Capitolo 9

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Quando si svegliò, ad Aaron sembrava di aver dormito per secoli sul duro pavimento della Sala d'Avorio. Gli faceva male ogni singola cellula del corpo e sentiva la testa scoppiargli.

Sbatté le palpebre cercando di abituarsi alla luce accecante presente nella sala anche se non la ricordava così intensa.
Un suono ritmico gli  rimbombava debolmente nelle orecchie.

Non appena riuscì a mettere a fuoco il mondo circostante, Aaron si ritrovò davanti alle facce inquisitrici dei consiglieri che lo squadravano con sguardo interrogativo, quasi si aspettassero da lui la risposta a un quesito che non aveva sentito porre.
Dietro di loro, immobile, il volto sofferente di Sael riempì il cuore di Aaron di una tristezza che gli apparteneva solo in parte.
Si portò una mano al petto, dove il suo cuore aveva preso a battere all'impazzata quasi volesse evadere dalla cassa toracica e raggiungere l'Elohim pietrificato a qualche metro di distanza.

"Il tuo dolore rimbomba fin qui, Galael..."

Un paio di mani rugose e forti gli toccarono il braccio ed un volto familiare, anche se visto per la prima volta poche ore prima, gli si presentò di fianco con aria preoccupata ma al tempo stesso gioiosa allontanandolo momentaneamente dal lutto del suo Elohim.

  «Respira, Aaron, ora sei di nuovo tra di noi.» Disse con voce paternamente premurosa il priore Doeth.
Ancora stordito dal sogno appena fatto, il ragazzo si fece aiutare dal vecchio a rimettersi in piedi e a restare in equilibrio. 

"Qualcosa non va...Mi sento diverso..."
I pensieri restavano nella mente di Aaron appena un secondo, poi gli sfuggivano come sabbia tra le dita.  

«Ben tornato tra di noi, figlio di Galael.» Esordì l'uomo dalla pelle scura che lo aveva rimproverato quando poco prima si era distratto.
«Se sei di nuovo qui tra di noi, vuol dire che il sommo Galael ti ha ritenuto meritevole abbastanza da poterti insignire del suo nome e unirti a noi nella nostra guerra ai siyim.»

 La voce dell'uomo, qualche minuto prima piatta e priva di qualsivoglia particolarità, giunse alle orecchie di Aaron come un suono ricco e corposo, ricco di sfumature, come se ci fossero mille persone con la stessa voce a parlargli da ogni angolo di quella gigantesca sala.
Malgrado si stessero abituando, i sensi di Aaron venivano ancora costantemente bombardati da centinaia di stimoli.
Se non avesse saputo che era una cosa impossibile, avrebbe giurato di riuscire a sentire persino il cuore del priore al suo fianco.

«Penso faresti meglio a guardare il tuo corpo, ragazzo.» Intervenne una donna robusta e con un forte accento che Aaron non seppe identificare.

Quando abbassò ubbidiente lo sguardo, Aaron si ritrovò per un istante a pensare di essere finito nel corpo di un estraneo a causa di un qualche trucco degli Elohim: dove prima c'era un corpo ossuto e spigoloso plasmato da anni di religioso rifiuto verso ogni tipo di attività fisica, ora si ergeva un fisico adornato da muscoli asciutti e forti che il ragazzo arrivò a pensare gli avessero trapiantato mentre era svenuto.  

Quando finalmente il ragazzo rialzò lo sguardo da quel corpo così estraneo in cui si era risvegliato, la donna mosse fulminea il braccio lanciò verso il giovane il bicchiere di lucido vetro da cui stava bevendo.
Aaron notò a malapena il gesto ma si mosse comunque: in modo totalmente autonomo, le gambe lo spostarono quel tanto che bastava perché il bicchiere non gli colpisse il viso e volasse oltre sfiorandogli appena una ciocca di capelli.
Il braccio muscoloso del ragazzo scattò di lato e la mano si chiuse saldamente attorno al bicchiere.

Il tutto era durato appena una frazione di secondo ma Aaron si rese conto, malgrado il corpo avesse agito in autonomia, di non essersi realmente perso nemmeno un dettaglio di quanto accaduto, come se per un istante il mondo avesse deciso di rallentare per permettergli di stare al passo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 08, 2017 ⏰

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