Il pomeriggio passa velocemente.
Vado in aula in punizione, conosco una ragazza molto carina, Debbie, che si è appena trasferita da Londra. Parla bene l'italiano, non so perché. Passo un'ora lì dentro e finalmente esco da quell'inferno. Non ne potevo più.
Decido di non prendere l'autobus per andare a casa. Amo camminare, e inoltre in questo modo avrei potuto fumare un po'. Cammino e cammino, prendo a calci una lattina, fumo, penso.
In circa mezz'ora sono davanti al portone di casa, costretta a finire in fretta l'ultima sigaretta. Odio finire le sigarette velocemente. Il fumo mi fa pensare, mi dà quell'intimità che nient'altro sa darmi.
Butto la sigaretta ed entro in casa. Stranamente, mio fratello non è da qualche suo amico, ma in casa. Non m'impiccio delle sue cose. Non m'interessa. E non ne ho proprio voglia. Inoltre, ho già le mie cose a cui pensare. Salgo le scale di corsa, inciampando in qua e là, e mi chiudo in camera ad ascoltare la musica e a scegliere il vestito per l'incontro con Luca di quella sera. Decido che è un buon amico, che è davvero simpatico e ne vale la pena di andare a quella specie di appuntamento.
Era tanto che non andavo in un pub. Mi mancava frequentare la vita notturna di Roma, era indescrivibile. Mi sentivo libera, mi sentivo una persona completamente diversa rispetto ad ora, ed ero decisa a tornare com'ero. Non ero mai cambiata, probabilmente. Mi ero solo presa un break.
Per le mie amiche sono sempre stata una persona che fa baldoria e scopa, non una che riflette e piange in camera sua. Tutti mi conoscevano per una ragazza spensierata, persino in questa nuova città. Ed era esattamente questo che piaceva ai ragazzi che frequentavo. Che non fossi una tipa sentimentale. Si sentivano legati a me soltanto fisicamente, sapevano che potevano fare ciò che volevano con me. Che non c'era un legame sentimentale vero e proprio.
Con Kevin era diverso. Io lo amavo. E' stato il primo ragazzo delle farfalle nello stomaco, della nostalgia quando non lo vedevo per più di una settimana, dei baci appassionati e dell'amore, non del sesso. Ma per lui ero solo una bambola, un gioco. E la cosa che mi ha ferito di più è che l'ho scoperto soltanto il giorno prima di partire, quando ero passata da lui a dirgli addio. Mi sentivo triste a doverlo lasciare, mi sentivo in colpa, so che mi sarebbe mancato. Ma quando l'ho visto con lei, ho capito che avrei ricominciato un'altra vita lontano da lì.
"Alessia, la cena è pronta!", urla mia mamma. Ho già scelto cosa avrei messo dopo: un vestito corto nero con dei tacchi, perché amo vestirmi provocante la sera. Ho una doppia personalità, so che nessuno si aspetterebbe da me un abbigliamento del genere.
Scendo le scale, e stavolta mi prendo tutto il tempo che serve per arrivare al piano di sotto. Non ho molta fame, ma mi costringo a mangiare qualcosa, perché andare a un appuntamento a base di alcool a stomaco vuoto non mi sembra una grande idea.
Ci sediamo a tavola, come se fossimo una vera famiglia. Mangio un po' di pasta, restando sempre in silenzio. Vorrei tanto chiedere a mio fratello come sta, che ha, e perché sembra triste, ma so che a lui non interessa se mi preoccupo o meno, anzi, preferisce che mi faccia gli affari miei. Ce l'ho con mia mamma, per non averci dato un'educazione che ci insegni come andare d'accordo, come supportarci tra di noi. Mi è sempre mancato mio fratello e mi mancherà sempre.
Una volta finito di mangiare, vado in camera e capisco che è arrivato il momento di prepararsi. Sono solo le dieci e il pub è dietro l'angolo, ma sono lentissima a prepararmi, come la maggior parte delle ragazze suppongo. Faccio la doccia e mi infilo il vestito, ma le scarpe tacco 12 preferisco indossarle dopo, per il piacere dei miei piedi. Mi lavo i denti, mi trucco e mi sistemo i capelli in una treccia lunga.
Verso un quarto all'undici sono pronta, amo essere in anticipo, perciò metto le scarpe, barcollo un po' ed esco. E' così strano vestirsi così dopo mesi, mi era mancato.
Sbatto la porta di casa dietro di me e con passo deciso mi dirigo verso il pub, dove sono piuttosto certa di trovare Luca in anticipo, come ogni gentiluomo dovrebbe fare. La donna si fa aspettare, e l'uomo aspetta. E' la legge.
Quando arrivo nei pressi del pub mi ricompongo. Controllo il mio trucco nel riflesso dello schermo del telefono, mi sistemo i capelli, il vestito e fiondo dentro, dove, come immaginato, trovo Luca in piedi che mi viene incontro. Quando mi vede spalanca gli occhi, mima un "wow" con la bocca e rimane senza parole.
"Smettila Luca, mi farai arrossire", dico, lusingata dai suoi complimenti silenziosi e dai suoi sguardi che seguivano le curve dei mio corpo messe in risalto dal vestito aderente.
"La smetto, ma sei davvero stupenda!", esclama, e non posso far altro che arrossire. "Ho portato un amico, spero non ti dispiaccia, anche se adesso me ne sto pentendo io.", fa una risatina. "Tranquilla, è simpatico.", mi rassicura. Non mi dà affatto fastidio. Adoro conoscere persone nuove, soprattutto in quella città dove non conosco nessuno, e anche se non mi fosse stato simpatico avrei finto per lui. Non ero mai scortese.
"Certo che no, sono felicissima di conoscere finalmente qualcuno. Sono simpatica anch'io, in fondo", dico, scherzando per farlo sentire a suo agio.
"Sono felice che tu abbia accettato l'invito", mi confessa.
Mi prende la mano e mi fa passare tra la folla, guidandomi al tavolo che non vedevo perché troppo affollato intorno.
Quando arrivo al tavolo, capisco esattamente chi è il suo amico.
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Segreti trasparenti
RomanceAlessia è una diciottenne piena di vita: ama uscire con gli amici e andare in discoteca. Ma ha un lato di sé che nessuno, prima di Marco, era mai riuscito a scoprire.