Capitolo 5: Butch (2)

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Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, da quando aveva perso conoscenza.

O'Reilly scosse la testa, scrollandosi di dosso la neve ed il fango.

Era vivo. Quella era la buona notizia.

La cattiva era la sensazione di vuoto che provava sotto i piedi.

Abbassò lo sguardo sperando di sbagliarsi, ma si accorse che i suoi sensi non l'avevano ingannato.

Era la prima volta nella vita in cui si ritrovava a dispiacersi per questo.

Sotto di lui si apriva uno strapiombo che pareva uno squarcio sul fianco della montagna, un orrido oscuro dal quale parevano lottare allo spasimo per uscire fronde isolate di alberi sempreverdi e neve che, avrebbe potuto scommetterci, con ogni probabilità nascondeva insidie anche peggiori sotto di lei. Molti cacciatori inesperti o poco prudenti avevano lasciato la pelle scoprendo troppo tardi che una spianata di neve apparentemente perfetta poteva celare una caduta di venti o trenta metri.

Non gli restava che tentare la risalita, dunque il passo successivo restava quello di alzare la testa e scoprire cosa gli aveva salvato la vita: la slitta che lui e Llewelyn avevano costruito per Butch si era incastrata in perfetto equilibrio tra i rami di un grande pino che sporgeva sullo strapiombo, e nel farlo doveva essersi impigliata nelle cinghie del suo zaino, che ora era l'unica cosa a separarlo da una morte certa e senza dubbio dolorosa.

Oscillando con grande attenzione, O'Reilly cercò di saggiare la stabilità della sua posizione, ed una volta accertatosi, e sperando, di non correre un rischio immediato rispetto alla tenuta del sempreverde, cercò di sporgersi all'indietro il più possibile nella speranza che il suo compagno di viaggio fosse ancora con lui.

"Butch? Tutto bene, ragazzo? Ci sei ancora?"

"Sì, O'Reilly. Grazie. Ti devo la vita. Due volte."

"Aspetta a cantare vittoria, al momento non siamo nella posizione di poter sognare di sbronzarci fino all'alba."

"Lo so bene! Non credo sia rimasto del whisky."

"Butch: era una metafora, la mia."

"Una cosa!?"

"Dunque, ragazzo: se ti dico che in questo momento siamo nella merda più nera, capisci cosa intendo, vero?"

"Certo che sì. Ce la stiamo passando male."

"Ottimo. Facciamo progressi. Tu vedi della merda, in giro?"

"Direi di no, a meno che sotto la neve qualche animale..."

"Tu vedi della merda in giro, Butch?"

"No, non la vedo."

"Benissimo. Questa è una metafora."

"La merda che non c'è è una metafora?"

"In un certo senso."

"Quindi quando capita che qualcuno abbia problemi ad andare, si tratta di una metafora?"

"A cosa ti riferisci, Butch?"

"Vedi, Faraday faceva sempre fatica, diceva che aveva bisogno di essere in silenzio, da solo, per un sacco di tempo. Altrimenti niente da fare. Era una metafora?"

"Butch, ti prometto una cosa: se usciamo da questo casino tutti interi, giuro che non mi lamenterò mai più delle tue stronzate. Anzi, cercherò di diventare il tuo maestro."

"Davvero? Che bellezza, O'Reilly!"

"Già, non riesco ad immaginare un motivo più bello per portare il culo a casa."

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