CAPITOLO 1

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C'è solo una cosa
peggiore di essere sulla bocca
di tutti  ... non essere
sulla bocca di
nessuno

Oscar Wilde


"Jason!" "Jason!" "Jason!" "Jason!"

Amavo sentirmi acclamare ed esaltare, amavo stare al centro dell'attenzione, amavo essere il migliore. E lo ero.
Ma più di tutto, amavo essere me.

Con un seplice dribbling riuscii a superare facilmente il giocatore della squadra avversaria. "Questo è il punto decisivo, non posso sbagliare", continuavo a ripetermi.
Le urla del pubblico erano costanti. Urlavano il mio nome. Potevo sentire il coach urlare: "Andiamo!!! Vedi di fare quel benedetto canestro, McCann! Che aspetti! Fallo subito!" Feci una smorfia e sbuffai. Non è una cattiva persona, ma quando è sotto pressione può diventare davvero irritante. "Che poi l'unico sotto pressione qui dovrei essere io!", dissi tra me e me.
Cercai di non persarci e di concentrarmi nel gioco, ma non tardarono ad arrivare le urla di incoraggiamento anche da parte dei compagni di squadra. Eravamo una bella squadra. Mi trovavo bene con loro, con tutti tranne Alan, il capitano della squadra. Inizialmente il coach aveva chiesto a me di farlo, ma mi ero categoricamente rifiutato. Troppo impegnativo. Non volevo essere responsabile della squadra. Ne avevo fin troppe di responsabilita: la scuola, il lavoro al bar, il pianoforte, mia sorella...
Fatto sta che Alan mi odiava, era geloso di me e faceva di tutto per farmi fare brutta figura davanti al coach, alla squadra o alle ragazze. Obbiettivo mai raggiunto, ovviamente.

Superai l'ennesimo avversario. Il timer segnava 10 secondi e il pubblico aveva gia cominciato il conto alla rovescia. Dovevo darmi una mossa. Non avevo nessun compagno di squadra vicino. Non potevo passare la palla. Ero da solo circondato dagli avversari. Ma io non mi lasciavo intimidire facilmente.

Mi trovavo più in la della metà campo. Dovevo lanciare quella benedetta palla in quel benedetto canesto, così come diceva sempre il coach. Feci un respiro profondo, tenni ben salda la palla e mi misi in posizione. Osservai ogni dettaglio del canestro. Doveva essere un lancio perfetto.
"4 secondi", esclamava il pubblico entusiasta.
Vidi un avversario avvicinarsi.
"3 secondi"
"Ora o mai più", pensai.
Lanciai.
"2 secondi"
La palla colpì il tabellone ed entrò nell'anello metallico.
L'albitro fischiò. La partita era finita. Avevamo vinto.
I miei compagni di squadra corsero verso di me e ci abbracciammo.
"Alla semifinale" "Alla semifinale" "Alla semifinale", urlammo in coro, mentre gli avversari si allontanavano sconfitti.

Non avevo idea di cosa significasse sentirsi sconfitti, avevo sempre l'ultima parola, l'avevo sempre vinta. Ora invece so più di chiunque altro cosa s'ignifichi sentirsi sconfitti, annientati, impotenti, distrutti.

Il capitano della squadra avversaria si avvicinò a me e mi tese la mano, comportamento molto sportivo da parte sua.
"Ottima partita, McCann, ci rifacciamo l'anno prossimo".
"Puoi contarci. Nessun rancore?"
"Nessun rancore"
Mi diede una pacca sulla spalla e tornò dalla sua squadra.
È incredibile. In qualitá di miglior giocatore della squadra, tutti mi trattavano come se fossi stato il capitano, ma in realtà non lo ero. Ecco un altro motivo per cui Alan mi detestava così tanto. "Lui non è mai stato credibile come capitano, gliel'ho sempre detto. Quanto amo aver ragione!", pensai.

"Ottimo lavoro ragazzo!", disse dandomi una pacca sulla spalla.
"Grazie Coach", risposi sorridendo fiero.
"Continua così, non smettere mai di stupirmi"
"Non lo farò, può starne certo"
"Proprio ciò che volevo sentire", disse per poi allontanarsi.

"Hei campione! Il migliore come sempre!"
"Perchè avevi dei dubbi, Ryan?", dissi stringendo la mano del mio migliore amico.
"Sai benissimo che quando si tratta di te e di basket non ne ho mai avuti, ma se non vai subito a salutare Samantha credo che sarà lei a dubitare di te", disse facendo un cenno verso di lei, con il capo.
Gli sorrisi complice.
"Fatti avanti, Romeo", disse, spingendomi verso gli spalti.

SURVIVOR'S DEATHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora