Track 7
>> Teenage dirtbag
I poliziotti mi avevano lasciato in pasto si medico, che non avevano fatto altro che farmi domande e insistere affinché io dessi delle risposte.
Insistettero per avere il mio telefono così da analizzare le mie canzoni, sperando forse di trovare qualche inno all'omicidio.
Mi chiedevano perché hai sparato, Dylan? Volevi proteggere tua madre, tua sorella?
Io non rispondevo, usando la mia solita arma del silenzio per affrontare quell'incessante rumore di accusa che proveniva dalle loro bocche.
Ero rinchiuso in una stanza bianca, e non potevo ascoltare musica.
C'era solo il silenzio, e iniziai a pensare che a volte anche il silenzio poteva fare troppo rumore, perché lasciava spazio ai pensieri, e i miei erano spaventosi.
La porta si spalancò improvvisamente e vidi un ciclone di ricci biondi piombarmi addosso.
Era lei, e aveva sfidato tutti i medici per vedermi.
"Come stai?" Chiese, sciogliendo l'abbraccio "Mio Dio, Dylan, perché non mi hai mai detto nulla?"
Lo stava facendo ancora, stava cercando di capirmi al primo sguardo.
Però ormai avevo nascosto tutti pensieri più cupi, e non li avrei fatti vedere a nessuno, soprattutto a lei.
"Sono un adolescente di merda, Melody."
Gli occhi verdi della bionda sono fissi su di me, come se fosse vittima di un incantesimo che li obbligava a guardarmi.
Era così bella.
"Hanno detto che sei malato." Disse, lentamente.
Annuì, lentamente "La chiamano sindrome di Ansperger."."
Melody sospirò, sedendosi al mio fianco e accarezzandomi piano il braccio.
"Non esiste una cura, solo dei farmaci che ti aiuteranno a tenere a bada i vari sintomi."
Annuii, mi avevano già spiegato quelle cose, e non mi preoccupavano: avevo vissuto tutta la mia vita in quel modo e non avevo nessuna concezione di sanità di cui sentire la mancanza.
"Dovevo accorgermene." Melody singhiozzò, alzando lo sguardo verso di me e facendomi vedere il suo viso pieno di lacrime "Magari si sarebbe potuto evitare tutto questo."
"Forse." Concordai, non capendo come mai si struggesse tanto: non era colpa sua se avevo un padre orribile.
Melody non rispose, continuando a fissarmi con un'intensità da farmi venire i brividi.
Avrei voluto così tanto baciarla.
"Non possiamo essere più amici."
Sgranai gli occhi, sentendo il fiato venirmi meno nei polmoni.
"Cosa? Perché no?"
Melody scosse la testa, alzandosi "Non sono in grado di sopportare tutto questo, non sono abbastanza forte."
La guardai, e vidi i suoi occhi inumidirsi.
Ero io il malato ed era lei quella che non poteva sopportare tutto quello?
"Capisco."
Melody mi guardò, e dal suo viso non sembrava particolarmente felice della mia risposta,
"Capisci? Cosa capisci, Dylan? Hai ucciso un uomo."
Annuii "Lo so."
Melody scosse la testa, grugnendo e alzandosi in piedi, arrabbiata "Non fare il finto tonto! Lo so che puoi capire ciò che provo, ciò che provi tu. Tutti lo fanno."
"Ma io sono ammalato." Costatai, non capendo come mai non riuscisse a capirlo.
Avevo una malattia, e non potevo cambiare tutto come per magia.
Melody sospirò, osservandomi, iniziando a cercare nelle sue tasche ed estraendo qualcosa.
"Tu sei speciale per me, Dylan." Disse, stridendo a sé quell'oggetto "Ma non posso sopportarlo."
Non feci nemmeno in tempo a rispondere che Melody mi aveva già messo in mano un oggetto in plastica e mi aveva baciato sulla guancia, osservandomi "Spero che tu riesca a trovare la tua melodia."
Corse via, e io non riuscii a capire di averla persa fino a quando non vidi che cosa avevo in mano.
Era un mp3.
Ed era vuoto, nemmeno una canzone era stata salvata.
Melody aveva cancellato tutto ciò che c'era stato fra di noi e aveva lasciato il nulla.
Il messaggio era chiaro: dovevo ricominciare da capo, ma c'è l'avrei fatta senza di lei?
