Spirito in fiamme

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Cremlino, Palazzo imperiale

21 Giugno 1547


Ivan rimase interdetto per un istante, mentre le urla dei suoi ospiti riecheggiavano tra le mura della sala. La maschera noncurante che aveva al posto della faccia fu sostituita da uno sguardo carico di apprensione e una smorfia d'incredulità. Afferrò il servo per le spalle e cominciò a scuoterlo violentemente.

« Che cosa hai detto? » abbaiò, con un rivolo di bava che colava dalle labbra.

Il povero servo, in balia delle braccia del sovrano, balbettò una frase incomprensibile. 

« CHE COSA HAI DETTO? PARLA! » 

« M-m-m-osca s-s-sta b-b-bruciando! »

Ivan scaraventò il portatore di sventure sul pavimento con tanta forza da farlo ruzzolare più volte. Ignorò completamente la visione degli uomini con le barbe illuminate dal fuoco e si diresse a grandi passi verso il portone d'ingresso. Afferrò i battenti in ferro e tirò, ruggendo come una bestia in gabbia.

Vide l'inferno: oltre la cinta muraria del Cremlino si agitavano fiamme brillanti e scie di fumo sinuose, una danza serpeggiante e terribile. Il cielo grigio era riscaldato dal riverbero di centinaia e centinaia di lapilli e scoppi fosforescenti. La gente urlava e scappava, portava secchi d'acqua e terra, pregava Dio e malediva il diavolo. Ivan rimase fermo per diversi secondi, incantato dallo scintillio giallo, rosso e bianco di una Mosca divorata dall'incendio. 

« No... »

Un edificio poco distante si accartocciò su se stesso, sommerso da tizzoni ardenti e macerie roventi. 

« NO! »

Ivan, con gli occhi fuori dalle orbite, osservò impotente la città mentre veniva devastata da un nemico invincibile e indomabile. I soldati gli sfrecciarono davanti per aiutare a respingere le fiamme che penetravano lentamente e inesorabilmente nel Cremlino; i delegati del villaggio fuggirono, trasformandosi in altri puntini infuocati nel mare di fuliggine.

Trascorsero minuti e ore. L'alba giunse all'improvviso, portando una pioggia che sapeva di zolfo e disperazione. 



Cremlino, Piazza esterna

22 Giugno 1547


Erano scene da apocalisse quelle che scorrevano sullo sfondo di Mosca: centinaia di abitazioni appiattite e nerastre, cadute sotto la mano di un gigante di lava. Le alte colonne di cenere si mescolavano al vento sferzante, trasportando un sentore di morte e puzza di carbone. I cadaveri sommersi dalla polvere erano un macabro ricordo degli orrori della notte.

Trovarono Ivan inginocchiato davanti alle porte del palazzo imperiale che, come il resto degli edifici, pareva lo scheletro di un mostro divorato dai vermi. Aveva barba e capelli zuppi d'acqua piovana e la testa reclina. 

Siccome nessuno osava interrompere la quiete surreale dello Zar, chiamarono la moglie. Anastasija si avvicinò a passi leggeri, pose anch'essa le ginocchia sul terreno e restò in silenzio. L'aria turbinava e fischiava attraverso le travi bruciate del Cremlino. 

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