Capitolo 6: confusione

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I raggi del sole colpiscono le mie palpebre e l'alba comincia a disturbare il mio sonno. Tutt'ad un tratto, mi sveglio, senza neanche accorgermi di essermi addormentata. Quando era successo? Che era successo?

Non riesco a ricordare nulla, improvvisamente il mio cervello si è azzerato e ha deciso di non restituirmi i ricordi della serata precedente. Apro gli occhi, o almeno ci provo, ma resto abbagliata dalla luce del sole puntata dritta sul mio viso. Il mal di testa mi uccide, ma ho troppa poca voglia di alzarmi e prendere un antidolorifico. Decido di affondare la testa nel cuscino e riaddormentarmi, ma improvvisamente qualcuno bussa alla porta con una certa insistenza. Strano, a casa mia nessuno si sveglia mai all'alba.

"Ale, Ale ci sei? Ale, sono preoccupato, posso entrare?" chiede una voce quasi sconosciuta alla porta.
Troppo confusa e assonnata per qualsiasi tipo di dubbio o opposizione, acconsento, affinché mi lasci dormire in pace e mi lasci smaltire la sbornia orribile del giorno prima. Due secondi dopo, ricomincio ad assopirmi, non sentendo altro che una mano che mi accarezza dolcemente la schiena e i capelli.

Qualche ora dopo, il sole è alto in cielo e un odore buonissimo mi strappa dal sonno profondo e mi catapulta nella realtà. Sento una voce canticchiare, una voce maschile che non ero solita sentire la mattina, anche perché mio fratello non canta. E non cucina. La canzone è "A te" di Jovanotti, una canzone che avrei riconosciuto in qualsiasi circostanza, anche se riesco a sentirla a malapena. La voce si fa sempre più vicina, e io mi metto a sedere sul letto, guardandomi attorno: la stanza è enorme, con tende dorate e le pareti perlate, ma allo stesso tempo resa così familiare dalle numerose foto appese in qua e in là.
"Buongiorno leonessa! Dormito bene?" chiede Luke sbucando dalla porta con appena mezza faccia, per assicurarsi di non invadere del tutto la mia privacy.
Appena lo vedo, mi torna un flashback della sera prima. Ricordo di essere andata in bagno, poi tornata e aver bevuto tutti quelli shots, certo. Ma ancora più importante, ricordo di aver baciato Luca svariate volte davanti a Marco, senza curarmene e, soprattutto, senza un minimo di contegno.

"Uhm... ciao, Luke. Avrei preferito le tapparelle chiuse comunque" borbotto in tono scocciato e con malumore. Noto subito che Luca sembra essersela presa un po', quindi, per rimediare, abbozzo un sorriso.

"Eri molto ubriaca ieri sera sai?" mi dice lui, come se fosse per me una notizia di cui non mi ero accorta dal mal di testa e dalla mancanza di memoria.

"Già... che ho fatto di così orribile?" chiedo, dubbiosa e spaventata da quello che avrebbe potuto rispondermi.

"Niente di brutto, davvero. Prima o poi ricorderai ogni minimo particolare. Fino a quel momento, scendi e vieni a pranzare con me. Non servirà a niente tenersi la fame." Mi convince quindi a scendere e a pranzare con lui.

Il pranzo va molto meglio del previsto. Pensavo potesse esserci qualche momento di imbarazzo o di silenzio, ma lui mi fa sentire a mio agio in ogni situazione, e questo mi spaventa un po'. Non pensavo fosse possibile un rapporto del genere con una persona conosciuta da appena un giorno.

"Di dove sei?"
"Roma."
"Ti manca la città? E le persone?"
"La città sì, moltissimo. Alcune persone mi mancano, ma spero di conoscerne di nuove e migliori qua."

"Che ne pensi di quelle che hai già conosciuto?"
"Ma ho conosciuto solo te e Marco."
"E che ne pensi di noi quindi?"
Non dirgli che Marco è bellissimo, non dirgli che Marco  è bellissimo "Siete fantastici, entrambi."
"Ci degnerai della tua presenza da sobria per una volta?"

La conversazione va avanti per molto finché non mi dice che è in ritardo per andare a lavoro. "Scusami tanto, ma devo correre! Non mi ero accorto del tempo che volava. È stato davvero bellissimo passare del tempo con te, spero di averne presto di nuovo occasione.", mi accompagna alla porta e mi saluta con un bacio sfuggente. Non capisco il motivo di tutti questi baci rubati senza un motivo, ma decido di non dirgli niente.

Mi incammino verso casa mia, saluto un paio di persone che incontro che frequentano il mio stesso corso di matematica e mi accendo qualche sigaretta. Cerco di ripescare dall'angolo più remoto della mia mente i ricordi della sera precedente, ma vedo solo qualche lampo: io che bacio Luke, noi due che balliamo, io che bevo un altro shot di tequila.

E poi, un pensiero confuso, contorto, strano.

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