Capitolo 2

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Erano ormai dieci minuti buoni che Aaron se ne stava davanti al centro commerciale.
Era sabato pomeriggio e il sole illuminava placido il piazzale davanti all'enorme edificio di vetro e acciaio su cui si affollavano persone di ogni tipo: dalle famiglie in giro per compere ai ragazzini che vagavano senza meta in cerca di un po' di svago. Del resto, dove altro sarebbero potuti andare? La città di Shima offriva ben poche alternative.

Aaron, chiuso come sempre nel suo personale mondo fatto di cuffiette e musica alta nelle orecchie, scrutò un gruppo di ragazzi appollaiati su una panchina che chiacchieravano e ridevano tra di loro; per quanto si sforzasse, il giovane non riusciva a capire come le altre persone si potessero sentire a proprio agio in mezzo ad altra gente quando a lui veniva l'orticaria alla sola idea dover uscire dal proprio garage e abbandonare i suoi computer.

Una mano toccò delicatamente la spalla del ragazzo che si voltò, improvvisamente trascinato fuori dai suoi pensieri.

«Ciao Aaron!» disse la ragazza esibendosi in un ampio sorriso che le illuminò il volto.

Era Kayleen, la migliore amica di Aaron. La sua unica amica, ad essere sinceri.

«Ciao Kay» rispose lui togliendosi le cuffiette ed interrompendo sul più bello l'assolo di Sweet Child o' Mine.

Come al solito, Aaron dimenticava completamente il mondo che lo circondava, vicino a Kayleen.
Si erano conosciuti cinque anni prima, il primissimo giorno alle superiori: Aaron credeva di essere riuscito a sistemarsi in un banco da solo quando, improvvisamente, si ritrovò di fianco due enormi occhi verdi che lo scrutavano. Non fece in tempo a realizzare chi fosse quella ragazza coi capelli scuri, che se n'era già innamorato.

«Dai, non startene lì impalato, andiamo a mangiare qualcosa» lo esortò la ragazza prendendolo per mano e trascinandolo tra la folla brulicante dentro al centro commerciale.

«E non hai proprio idea di chi possa essere quella donna?» chiese Kay pulendosi le mani ancora sporche di pizza.
«No...» Aaron ripassò mentalmente i fatti della sera precedente.
«Era diversa da qualunque donna avessi mai visto. E non sono nemmeno sicuro di non essermela immaginata»

Aveva passato tutta la mattinata a chiedersi se non fosse stato solamente un sogno tanto che ormai ne era quasi convito.
Eppure era così reale...

«Se vuoi sapere la mia» disse Kayleen scrollandosi alcune briciole dalla maglietta «a furia di startene rinchiuso in garage coi tuoi computer, ti deve essere partita qualche rotella e ora stai impazzendo» bevve un sorso d'acqua «Ma stai tranquillo: verrò a trovarti in manicomio tutti i giorni»
«Oh, che dolce» rispose Aaron tirandole il tovagliolo che aveva nervosamente appallottolato.
«E, comunque, sei solo invidiosa perché io so usare il computer e tu fai fatica anche solo ad accenderlo» la punzecchiò ridendo.
Una linguaccia fu tutto ciò che ottenne come risposta.

Kayleen era l'unica persona con cui Aaron riuscisse a ridere davvero di gusto: con lei si sentiva completamente a suo agio e avrebbe potuto stare anche in una stanza affollata senza problemi, se lei gli fosse stata vicino. Non sapeva, tuttavia, se ciò fosse la causa o la conseguenza di ciò che provava per lei.
Erano due persone completamente diverse: Kayleen Stevens era una ragazza allegra e solare, in grado di fare amicizia anche con una pianta; era in grado di trovare sempre il lato buono di ogni situazione e raramente si abbatteva.
Aaron un po' la invidiava: avrebbe dato qualsiasi cosa per liberarsi di quel costante stato di angoscia e di paura di sbagliare che lo assaliva qualunque cosa facesse.
Ma avrebbe dato anche di più per poterle dire quanto la trovasse stupenda.

«E poi mi sono messa a dare ceffoni a tutti i bambini che incrociavo»
Kayleen fissava divertita l'amico e inarcò un sopracciglio, altra abilità che il ragazzo le invidiava.
Il giovane si riscosse, sicuro di essere arrossito. Ripensò a ciò che aveva appena sentito e guardò confuso l'amica.

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