Il cane era sdraiato sul tappeto della casa di Lisa.
Era lì, immobile, a guardare fisso nel vuoto, scrutando un punto indefinito della stanza.
Chissà a cosa pensava, quel giorno,
quel cane.
Era una bella stanza, quella in cui si era rifugiato: un letto largo, soffitto alto, pareti imbiancate di vernice, mobili, un'ariosa finestra, qualche quadro, il tappeto su cui ora era sdraiato il cane, e, di fronte ad esso, un armadio con le ante fatte a mo' di specchio.
Era un pomeriggio caldo. Molto caldo.
Il cane sentì provenire dalla cucina, al piano di sotto, un rumore strano, improvviso. Il cane non aveva mai sentito questo tipo di rumore prima, perciò non era in grado di associarlo a qualcosa. Alzò la testa, rizzò le orecchie e guardò verso la porta, con occhi curiosi.
Anche il riflesso del cane nelle ante a specchio dell'armadio, naturalmente, fece lo stesso. Com'è giusto che sia.
Il rumore gli aveva vagamente ricordato uno scroscio d'acqua, ma solo vagamente. Era stato una specie di schianto, ma molto forte, uno schianto tagliente, esatto, uno schianto molto tagliente.
Tric trac.
"Tric trac" si ripeteva il cane nella mente.
Tric trac.
Seguitò ad ascoltare.