INFANZIA A SKÁLAVIK
Skálavík, casa della Nonna nelle Isole Føroyar, ore 07:49 del 19 Settembre 1996.
Mia nonna diceva che si deve temere colui che viene dall'esterno. Mia nonna diceva che tutto ciò che non conosciamo potrebbe essere stato corrotto da Loki in persona e che dunque possiamo contare soltanto su ciò che ci è familiare. Mia nonna ha detto che lei è la mia famiglia e che devo fidarmi di lei.
Erano mesi che chiedevo alla nonna dove si trovava mia madre e com'era la vita lì, in Danimarca. Erano mesi che la nonna continuava a frustarmi le mani con il suo bastoncino pieno di rovi, ogni volta che dalla mia bocca usciva la parola "Danimarca" o "mamma". Certe volte pensavo di odiare davvero mia nonna, ma non avrei mai potuta odiarla come la odio ora. Certe volte penso che non sia nemmeno odio quello che provo per lei; mi stupisco ancora che non riesca a trovare la parola giusta. Già. La parola giusta.
A Skálavík la vita procedeva ogni giorno circondata da un alone ineluttabile di monotonia. Faceva sempre freddo, anche d'estate. Mi piaceva l'estate, la nonna ci portava a fare il bagno nel lago vicino al nostro villaggio, e lì potevamo spogliarci e immergerci come nelle vecchie storie che ci raccontava. Eravamo puri, diceva: «Cinquecento anni fa i nostri antenati erano esempio di purezza e castità. Stupivamo il mondo perché riuscivamo a fare il bagno nudi, uomini e donne, senza provare il minimo desiderio». Desiderio; non sapevo nemmeno quale fosse il suo vero significato, perché in quei momenti provavo soltanto una smisurata voglia di unirmi alla natura, di essere uno con essa: guardavo i monti, a Nord, perennemente imbiancati, e mi sembrava di vedere Niflheim; così, osservandoli, immaginavo scontri tra giganti di ghiaccio e divinità di cui ancora non afferravo bene il nome, lotte dove il bene vinceva sempre, guerre dove gocciolava soltanto neve e nemmeno una goccia di sangue. Era bello a Skálavík, dove il cielo limpido incontrava la vita, dove l'unico scorcio possibile era verso l'infinito. Era bello, sì, troppo bello fino a quel giorno.
«Nonna, dov'è mamma?» Sarebbe stato ancora più bello.
Skálavík, casa della Nonna nelle Isole Føroyar, ore 10:25 del 19 Settembre 1996.
Quella mattina ci alzammo tutti di corsa. Era un giorno importante, «Il giorno più importante che avete vissuto finora». La nonna ci aveva svegliati riempendoci la testa di parole altisonanti, ci aveva coccolato appena ridestati dal sonno con parole severe su cosa ci avrebbe aspettato e cosa lei si sarebbe aspettata da noi. Avremmo dovuto fare bella figura, altrimenti non avrebbe esitato ad usare la sua bacchetta spinosa contro le nostre cosce. No, non ci avrebbe pensato nemmeno un momento.
La nostra casa era piuttosto piccola, molto modesta. Ora non la chiamerei nemmeno più casa, dopo aver visto com'è realmente il mondo. No, potrebbe essere un cottage, una casetta, un piccolo chalet, una baracca. No. Una longhouse dagli interni in legno e rivestita di pietre; non andrebbe bene nemmeno così. Una piccola abitazione. Sì, piccola abitazione potrebbe essere la parola giusta.
Tornando alla nostra piccola abitazione, a quei tempi mi sembrava che abitassi ad Heorot, perché la nonna ci diceva sempre che nelle nostre piccole abitazioni erano vissuti grandi eroi del passato, addirittura una volta mi aveva sussurrato all'orecchio che in un angolo non molto lontano da dov'eravamo si era seduto il grande e temibile Þrándr í Götu. A me piaceva Þrándr, aveva i capelli rossi come me, ed era violento come me. Solo che lui non era cattivo. Abbiamo una cosa in comune, però, che a quei tempi non avrei mai potuto sapere: entrambi ci siamo arresi alle violenze di un Cristiano. Entrambi, ma questo non mi dava forza all'epoca e non me ne dà ora.
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Sleipnir
HorrorLandssjúkrahúsið, sospeso tra passato e presente, Thorkil Stefnirsen nasce tra le maledizioni di uno degli infermieri dell'ospedale nazionale delle Isole Fær Øer. La sua vita è segnata, così come lo è la sua mano, portatrice di un simbolo perso nel...