girls & boys ; blur

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Sotto la pioggia tutto si bagna e si rovina, come la carta dei volantini caduti dalle bacheche e dai pali della luce; ciò che non ci insegnano è che ci sono anche le cose che rinascono, diventano più belle di prima, come se l'acqua piovana avesse delle magiche proprietà, come quando da piccoli ci dicevano che più avessimo piano più saremmo diventati belli. E di fianco a queste cose, ovvero di fianco alla siepe fiorita di una vecchia casa, c'era Aurelio. Lui si collocava esattamene nel mezzo: lui l'acqua non la temeva, perché sapeva che, stando sotto la pioggia non si sarebbe rovinato. Allo stesso tempo, però, si copriva col cappuccio di un economico parka di plastica, di quelli usa e getta, perché, dato il brutto tempo, era indispensabile e al supermercato gli ombrelli costavano troppo. Era bello, ma tanti lo avrebbero definito di una bellezza "non convenzionale" perché va di moda, ma pochi osavano ammetterlo, anche a se stessi. Faceva l'autostop, o almeno ci provava, dato che in quelle ore nessuno si era fermato per portarlo via lontano da lì. Aveva preso il treno dalla sua città fino a lì; nemmeno sapeva dove si trovava, ma era dovuto scappare perché i controllori erano quasi da lui, così scese alla prima fermata. E ora aspettava con pazienza che qualcuno si decidesse a fermarsi. Stava per perdere le speranza ed andare a prendere un altro treno, ma proprio mentre stava per abbassarsi per afferrare lo zaino appoggiato a terra e completamente bagnato dall'acqua, una macchina metteva la freccia ed accostava proprio di fianco a lui, ed era qualcuno che certo si era accorto della sua bellezza da lontano. Aurelio aprì la portiera lentamente, un po' stranito dal fatto che si fosse fermato, perché un po' ci sperava, ma era comunque consapevole del fatto che fosse molto improbabile. Eppure era lì, e lo sconosciuto ancora non aveva detto una parola. Anche lui stava scappando, senza sapere bene da che cosa né dove stesse andando. Per avere una meta o almeno una direzione, chiese all'altro, che, imbarazzato, guardava fuori dal finestrino: «Dove andiamo?»
«Pensavo dovessi dirmelo tu»
Nonostante Aurelio si sentisse a disagio, avrebbe fatto di tutto pur di sembrare sicuro di sé, in modo che l'altro non pensasse che fosse una persona debole, così rispose con una nota d'acidità nella voce, che il ragazzo al volante percepì come insicurezza. E mentre guidava, pronto a prendere la prima autostrada che potesse portarli lontani, chiese al ragazzo il suo nome.
«Damon» fu la risposta, detta con quasi un tremare della voce. Sentito ciò, il ragazzo si mise a ridere.
«Il tuo vero nome»
«Che c'è, non ci credi?» replicò sempre con lo stesso tono usato precedentemente.
«Ci hai messo troppo a rispondere: non ci devi mica pensare su sul tuo nome»
Lui sbuffò e guardò fuori dal finestrino, speranzoso che qualcosa potesse venire a salvarlo, ma che allo stesso tempo lo obbligasse a stare lì
«Dato che insisti... Aurelio, mi chiamo Aurelio.»
«Non ci credo: pure io!» la sorpresa non poteva che essere tanta nell'incontrare qualcuno col suo stesso, raro nome: più che una coincidenza sembrava un segno del destino, pensò.
«Se non ti dispiace continuerò a chiamarti Damon»
«E perché?» ormai non riusciva più a tenere quel tono, che nemmeno gli apparteneva. E poi era così particolare e sì, bello, tanto che l'aveva ipnotizzato, mentre lo osservava con le gambe rannicchiate al petto cinte dalle braccia. Era castano con gli occhi scuri, aveva le lentiggini e quando rideva, come in precedenza, mostrava dei denti storti che lo rendevano un tipo dall'aspetto stranamente affascinante.
«Beh, perché mi ricordi il cantante dei Blur. Avete lo stesso nome: non può essere una coincidenza!»
«Non l'ho fatto di proposito»
«Impossibile»
«Non credermi, allora. Mica devo provarti niente!»
«Va bene, Albarn» disse ridendo.
«Dai, non prendermi in giro!» e stavolta rise pure lui.
In effetti, con Damon Albarn c'era un'innegabile somiglianza: era uguale a lui nel video di "Girls & Boys", con la felpa enorme a bande di colore senza il cappuccio, gli occhi chiari ed i capelli tinti di quel chiaro color biondo rosa. Sembrava uscito da uno di quei blog sui social che ti insegnano a vestirti vintage, solo che ci riusciva molto meglio; sembrava veramente che fosse uscito dagli anni novanta.
Mentre guidava ascoltavano la radio, ma nessuno dei due sembrava prestarvi particolare attenzione: la stavano, infatti, sentendo, più che altro. Damon fissava Aurelio mentre stava pensando, e cercava qualcosa da dire, di cui parlare, e pensava a come, se avesse avuto il coraggio necessario, l'avrebbe sicuramente tirata fuori. Si era reso conto di come fosse irrispettoso tenere i piedi sul sedile e non aver tolto l'impermeabile, che aveva bagnato completamente il sedile. Ad Aurelio, però, importava ben poco, perché stava pensando alla canzone che l'altro gli ricordava, ed in particolare ad una frase
«Du bist sehr schön» disse canticchiando
«Vielen Danke, ma non si dovrebbero usare le frasi delle canzoni per rimorchiare.»
«Dici che dovrei andare sul tradizionale allora?»
«Proviamo» disse Damon sorridendogli
«Te lo posso offrire un caffè al prossimo autogrill?»
«Con molto piacere»
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fine parte 1/?
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Ciao gente, questa è una storia scritta maluccio, ma non importa perché se siete qui l'avete letta. Se è così: grazie
Forse la continuerò, but devo sapere se può effettivamente interessare a qualcuno
Grazie, ciao
P.s.: tutte le mie storie sono molto lgbt lol scusate tanto but non mi importa

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