Capitolo 13: LUI

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Senza pensarci troppo la seguo. A poco serve il mio allenamento quotidiano: è un fulmine! Mi precipito fuori, ma lei è già lontana e corro ancora più veloce per poterla raggiungere, sotto lo sguardo perplesso di Alessandro e del mio cliente. Una volta fuori dal ristorante mi volto in tutte le direzioni sperando di vederla e sento le forze venir meno quando la vedo inciampare e cadere a terra, sbattendo la testa. La soccorro e chiamo immediatamente un’ambulanza, quindi raccolgo gli effetti personali sfuggiti dalla borsa e uno strano senso di curiosità mi induce a controllare la sua carta d’identità per scoprire il suo nome. I soccorsi arrivano dopo poco tempo e ci dirigiamo in fretta verso l’ospedale. I medici si preoccupano di tenerla sotto controllo e la tengono lontana da me per un paio d’ore per accertare le sue condizioni. Dopo un tempo che mi sembra infinito, vedo il dottore uscire dalla sala e avvicinarsi a me per concedermi il permesso di starle accanto. Così mi accingo impaurito ad entrare in quella stanza, nella quale non so cosa mi aspetta. Entro ed eccola lì, distesa immobile con la testa fasciata. Mi meraviglio che anche in queste condizioni non perda la sua bellezza. “Monica, finalmente conosco il tuo nome”. Mi siedo accanto a lei, stringendo la sua mano nelle mie e poggiando il capo sulle sue gambe mi addormento. Mi risveglio poco dopo, pervaso da un grande senso di colpa e mi rivolgo a lei, sfogando tutto il mio malessere e quel senso di responsabilità che sento nei suoi confronti, come se potesse sentirmi. Ma vengo interrotto dal dottor Rosini, un grande medico, nonché mio caro amico. Mi tranquillizza dicendo che la situazione è migliorata e che non ci saranno conseguenze. Decido allora di domandare se non sia il caso di avvisare i suoi parenti, ma scuotendo tristemente il capo il dottore mi rivela un’amara verità, poi esce in silenzio. Non posso lasciarla così e prometto a me stesso di prendermi cura di lei.
Improvvisamente Monica apre gli occhi e mi fissa senza parlare, “Cosa è successo? Cosa ci faccio qui?”, mi chiede. “Non importa. Adesso verrai via con me. Hai bisogno di riposarti”, rispondo dolcemente. “Non ci penso nemmeno!”, anche in questa situazione non perde l’occasione di mostrare la sua determinazione ed io mi lascio sfuggire una sonora risata. “Smettila di comportarti come una bambina capricciosa, altrimenti dovrò punirti”, dico maliziosamente continuando a ridere di gusto. Lei arrossisce di colpo, forse non si aspettava una tale provocazione. “Il solo fatto di stare con te è una punizione”, risponde impertinente, “Ma non è nel mio stile tirarmi indietro davanti ad una sfida Christian!”, conclude sorridendo. Io mi paralizzo: mi ha veramente chiamato per nome o forse quello che ha sbattuto la testa sono io?! Sembra così dolce e maledettamente erotico pronunciato da lei che sento un’indescrivibile eccitazione, immaginando già il movimento delle sue labbra pronunciare lentamente il mio nome, ansimando e muovendosi sotto di me, in preda a violenti spasmi di piacere. Chissà se anche lei prova qualcosa di simile. “Pronto?! Mi stai ascoltando?”. La sua voce interrompe i miei pensieri impuri e noto il suo sguardo posarsi sul cavallo dei miei pantaloni. “Mi sembra che tu abbia la testa altrove!”, dice sghignazzando. Cazzo! Mi sono lasciato lasciato trasportare dalle mie fantasie come un adolescente in piena crisi ormonale! Fortunatamente il mio momento di imbarazzo viene interrotto dal medico, che rientra nella stanza per consegnarci le carte della dimissione, firmiamo e usciamo, dirigendoci verso casa mia.

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