6° capitolo

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Non posso lasciarla così. Ho bisogno di una scusa per andarci a casa.
Matteo si sta torturando. È rimasto così. Fermo e immobile. Non se lo aspettava.
Si passa la mano tra i capelli frustrato.
Non sa che fare.
Sapeva che era fidanzata e che stava sbagliando, ma non aveva resistito.
Lei era lì.
Bellissima.
Tra le sue braccia.
Sembrava quasi che si sentisse al sicuro. Già, sicurezza!
Questo è quello di cui lei ha bisogno.

Quella sicurezza che, probabilmente, non aveva mai ricevuto.

Quella sicurezza che ti spinge a chiudere gli occhi e lasciarti andare senza paura.

Quella sicurezza che sa darti solo chi ti amava.

No. Ok. Sta delirando. Lui non l'amava. O almeno così pensava. Era solo attratto fisicamente. Giusto?

Delirando o no, Matteo l'aveva capito sin da subito. Sin da quando l'aveva vista per la prima volta in quel locale.
Era così bella.
Quegli occhi di ghiaccio tenuti fissi sulla bottiglia di liquore. Quegli occhi che avevano un velo di tristezza.
Quegli occhi che gli avevano fatto perdere la testa.

Mentre Matteo era assorto tra i suoi pensieri si sente chiamare.

«Matteo!» Teresa lo guarda interrogativa.
«Si, dimmi pure. »
«Sai per caso dov'è Elisa? Ha dimenticato qui la giacca e il telefono. Prima ho visto che era uscita con te. » Teresa lo guarda con malizia, anche se nella sua voce, nell'ultima frase, c'era una sfaccettatura di... Rimprovero(?)
«Ahmm... Si, avevamo bisogno di aria. Lei è andata a casa. Si sentiva poco bene.»
Teresa lo guarda sospettosa, ma, poi, si arrende.
«Mhh... Capisco. Allora dopo ci vado. Il tempo che se ne vadano tutti»
Matteo sta per annuire quando, ad un certo punto, ha un'illuminazione.
«No, guarda, non c'è bisogno. Ci vado io.» Matteo spera che Teresa non faccia domande. In effetti gli interrogativi sarebbero molti.
Teresa non ribatte. Annuisce soltanto. E Matteo la ringrazia, mentalmente, per questo.
Matteo rientra, prende il telefono e la giacca di Elisa e non perde altro tempo.
Si precipita in macchina mettendosi la cintura.
Mette in moto e parte.
Lo sguardo fisso in avanti e la mente lontana.
Cambia marcia e preme l'acceleratore.
Stringe la presa al volante e, senza accorgersene, accellera di più.
Non fa caso a chi gli suona il clacson a mo di rimprovero.
La sua mente è altrove.
Accellera ancora.

Da 80 passa a 90: pensa alla sua infanzia;

100: pensa a sua madre;

110: pensa a suo padre;

120: le sue mani pesanti;

130: a sua madre piena di sangue;

140: alle donne del volontariato;

150: Elisa;

140: il suo sorriso;

100: i suoi occhi;

90: la sua voce...

Frena di colpo: è arrivato.
Ok, ma ora che le dico?
In effetti... Si era partito così, d'impulso. Senza pensare.
Aveva solo bisogno di vederla, ma ora? Ora che le dice?

Matteo scuote la testa e sta per mettere in moto quando si accorge della porta di casa di Elisa spalancata e le luci accese.

Ma che...?! Matteo ha un brutto presentimento. Un bruttissimo presentimento.

Scende dalla macchina in fretta e in furia e si avvia, quasi correndo, verso la porta.

«Elisa? Posso? Sono Matteo! »
Varca la soglia della porta dell'ingresso. Non c'è nessuno. Si trova davanti la porta del salotto e accanto a quella della cucina. Sta per varcare la soglia di quest'ultima quando la sua attenzione viene catturata da una gocciolina rossa sul pavimento.
Senza pensarci due volte si scaraventa in salotto.

«OH MIO DIO! ELISA!!!!»

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