ma non mi sarebbe servita a molto. Appena alzai gli occhi dal foglio, mi resi conto che ero davvero a Londra, la città che avevo sognato fin da bambina, che avevo visto in foto, nei film, ma dove non ero mai stata. Tutto sembrava così grande, e io mi sentivo piccolissima. La gente camminava velocemente, nessuno aveva il tempo di fermarsi, o di guardare dove stesse realmente andando. Cercai di comportarmi come una vera londinese, ma era difficile non fermarmi ad ammirare quello che avevo davanti. Dopo alcuni minuti arrivai all'appartamento, al settimo piano di un alto palazzo nel quartiere di Soho. Ad accogliermi c'era una ragazza bionda, una delle mie coinquiline. Si chiamava Alexia, e veniva dalla Svezia.Mi mostrò la stanza che avrei condiviso con un'altra ragazza, e mi spiegò le regole della casa e del palazzo. Non avevo molto da sistemare, così decisi di uscire per visitare la città. Trascorsi ore ad ammirare le bellezze di Londra, dal Big Ben a Buckingham Palaca, fino alla Cattedrale di St. Paul. Avrei voluto visitare uno dai tanti musei della città, ma decisi di lasciare questa attività per uno dei giorni seguenti. Tornai all'appartamento alle 19, e trovai tutti i miei coinquilini seduti a tavola, pronti per la cena. Quando aprii la porta, tutti si alzarono e si presentarono, erano sorridenti e molto gentili con me. Oltre ad Alexia c'erano due ragazzi, Paul, tedesco e Javier, spagnolo, mentre la mia compagna di stanza si chiamava Priya. Avevano comprato della pizza per festeggiare il mio arrivo: non era buona come quella italiana, ma quel gesto mi aveva scaldato il cuore. Pensavo che i miei conquilini fossero persone fredde, che ognuno pensasse per sè, invece quell'accoglienza era stata più calorosa del previsto. Tutti mi raccontarono perchè erano lì: Paul stava facendo un master all'università di Londra, mentre gli altri lavoravano, Javier come insegnante in una scuola di spagnolo, Alexia come guida turistica, e Priya all'università. Mi parlarono di come era stato lasciare il loro paese, la loro città, per iniziare una nuova vita a Londra. Cercarono di incoraggiarmi e, in parte, ci riuscirono.Io non parlai molto di me, non sapevo cosa dir loro, perchè non sapevo cosa avrei fatto. Nonostante fosse presto per me, ognuno andò nella propria stanza a dormire. Mi addormentai subito, e mi svegliai solo quando tutti erano già usciti per andare a lavorare. Erano le 9, e la giornata lavorativa inglese era iniziata da un po'. Presi il telefono e controllai le mie email. In una giornata ne erano arrivate 5: le prime due erano state scritte quasi contemporaneamente, i miei genitori chiedevano dove fossi, perchè avessi fatto tutto ciò. Dopo qualche ora mia madre mi aveva scritto una lettera. Mi chiedeva scusa per come mi avevano trattato, perchè non erano mai presenti, perchè spesso non mi consideravano. Diceva che le importava di me, che voleva che tornassi e che tutto si sarebbe sistemato. Mentre la leggevo, le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso. Pensai a tutto quello ch avevo passato, a quello che stavo facendo passare solo, e in quel momento volevo solo tornare a casa e far finta che nulla fosse successo, ma non potevo. Non potevo tornare indietro, sapevo che tutto sarebbe tornato come prima, che sarei stata male e che non avrei avuto una vera svolta nella mia vita. Cercai difarmi forza e lessi le restanti mail. Erano di mia sorella, anche lei mi chiedeva di tornare ma, ovviamente, il suo tono era diverso. Mi rimproverava, diceva che ero un'immatura che non era in grado di affrontare i suoi problemi. Con quelle mail capii che avevo scelto la mia strada, che dovevo dimostrare a me stessa che quello che la gente diceva non era vero, che potevo farcela anche da sola.
Dopo poco uscii di casa e andai a fare la spesa. Era solo il secondo giorno, ma dopo aver passato il precedente immersa nella città, mi stavo iniziando ad abituare al caos di Londra. Comprai un giornale pr gli annunci di lavoro, e passai la restante parte della giornata a cercare il lavoro adatto a me. L'importante era iniziare a lavorare subito, guadagnando abbastanza soldi per potermi mantenere. Iniziai a chiamare per tutti i lavori che mi interessassero, e organizzai alcuni colloqui. Qualche giorno dopo, mi assunsero come cameriera in un pub non troppo lontano da casa.
La ricerca del lavoro mi aveva completamente isolato dal resto del mondo: non avevo controllato la mia mail e avevo parlato molto poco con i miei coinquilini. L'unica cosa che mi importava in quei giorni era trovare un lavoro, così, dopo aver terminato la mia ricerca, ritornai alla normalità. Dopo aver saputo di essere stata assunta, tornai a casa e controllai se mi fossero arrivate mails. In quasi una settimana, la mia famiglia mi aveva mandato solo 2 mails, tutte e due lo stesso giorno, chiedendomi come stavo e dove mi trovavo. Questo mi intristiva, ma ero stata io stessa a chiedergli di non cercarmi, quindi loro stavano semplicemente facendo quello che gli avevo richiesto.
"Tutto ok?"- quella frase interruppe il flusso dei miei pensieri. Priya era appena tornata dal lavoro e stava iniziando a sistemare le sue cose. Non avevo parlato molto con lei questi giorni, nonostante fosse la mia compagna di stanza,ma sentivo di dovermi sfogare con qualcuno, e lei mi ispirava molta fiducia.
"No."-dissi, quasi scoppiando a piangere. Priya si fermò immediatamente e si sedette sul letto, invitandomi a fare lo stesso.
"Che succede?"- era passata poco più di una settimana da quando ero arrivata a Londra e non avevo parlato con nessuno di come mi sentivo, delle mie paure e dei miei dubbi, ma era arrivato il momento. Non potevo tenermi tutto dentro, perchè mi avrebbe logorato e mi avrebbe tolto la voglia di stare lì, in quella splendida città.
"Ho paura."-le dissi.-"Questa città è così grande, e io non mi sono trovata mai in una situazione del genere prima. Ho paura di sbagliare, ho paura che possa accadere qualcosa di brutto..."-Priya mi interruppe prima che finissi di parlare.
"So come ti senti, ci siamo passati tutti. Londra è una città caotica, e spesso ti senti fuori posto, ma sono sicura che tra qualche tempo non ti pentirai della scelta che hai fatto, perchè Londra è anche una città che ti dà tante soddisfazioni, una città in cui vieni per dare una svolta alla tua vita e che davvero te la cambia. I primi tempi sono i più duri, ma puoi sempre contare su di me e sugli altri quando vuoi parlare, o anche quando vuoi uscire e svagarti."-quella ragazza mi veva perfettamente capito e mi aveva dato i consigli giusti. Ero felice di averle parlato, perchè mi sentivo sollevata e capita, e sapevo di aver trovato un'amica. Le sorrisi, e insieme andammo nel salotto, dove erano gli altri coinquilini. Era quasi l'ora di cena, così decisi di cucinare io, e preparai una perfetta cena italiana. Non avevo interagito molto con loro, solo qualche parola dopo mangiato, e quella era l'occasione perfetta per chiaccherare un po'. A tutti piacque ciò che avevo preparato, e iniziammo a parlare di vari argomenti, dalla cucina al calcio, dai viaggi al lavoro, come se ci conoscessimo da anni. Dopo aver parlato con Priya e dopo aver mangiato con i miei coinquilini capii che dovevo vivere quest'esperienza al massimo, perchè non mi sarebbe più capitata.
Ciao a tutti!! Questo è il "primo" vero capitolo! è un capitolo introduttivo, in cui ho riassunto un po' quello che accade alla protagonista! Spero che il capitolo vi piaccia, anche se dico molte cose! Come titolo ho usato il titolo di una canzone, e credo farò così per i capitoli successivi! Grazie per aver letto il capitolo precedente! Ho scritto molti capitoli, quindi aggiornerò abbastanza rapidamente! Un bacio!! :*
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Come home.
Narrativa generale"Vado via. Ho cercato dei motivi per rimanere, ma non li ho trovati. Rimanere sarebbe un sacrificio, quasi una tortura per me, quindi devo andare." Lasciai quella breve lettera sul letto e me ne andai, in piena notte.