Capitolo 30: LUI

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Avrei voluto che questo momento non arrivasse mai, ma quando la trovo con quella cornice in mano, i suoi occhi sembrano implorarmi di dirle la verità. Glielo devo. Mi siedo sul divano e inizio a raccontare:
“La conobbi quando ero ancora un ragazzo innamorato della vita e dell'amore e subito mi convinsi che sarebbe stata quella giusta. Senza perdere tempo, le chiesi di sposarmi e non dimenticherò mai la gioia che provai nel sentirle pronunciare quel ‘Sì’ alla mia proposta, così come il grande vuoto che ha lasciato dentro di me… Per sempre.”, mi prendo una piccola pausa. Ancora non riesco a raccontare questa storia senza che mi assalga una gran voglia di fare a pezzi il mondo. “Non si presentò all'altare e non fece in tempo neanche a spiegarmi il perchè”, dico mentre lacrime amare solcano il mio viso. Per niente al mondo avrei voluto che Monica mi vedesse così indifeso, soprattutto parlando di Ambra, ma, stupendomi ancora una volta, come solo lei sa fare, si siede in braccio e mi stringe forte a sé. Non so spiegare che tipo di abbraccio sia, se di consolazione, compassione o comprensione, ma mi dà il coraggio di dire con un filo di voce: “Lei morì e da quel giorno la mia vita non fu più la stessa, io non fui più lo stesso. Passavo intere giornate a disperarmi per la sua perdita e faceva così male che mi sembrava di non voler più continuare a vivere. Ad un certo punto però, mi resi conto che dovevo reagire e cambiai, come solo un dolore così forte irrimediabilmente ti cambia. Cominciai ad essere sempre più stronzo, il dolce ragazzo che credeva nelle favole non esisteva più. Riempivo il mio tempo lavorando come un pazzo e mi distraevo perdendomi tra alcool e donne, non permettendo a nessuna di loro di avvicinarsi, se non per una piacevole notte di sesso. Fino ad ora…” dico guardandola negli occhi. “Fino a quando una incantevole ed insopportabile ragazza dai capelli rossi mi ha fatto perdere la testa. Tu sei stata una boccata d’aria fresca in questa vita che mi soffoca”.
“Oh Christian, mi dispiace, io non volevo…” le poso un dito sulle labbra: “Non devi scusarti, sono così felice di essere finalmente riuscito a parlarne con qualcuno.” Mi sento così leggero! Decido di darci un taglio, dopo tutto ero stato io a dirle che non c'era spazio per la malinconia: “Basta ricordi! Adesso voglio solo pensare a noi e passare del tempo indimenticabile con te.” dico spezzando la triste atmosfera con un sorriso sincero. “Credo che avremmo entrambi bisogno di rilassarci un po’” mi sussurra suadente, mordendomi il lobo dell’orecchio. La afferro per i fianchi tirandola verso di me, ma lei non mi lascia fare e si alza, prendendomi la mano: “Vieni con me” dice trascinandomi su per le scale. Arriviamo in camera da letto e già mi sento euforico quando mi spinge verso il materasso, ma poi mi lascia lì e si avvia verso il bagno. Rimango ad aspettarla, mentre la sento armeggiare con qualcosa. Temporeggio qualche altro minuto, cercando di capire cosa stia facendo, ma poi mi alzo e la raggiungo.
La trovo completamente nuda sotto i miei occhi incantati, mentre si immerge nella grande vasca da bagno, piena d’acqua e oli profumati. “Ti va un bel bagno caldo?” chiede, facendomi l’occhiolino e facendo vacillare il mio autocontrollo. Mi spoglio senza pensarci due volte e mi tuffo su di lei, facendo schizzare l'acqua dappertutto. “Christian sei un folle! Così mi bagni tutti i capelli” dice ridendo e cercando di aggiustarsi il disordinato chignon. “Troppo tardi!” dico spingendola, con un colpo secco, di testa sott’acqua. Lei fuoriesce pochi secondi dopo boccheggiando e con tutte le sue forze cerca di strattonarmi, ma invano. Finalmente sembra arrendersi alla mia forza, ma quando meno me l’aspetto, mi morde un braccio. “Ahia!” urlo divertito. “Ora siamo pari!” dice sghignazzando.
Passiamo tutto il resto del tempo a chiacchierare serenamente. “Parlami un po’ di te. Sono tanto curioso di conoscerti meglio.”, dico, attirandola a me e facendole poggiare la schiena contro il mio petto. “Non c’è molto da dire. Dopo i miei genitori, sono stata costretta a cercarmi subito un lavoro. Non volevo essere un peso per i miei parenti e soprattutto avevo bisogno di essere costantemente occupata a fare qualcosa, per non abbandonarmi ai pensieri. Ivan mi ha offerto un posto di lavoro nel suo ristorante e io ho accettato al volo. Qualche bolletta più tardi però, ho capito che uno solo non era abbastanza e quando Pamela si trasferì qui dalla sua città, trovammo lavoro al locale, anche per poter passare più tempo insieme.”. “Non mi piace per niente quel posto. Odio il solo pensiero di te, seminuda, alla mercè di tutti. Li conosco bene gli uomini e se qualcuno osasse toccarti io…”, dico in preda ad un improvviso attacco di gelosia. “...e neanche Ivan mi convince. È troppo protettivo nei tuoi confronti. Mi chiedo cosa provi davvero.”. La sento ridere sotto i baffi: “Non pensavo fossi così geloso. E poi, credevo che non mi avessi rivolto neanche uno sguardo quella famosa sera. Invece sai anche come mi vesto.” “Come ti svesti…”, rispondo sbuffando. “Christian! Smettila! Non vorrai farmi scenate proprio adesso!.”.  “Non hai mai pensato di continuare gli studi?” dico cambiando completamente argomento. “In realtà ho sempre desiderato fare il medico, per seguire le orme di mio padre. Tutti lo ammiravano e provavano grande stima per lui ed io vorrei prendere il suo posto un giorno. Tu invece? Cosa fai nella vita?”. “Io sono un promettente avvocato”, rispondo fieramente. “Devo tutto ai miei genitori. Quando ero piccolo, mio padre mi raccontava che purtroppo lui non aveva potuto studiare ai suoi tempi, perchè costava troppo, ma che se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe sicuramente studiato legge. In più possedeva un innato spirito di giustizia. Diceva sempre che avrebbe voluto diventare un grande giudice e che avrebbe messo fine alle ingiustizie del mondo, decretando sentenze con onestà ed equità. Così sono cresciuto tra gli articoli della Costituzione e mi sono appassionato sempre di più, promettendogli che un giorno sarei diventato l’uomo che avrebbe voluto che fossi. Mia madre invece, ha fatto semplicemente la mamma. Mi ha sostenuto moltissimo sia durante gli studi, sia agli albori della mia carriera, quando tutto è stato più difficile. Ci amiamo tanto.”, dico mentre noto che il suo viso si rattrista. “Scu…”, cerco di dire nel momento in cui realizzo la grande cazzata fatta. “No Christian, tranquillo. Mi piace sentirti parlare, mi ricordi noi. Ma ho notato che hai anche un fratellino, o sbaglio.”. “Si chiama Roberto. Io sono il maggiore ma non abbiamo mai avuto un grande rapporto. Avrei giurato che mi detestasse, anche se non non ho mai capito il perchè e forse mai lo saprò. È fuggito di casa quando aveva 15 anni e da allora non l’abbiamo mai più rivisto. I miei genitori erano disperati e non hanno mai smesso di cercarlo, ma lui ha fatto completamente perdere ogni traccia di sè.”. “Sono sicura che lo troverai”, mi rassicura, dopodichè restiamo in silenzio per tutto il resto del tempo.

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