Capitolo 8

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«Priore Doeth» Esordì  Yetunde Ekwensi, il rappresentante della Nigeria «Ci è stato detto che siete qui non solo per l'iniziazione del giovane Aaron Morgan.»
I consiglieri si sedettero nuovamente ai propri posti.
«Avanti, diteci pure quale altra questione volete sottoporre alla nostra attenzione.»

Doeth sorrise quasi impercettibilmente alle parole dell'uomo: aveva conosciuto Yetunde quando ancora era un ragazzino pieno di ambizioni ma molto inesperto.
Proveniva, come Aaron e molti altri benim, da una famiglia umana.
Se attualmente la cosa era ormai accettata di buon grado, ai tempi in cui il giovane era entrato nella Congrega essere di famiglia umana ti poneva ad un livello inferiore rispetto a quei benim appartenenti a dinastie spesso secolari.

Quando venne a sapere che Yetunde era riuscito a superare le difficoltà date dal suo lignaggio, William Doeth aveva gioito all'idea di avere nel Gran Consiglio qualcuno che potesse dare un nuovo aspetto a quel gruppo di politici boriosi, essendo il primo consigliere di sangue umano.
L'uomo che aveva davanti ora e con cui negli anni aveva avuto a che fare, però, sembrava non aver fatto altro che acquisire quell'altezzosa arroganza tipica degli stessi benim che per anni gli avevano messo i bastoni fra le ruote.
Era triste come un ragazzo che aveva sostenuto e aiutato ora lo trattasse con la freddezza di uno sconosciuto.

«Grazie, Yetunde.» Si limitò a dire William conscio di quanto quella mancanza di rispetto avrebbe irritato l'uomo.

«Consiglieri, la questione che quest'oggi porto alla vostra attenzione è anche a me ancora poco chiara ma penso possa essere collegata all'aggressione subita da Aaron la scorsa notte.»
Lo sguardo del priore volò per un istante verso il ragazzo sdraiato a terra a poco più di un metro da lui, perfettamente immobile.
«Nell'ultimo mese abbiamo subito la perdita di tre benim durante dei semplici pattugliamenti di routine. La cosa non sarebbe particolarmente anomala se non fosse che non si è trattato di semplici omicidi in quanto tutti e tre i soldati sono spariti anche per una settimana, prima che il cadavere venisse ritrovato.»

L'attenzione crebbe in modo evidente: era, purtroppo, normale che ogni tanto qualche siyim aggredisse una sentinella mandata in pattuglia, soprattutto se questa si avventurava in zone vicine al territorio di quei mostri ma, di solito, gli assassini andavano molto fieri della propria impresa e non tardavano più di qualche ora per esporre il cadavere quasi a schernire la Congrega.
Non si era mai sentito parlare di rapimenti. Non di benim, almeno.

«So che la cosa, di per sé, è anomala ma non particolarmente allarmante, tuttavia a preoccuparmi, in realtà, è lo stato dei cadaveri.» William tirò fuori dalla tasca del cappotto una ventina di fotografie e le porse ai consiglieri i quali iniziarono ad esaminarle e a passarsele tra di loro.

La sorpresa era più che palese ma il priore Doeth non si aspettava di meno: ciò che c'era in quelle foto era qualcosa che anche il diavolo in persona avrebbe potuto trovare abominevole.
Dei tre ragazzi, due maschi e una femmina, non erano rimasti che dei corpi deformi e ributtanti: dove prima stavano arti giovani e forti, ora si trovavano delle membra corte e tozze, ognuna di lunghezze diverse; ogni mano era stata sostituita da un lungo artiglio nero e ricurvo.
Il tronco di quegli esseri presentava costole di dimensioni sbagliate che deformavano il busto mentre la muscolatura dell'addome si era trasformata in un unico osso piatto.
La pelle, poi, era ustionata su tutto il corpo e ricoperta di bubboni straripanti di un liquido nerastro e purulento mentre i volti erano gonfi e lividi come quelli di un cadavere rimasto a lungo in acqua.

«Come potete vedere, l'aspetto di quei corpi non è umano. Non più.» Doeth deglutì a fatica.
«Pensiamo che a ridurli così possa essere stata una qualche tortura che andrebbe anche a spiegare come mai i ragazzi siano spariti per giorni interi prima di essere ritrovati.»

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