standing in the cold ; drenge

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Sento una goccia di pioggia cadermi dritta sul volto, proprio mentre alzo lo sguardo per cercare di vedere le stelle.
In realtà non si vede granché, stanotte il cielo è coperto di nuvole, che altro non promettono che brutto tempo.
Freddo.
Ho molto, molto freddo.
Riesco a fare le nuvolette con il fiato, proprio come mi divertivo a fare da bambino.
Tutto questo non è un gioco, però.
Non so cosa sia, ma ne sono certo.
E so anche che io sono obbligato a stare qui, sotto la pioggia, nel buio più totale, rischiando di congelare, solamente perché me lo è stato chiesto.
Nemmeno entrare in macchina mi è permesso.
Mi è concesso solo di aspettare, l'unica compagnia quella della notte e delle mie paure di bambino che prendono di nuovo vita a contatto con l'oscurità.
Se solo potessi accendere i fari per avere un po' di luce...
So che passerei solamente guai se ci provassi, molti guai, e so che non voglio essere punito di nuovo.
Ci siamo io e la mia solitudine, e adesso anche la pioggia.
Il borsone che ho in mano pesa tantissimo, ma non voglio poggiarlo a terra per sistemarmi la sciarpa e riposare la schiena, ho quasi paura di fare anche il minimo movimento.
Non so cosa contenga, e anche se una vaga idea me la sono fatta, non riesco ad accettarlo.
Aspetto con pazienza il rumore che mi annuncerà il suo ritorno.
Dopo alcuni minuti, o forse ore?, finalmente sento dei passi lontani.
Mi metto diritto e osservo l'orizzonte.

È lui.

Sento un senso di tranquillità e soprattutto sono istantaneamente rassicurato, anche perché sotto la pioggia i miei vestiti si sono completamente bagnati, e il freddo non è mai stato così insopportabile.
Il mio istinto mi dice di andare da lui, la ragione mi dice di attendere.
Lo vedo sorridere: sembra che sia andato tutto a buon fine!
Entra in macchina e lo seguo, e il sollievo al contatto con l'aria calda è indescrivibile, e mi becco una sgridata per avergli bagnato tutto il sedile.
Partiamo di nuovo, e stavolta andiamo verso casa.
C'è un silenzio di tomba, ma io non voglio che sia sempre così.
«Ti amo» gli dico; so che per lui non è così.
«Smettila, cazzo.» il suo tono di voce e la sua espressione cambiamo radicalmente, ma cosa ho da perdere, oramai?
Il mio cuore l'ha già rubato molto tempo fa.
Il mio piccolo e debole cuore senza valore.
Gli serviva qualcuno da piegare a suo piacimento, qualcuno a cui poter far credere di essere amato.
Quell'ingenuo qualcuno è saltato fuori esser me. Nonostante io abbia la metà dei suoi anni lo capisco. Non sempre, però. Anzi, a volte, con i miei diciassette anni, penso di essere molto più maturo. Innanzitutto non mi faccio, e poi evito i brutti giri, escludendo lui -è per caso una cattiva persona?
«Sul serio, ti amo» gli ripeto.
Glielo ripeterei altre mille volte. Quando lo vedo la giornata diventa subito migliore.
Vorrei baciarlo e abbracciarlo e fare l'amore con lui un milione di volte.
So che per lui non è lo stesso.
«Eoin, ti ho detto di smetterla» non voglio farlo arrabbiare, ma come mai l'amore, il mio amore, lo fa arrabbiare?
Guardo fuori dal finestrino, tutto appannato. Si vedono gli alberi scorrere via così velocemente da diventare una chiazza di colori.
Il mio viso viene solcato da una lacrima, proprio mentre cerco di alzare un poco lo sguardo per vedere le stelle.
In realtà ci sono solo nuvole e tuoni e lampi.
Cerco di asciugarmi il volto e tiro su col naso
«Cristo, non di nuovo!»
Non gli piace quando piango, ma non so fermarmi. Vorrei baciarlo.
Sento la macchina inchiodare e lui sbuffa.
«Scendi.»
Siamo nel mezzo del nulla.
«Ma io...»
«Scendi!»
Ed è quello che faccio
Io, la mia solitudine, la pioggia e le lacrime.
Aveva detto di amarmi.

2 a.m. storiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora