CAPITOLO IV

2.9K 185 20
                                    


«Abbassare le vele!»

«A tutta dritta!»

«Sbrigatevi con quelle cime, voi!»

Il Capitano impartiva ordini sul ponte di comando, urlando a squarciagola e rivolgendosi ai marinai e ai sottoufficiali. Io me ne stavo sul ponte, accostata alla balaustra, con la testa rivolta verso poppa. Le coste dell'Inghilterra si allontanavano a poco a poco; Londra era ormai lontana. Eravamo giunti alla foce del Tamigi e ora stavamo navigando verso il mare aperto. Le vele si spiegarono, candide come le nuvole sopra di noi. Vidi il riflesso della nave nell'acqua, maestosa e imponente. C'era un gran trambusto, i marinai correvano da tutte le parti. Non avrei mai immaginato che governare una nave potesse essere così difficile.

L'aria di mare mi riempii i polmoni. Rivolsi lo sguardo verso l'orizzonte, dove non vidi altro che acqua. Mi si strinse lo stomaco al pensiero che per un mese non avrei visto altro che quello. Acqua. In tutte le sue sfumature. Volsi lo sguardo nuovamente verso la costa, avendo già nostalgia del suolo fermo e piatto. Dopo che le vele furono abbassate e la nave prese velocità, tutto si fece più tranquillo. La foga dei marinai diminuì.

Quando la terra scomparve e rimase soltanto l'acqua, continuai a fissare l'orizzonte. Restai lì per parecchio tempo, ore forse, con le gonne al vento e i capelli che mi si scarmigliavano, consapevole che avevo visto l'Inghilterra sparire.

«Ebbene, signorina, che ne pensate? La vista vi piace?» chiese d'un tratto una voce dietro di me. Era il Capitano Jones, che aveva momentaneamente lasciato il ponte di comando.

«C'è soltanto un notevole ammasso di acqua», osservai. «Toglietemi una curiosità, Capitano. Non vi annoiate a non veder nient'altro che acqua per settimane?»

Lui si avvicinò e si piazzò accanto a me. «Il mare non è mai lo stesso. Cambia. E credetemi quando vi dico che non ci si annoia mai navigando su un vascello. Di certo capirete cosa intendo trascorso qualche giorno. Vi invito ad osservare i colori dell'oceano, le onde e le increspature sulla superfice provocate dal vento. Imparerete ad amarlo ben presto, signorina Adler.»

«Non avete mai paura? Insomma, l'idea di essere nel bel mezzo dell'oceano, soli e impotenti contro la natura selvaggia del mare...»

«Certo che ho paura. Ma è la paura stessa che caratterizza il senso dell'avventura, no? È la paura mescolata all'adrenalina che rende i nostri cuori avidi di esperienze simili.»

«Non tutti amano certe emozioni.»

«Lo so bene. La vita da marinaio non è adatta a tutti.»

«Probabilmente sono una tra questi.»

«Oh, ma siete su una nave da sole poche ore! Non potete trarre conclusioni così affrettate. Dovete attendere al minimo qualche giorno.»

«Non vi manca mai la terra ferma? Non avete una famiglia?» Resami conto che la mia domanda era troppo indiscreta, mi impietrii, ma il Capitano non parve sorpreso.

«Un lupo di mare come me non può permettersi una famiglia. Non posso prender moglie quando sarei costretto ad abbandonarla per mesi. Non mi sembra giusto, nessuna donna merita di esser lasciata sola in quel modo, senza notizie da parte del marito e con il costante timore che possa accadergli qualcosa.»

Mi sorpresi da quel pensiero così altruista. Lo fissai per un istante, meravigliata dalle sue parole. «Siete premuroso.»

Lui, un po' a disagio, chiuse subito il discorso facendo una domanda. «Desiderate che vi mostri i vostri alloggi?»

«Certamente, sono molto curiosa, in effetti.»

Lui mi offrì il braccio e io lo presi, educatamente. Passeggiammo lungo il ponte fino a raggiungere la poppa. I marinai, quando ci passavano accanto, facevano un leggero cenno con la testa a me e il Capitano.

«State attenta a non inciampare su quelle cime», mi avvertì il Capitano. Con una mano mi sollevai le gonne e cercai di oltrepassarle con il suo aiuto.

«Naturalmente i vostri alloggi sono a poppa, poiché i più sontuosi e ampi di tutta la nave», spiegò, mentre ci dirigemmo sottocoperta. Scendemmo delle scale e ci trovammo in un piccolo e scuro corridoio che portava verso un'unica porta dai cardini d'argento. Lui si sfilò dalla tasca una piccola chiave e me la porse.

«È chiusa. So che tenete gran parte dei vostri averi all'interno e il signor Williams mi ha espressamente chiesto di tenere la porta serrata a chiave. Non dovete temere, però. Quelli che lavorano su questa nave sono tutti uomini d'onore e non vi deruberebbero mai.»

Annuii e infilai la chiave nella serratura che scattò poco dopo. Spalancai la porta e improvvisamente mi invase un buon profumo di rose. In tutto il salone vi erano mazzi di rose bianche collocate in dei vasi di ceramica.

«Le rose sono da parte del signor Williams», annunciò il Capitano. «"Per ricordarvi il profumo della terra", così ha detto.»

«Tipico di lui», mormorai mentre mi guardavo intorno. Il salotto era così bello che non potei fare a meno di sorridere per la soddisfazione di poter trascorrere quel mese in un luogo così incantevole. Non sembrava affatto una cabina di una nave. Le pareti erano rivestite d'oro e di legno chiaro, rendendo la stanza ancor più splendente di quanto già non fosse. Le vetrate erano grandiose, tanto che raggiungevano quasi il soffitto, dando molta luce alla stanza. La vista del mare attraverso quei vetri toglieva il respiro. Al centro della stanza c'era una tavolata per cinque persone, adeguatamente apparecchiata con tovaglioli di pizzo, calici di vetro e posate d'argento. Adocchiai immediatamente l'enorme libreria d'ebano che riempiva tutta una parete. C'erano libri all'apparenza nuovi e di sicuro c'era anche lì lo zampino del signor Williams, indotto a pensare che mi avrebbe fatto piacere avere a disposizione tutti quei volumi da leggere durante il viaggio.

«Dietro questa porta di vetro c'è il vostro balcone personale. La vista da lì è a dir poco mozzafiato, soprattutto durante il tramonto», disse il Capitano. «Qui vi è il bagno adeguatamente attrezzato e qui c'è la vostra camera da letto», continuò.

«Sono sinceramente colpita», ammisi.

«Sono contento che vi piaccia, signorina.»

Aprii la porta della camera da letto e all'interno trovai un letto a baldacchino con delle lenzuola di seta color tortora. Qui c'era un armadio per i miei vestiti, un comodino e un bellissimo tappeto persiano dello stesso colore delle tende, ovvero blu notte, con qualche filo argentato che ricordavano il motivo del cielo stellato.

«Il cuoco di bordo ha già fissato gli orari dei pasti», fece il Capitano, quando finii di ispezionare la camera.

«Oh.»

«La colazione è alle sette, il pranzo alle dodici in punto, mentre la cena è alle sei. Sarà il signor Phillips a portarvi i pasti in cabina all'ora prestabilita, siete d'accordo?»

«Il signor Phillips è il cuoco?»

«No, un marinaio addetto alla distribuzione del cibo. Il cuoco è il signor Bennett.»

«Capisco.»

«E...» Esitò prima di continuare a parlare. «Se vi sentite male potete rivolgervi al signor Finney. È il medico di bordo.»

«Non credo che avrò problemi di stomaco, signore.»

«Tutti dicono la stessa cosa. Ora devo andare, passate una bella giornata, signorina Adler.»

Il Tesoro del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora