reptilia ; the strokes

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Attraverso il breve tratto del vialetto di casa, che mi porta fino all'automobile dove i miei amici mi stanno aspettando
«Ehi, muovi il culo; facciamo tardi sennò» mi dice uno di loro
Noncurante entro con tutta la calma possibile e immaginabile, sbattendo la portiera e sapendo che questa sarà una gran serata. Come al solito la musica a volume assordante esce dalle vecchie casse del catorcio, probabilmente rubate da qualche macchina in un parcheggio del supermercato.
Non faccio nemmeno in tempo a salutare tutti con uno stupido gesto delle mani e ad aprire una bottiglia di superalcolici, che hanno preso alla stazione di servizio, che già stiamo sfrecciando a tutta velocità sull'asfalto, il vento fresco di settembre comincia a farsi sentire non appena si aprono i finestrini e così comincio a passarmi una mano tra i capelli e a tendere l'altra fuori, così da sentire l'aria che scorre tra le dita, come se la tagliassi.
L'autostrada è deserta, ma andiamo così veloci che niente ci potrebbe fermare; gli Strokes sono a tutto volume in sottofondo e con "The End Has No End" prendiamo l'uscita e poco dopo parcheggiamo davanti al club. Esso è, senza ombra di dubbio, uno dei posti peggiori che io abbia mai avuto il piacere di vedere. Già da fuori si può vedere -e sentire, aggiungerei- lo squallore di questo posto: i muri hanno seriamente bisogno di una ripitturata, e l'insegna a led che indica il nome del posto è illuminata solo per metà. Non molto lontano dall'ingresso, poi, è pieno di sacchi della spazzatura, che emanano una puzza tremenda. Appena esco dalla macchina butto sul marciapiede la bottiglia che abbiamo finito in quei venti minuti scarsi di viaggio e non appena tocca il suolo si rompe, si frantuma: una tra le tante, che oramai non si distingue nemmeno più, illuminata solo dalla fioca luce del lampione. Con essa poco dopo butto via anche la sigaretta, perché stiamo finalmente per entrare. E nemmeno mi controlla, il buttafuori, probabilmente stanco di vedere ogni sera sempre la solita gioventù bruciata, che butta e pesta la propria vita come ho appena fatto io con quella sigaretta.
Il posto, ormai a noi familiare, consiste letteralmente in uno stanzone con un piccolo bar in un angolo, pieno di luci stroboscopiche, che non mi hanno mai fatto capire di che colore siano le pareti, ma è il più economico della città e anche l'unico dove vendono alcolici ai minorenni, cosa che altrimenti non accadrebbe facilmente, attirando anche i giovanissimi.
La musica mi sta già spaccando i timpani, nonostante io sia appena entrato; il dj si sta decisamente dando troppe arie e, anche se non si può certo ammettere che non sia carino, in questo modo sta attirando a sé l'attenzione di moltissime ragazze. Ovviamente, i miei amici non sono venuti per perdere tempo: mi porgono subito un bicchierino pieno di chissà che cosa e buttandolo giù sento l'alcol che mi scorre per la gola. Sono già abbastanza ubriaco, nonostante la serata sia appena cominciata.
Guardo verso l'alto dopo un altro bicchierino e vedo questa ragazza, un vestito decisamente troppo corto e stretto e chili di trucco, e non capisco se la gola stia andando a fuoco, assieme all'intera stanza, a causa del suo morboso sistemarsi i capelli o per i merdosi alcolici che mi hanno fatto rifilato fino ad adesso. Sono comunque abbastanza convinto che sia un misto tra i due. Mi avvicino e tento l'approccio con successo, usando sempre le solite parole vuote, dette con la malizia di chi lo fa ogni singola sera. Ormai non provo nemmeno più vergogna, nel sentirmi addosso gli occhi delle amiche; le odio tutte, dalla prima all'ultima, lei compresa, anche se sono qui per provarci, anche se è la prima volta che le vedo. Più di tutti, però, odio me stesso, per questa vita che sto avendo.
Capisco perciò che è il momento di cambiare, ma lo farò domani, come mi dico ogni volta che mi ritrovo nel bagno della discoteca, mentre la ragazza che ho abbordato stasera comincia a slacciarmi i pantaloni. E ora? Anche il bagno sta andando a fuoco, e perché? Ci stiamo baciando e l'unica cosa che sento è un amaro retrogusto. Sento voglia, anzi, desiderio; ma tutto ciò che ho sempre voluto? Non è certo questo: così, mi rendo conto che è il caso di porre rimedio adesso, perché domani è troppo tardi.
Chiudo la porta, le tappo la bocca con la mano, ma lei non capisce, no, non può certo vedermi mentre sfilo un coltellino dalla tasca dei pantaloni, giusto? E mentre glielo conficco nella schiena nuda, liscia e sudata? Non urla e penso non abbia nemmeno capito. Ma forse lo farà, un giorno, se non dovesse lasciarci la pelle.
Sblocco la serratura e nel vuoto del bagno del locale più merdoso di sempre pulisco il mio coltellino sotto l'acqua corrente del lavandino, per poi riporlo in tasca. Perché nessuno impara mai la lezione? Ci sono così tanti modi di divertirsi, ma tutti scelgono sempre quello più vuoto. Forse, nonostante questo sia il modo preferito dai giovani per passare la gioventù, il mio gesto ha aiutato il mondo a diventare più leggero. Torno in pista, i miei amici mi chiedono dove fossi finito, per poi complimentarsi con me per essere stato un tale donnaiolo, e capisco quanto siano delle teste di cazzo.
Chissà che domani non tocchi a loro?

2 a.m. storiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora