Ti guardo, ti scruto, t'ammiro e t'odio

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Io ti guardo, ti scruto, t'ammiro e t'odio.
Sei così soave e leggera, ossimoro della tempesta che tumultuosa s'infrange contro le costole tue.
Mille parole penderanno dalle labbra, rosse come lava incandescente che brucia ogni fiore dinnanzi al suo cammino.
Sei incurante, incosciente, frivola eppure catturi l'attenzione e in questa menzogna vivo ormai, che tu sia in fondo, cagione del mio estremo male:
La tua imperfezione, spossata beltà onirica, persuade l'uomo e lo innamora di quegli occhi persi, annebbiati, sconvolti e quella voce fioca e quei capelli neri e quella timidezza tenue come gelsomini in un acquazzone estivo.
Al tuo cospetto, io sono niente, al cospetto altrui, io sono comunque niente, se non una spoetante fuori di senno di cui nessuno potrà mai invaghirsi perché rispetto e rinnego una eventuale fiamma e la spegno con gli sputi.
Mi conosco, son tempesta e dentro e fuori; Non v'è nessuno a prendere il thé nell'occhio del ciclone.
Le costole mie sono già logore, briciole d'un sentire che è stato per me la morte.
Triste sorte m'è rimasta.
Osservarti assopita nella solitudine mia infinita.
Così ti guardo, ti scruto, t'ammiro e t'odio, ancora e per sempre.

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