Capitolo 1: Faraday (7)

287 56 110
                                    


La porta della capanna si aprì sulla notte, illuminando i volti tirati di Grissom e O'Reilly, con il rumore di una bara riaperta: solo non era un cadavere, quello che puntava la luce della lanterna dritta nei loro occhi. Nonostante le apparenze.

Era un nativo, dagli occhi torvi e profondi, dipinto di bianco in viso, quasi volesse rinunciare alla pelle per le ossa che la stessa celava, coperto da una pesante pelliccia di quello che avrebbe potuto essere un orso, o un lupo delle nevi.

Si scostò dall'uscio ed attese che i due insoliti compagni di viaggio entrassero prima di ispezionare con lo sguardo i dintorni del capanno, accompagnandone la porta senza degnare i suoi ospiti di uno sguardo. Sempre restando in silenzio, indicò il tavolaccio di legno grezzo che, insieme a quattro sedie ed una branda che appariva lurida, costituiva l'arredamento del rifugio: ad aspettarli, seduto a capotavola, c'era un uomo che avrebbe potuto stare, in termini d'età, fra O'Reilly e Grissom, di stazza imponente, con spalle larghe e capelli così biondi da risultare quasi irreali. Compensava la mancanza degli stessi nella zona occipitale con la straordinaria lunghezza di una treccia che gli ricadeva sul lato sinistro, arrivando fino all'altezza del cuore. Aveva una lunga cicatrice che gli percorreva il viso in diagonale, passando attraverso le labbra, ed era privo di entrambe le orecchie. Fece un cenno a O'Reilly, spingendo verso il centro del tavolo una bottiglia già mezza vuota.

"E' lui, O'Reilly?"

"Sì, Llewelyn. E' lui."

L'uomo a capotavola si alzò, barcollando, senza staccare gli occhi da Grissom: l'istinto dell'agente fu di estrarre l'arma e fare fuoco, ma decise, con tutti i rischi che quella decisione poteva comportare, di attendere ancora, per evitare che la sua ricerca finisse prima di cominciare con una carneficina in quel posto dimenticato nel cuore di un posto dimenticato.

Non ebbe tempo di riflettere, e subito riconobbe la spiacevole, glaciale sensazione della lama di un coltello poggiata sul suo collo: il nativo era scivolato, senza emettere un suono, alle sue spalle, ed ora lo teneva per i capelli accarezzandogli la giugulare con un coltello che Grissom non avrebbe neppure voluto stringere dall'impugnatura, tanto appariva sporco e sudicio.

Accantonò il pensiero dell'igiene per concentrarsi sul fatto che, per essere ridotto in quel modo, il nativo doveva averlo utilizzato già tante, troppe volte.

O'Reilly si fece da parte mentre Llewelyn avanzava claudicando, con la bottiglia stretta nella destra: arrivato a non più di un passo, Grissom pensò che, se qualcuno avesse tentato una mossa azzardata, prima di farsi tagliare la gola di netto avrebbe portato uno di quei bastardi con lui.

E la scelta sarebbe caduta su O'Reilly.

"Così, sei un Pinkerton, Pinkerton."

"Mi chiamo Grissom, biondo."

"Io Llewelyn. Tanto piacere."

"Immagino quanto."

"Sei spiritoso, Pinkerton, per avere un coltello alla gola."

"Cerco di guardare il lato positivo delle cose."

"Anche io, ogni volta che mi specchio. Bevi."

"Quella roba? No, grazie."

"Non era una domanda, Pinkerton."

"Pensavo di sì."

"Bevi. E' roba fina, questa. Arriva direttamente dall'Irlanda."

"In questo momento non mi trovo particolarmente attratto dalle cose che provengono dall'Irlanda, amico."

"Colpa di O'Reilly, Pinkerton? Ti capisco, a volte non lo reggo neanch'io. Ma ti assicuro che dopo qualche boccata di questo, anche lui ti sembrerà migliore."

Lungo il confineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora