CAPITOLO III: PERSA NEL BUIO

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Avete presente quelle favole del tipo Quando stai per morire
rivedi il film della tua vita o la famosissima luce bianca?
Beh, posso dirvi con certezza che vi hanno riempito la testa con
un mare di cazzate.
Certo,tecnicamente non ero morta, ma "solo" in coma. Sapete cosa si vede in quegli istanti in bilico tra i due regni? ASSOLUTAMENTE NIENTE!
Ricordo bene quella sensazione.
Ancora oggi il solo pensiero mi fa accapponare la pelle.
Ero immersa nel buio più totale, in un silenzio quasi surreale.
In quello che mi sembrava un luogo infinito, c'eravamo solo io ed il rumore dei miei pensieri.
Chiamavo disperata mia madre, i miei amici, ma nessuno sembrava sentirmi.
Ero SOLA!
Fui assalita dal panico e mi lasciai andare in un pianto disperato.
Hai fatto una stronzata continuavo a ripetermi, è solo colpa tua: vigliacca!
Dopo un periodo interminabile crollai esausta, in un sonno profondo dal quale non avrei mai voluto svegliarmi.
So che forse non mi crederete, ma feci un sogno che non scorderò mai.
Era come rivivere alcune scene della mia triste vita ma con qualcosa di meravigliosamente e tristemente diverso: riuscivo a vedere l'anima di Gab.
La vidi sollevarsi dal suo piccolo corpo la notte in cui morì, e restarmi sempre accanto.
La vidi al cimitero dietro di me gridare disperata il mio nome mentre mi allontanavo silenziosa, in camera mia vegliare incessantemente sul mio sonno e riflessa nello specchio del bagno.
E quei brividi che sentivo: era LUI che cercava di parlarmi.
Rivedendo il suo volto il mondo mi crollò addosso.
Mi sentivo terribilmente in colpa.
Gabriel non mi aveva mai abbandonato, proprio come aveva giurato quella maledetta sera.
Aveva mantenuto la sua promessa, al contrario di me. E questo mi fece stare ancora più male.
Quando mi svegliai, ero di nuovo avvolta nelle tenebre, di nuovo sola.
Ad un tratto sentii in lontananza una voce soffusa, così leggera da sembrare un sussurro.
Era la voce di mia madre!
Non riuscivo a crederci.
Iniziai a correre verso quel suono, inciampando a ogni passo.
<< Arrivo mamma, sono qui – urlavo disperata – non te ne andare, TI PREGO!! >>
Ma purtroppo quella richiesta di aiuto non sarebbe mai arrivata a destinazione.
Il mio corpo era diventato come una bara: freddo, immobile e silenzioso.
Mi fermai nel punto in cui la voce della mamma sembrava più vicina, mi concentrai e rimasi in ascolto.
Passarono alcuni minuti, poi quel suono che mai avevo amato così tanto cessò all'improvviso e tramutò in pianto isterico.
Tra un singhiozzo e l'altro però riconobbi tre parole: EGOISTA – CARI – SARAH.
Poi mia madre se ne andò e il silenzio mi avvolse nuovamente.
Iniziai così a riflettere su ciò che aveva detto e capii subito che – come sempre – aveva ragione.
Avevo pensato solo a me stessa!
E' stata la strada più facile per smettere di soffrire ripetevo dentro di me fino a pochi minuti prima.
Già, forse era così, ma non avevo pensato minimamente alle conseguenze del mio gesto disperato.
Non avevo pensato a quanta sofferenza avrei provocato ai miei CARI, o al dolore immenso che avrebbe dovuto sopportare mia madre.
E poi non mi ero preoccupata di SARAH, la mia migliore – e forse unica – vera amica.
Ci conoscevamo dai tempi dell'asilo.
Dio solo sa quanto eravamo unite, sembravamo due sorelle.
Ne sono passati di anni, ma ricordo ancora come se fosse ieri quando ci scambiavamo i primissimi fidanzati o quando, colte sul fatto, ci coprivamo a vicenda inventando delle storie talmente assurde e bizzarre da sembrare realtà.
Avrei fatto di tutto per lei, era la persona a cui volessi più bene al mondo – dopo la mamma e GAB naturalmente.
E adesso l'avevo lasciata sola, a piangere e pregare in qualche chiesa per la mia salvezza.
Quanto più ci riflettevo, tanto più mi accorgevo di quanto fossi stata EGOISTA.
Rimasi ore, forse giorni avvolta da quel triste silenzio, interrotto solamente dalle mie grida.
Non sentivo più niente.
La cosa che più mi terrorizzava era che, fino al giorno in cui decisi di togliermi la vita, la mia idea di morte era esattamente ciò che stavo provando.
Che sia veramente così? Sono davvero MOR...
La frase mi si soffocò in gola.
Non riuscivo neppure a pronunciare quella parola.
Certo, la mia vita era stato un continuo fallimento, vedi scuola o famiglia, ma non poteva finire così, non senza provare a lottare.
Dovevo scappare da quell'oblio, trovare una strada che mi portasse nel MIO mondo, dove ad attendermi avrei trovato mia madre in lacrime per la gioia.
Già, ma come fare.
Cercai di ricordare i momenti più belli, sperando che mi aiutassero a tornare.
E all'improvviso eccola là: SARAH.
E come poteva essere altrimenti: eravamo inseparabili, amiche
per la pelle e, ad essere sinceri, qualcosa di più.
Siamo cresciute insieme, e mano nella mano abbiamo camminato assieme su quel sentiero meraviglioso chiamato vita.
Rividi il giorno in cui facemmo il gesto più solenne per suggellare la nostra amicizia ed essere legate per sempre: un patto di sangue.
Certo, adesso mi rendo conto che non serviva affatto, che era stata solo un gesto copiato da qualche film in TV, ma all'epoca ci credevamo fermamente.
Ricordo quanto eravamo spaventate e se chiudo gli occhi ancora oggi riesco a sentire il cuore batteva all'impazzata.
Niente coltelli o candele rituali, eravamo solo noi due, nascoste nell'armadio dei miei, dopo l'ennesima marachella.
Fu lei a prendere l'iniziativa.
Frugò tra i vestiti di mia madre, e incuriosita le chiesi che stesse cercando.
<< Eccola finalmente >> disse mostrandomi una vecchia spilla e forandosi l'indice
<< Ehi, ma che fai! Sei impazzita?>>
<< Niente affatto – rispose fin troppo sicura di se – adesso tocca a te >>
La guardai dubbiosa, con un espressione a metà tra incredula e preoccupata.
Come sempre, prima ancora che aprissi bocca, Sarah mi spiegò.
<< E' un patto di sangue, così saremo come sorelle, legate per sempre>>
Vuoi per la frase ad effetto, vuoi per l'euforia del momento, feci come diceva e pochi istanti dopo eccoci là, con il dito in bocca come bambine, ma in qualche modo diverse. Ci sentivamo più unite e, stranamente, più grandi
Molte altre immagini si fecero largo dentro di me, ricordandomi che al mondo esistono anche gioia, amicizia e mille altre cose per cui valesse la pena lottare e, inevitabilmente, soffrire un po'.
Poi all'improvviso sentii la gola bruciare, gli occhi mi si riempirono di lacrime e venni avvolta da un bagliore accecante.
Eccola, la luce bianca – pensai fra me e me – quindi è veramente la fine?
Ma invece di angeli e nuvole pian piano cominciavano a delinearsi delle sagome familiari.
Era in un letto di ospedale, ed ero VIVA!

Lacrime d'angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora