Capitolo 1 - Non sai mai chi potresti incontrare...

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Corro velocissimo per la paura che il gate possa chiudere. Grazie al cielo ho fatto il check-in online, evitandomi code chilometriche fra i turisti del Charles de Gaulle. A onor del vero, non sono proprio velocissimo visto che nella frenesia del momento, e con tutte le altre scarpe chiuse in valigia, non sono riuscito a trovare nulla di meglio di quelle antinfortunistica lasciatemi da Philippe qualche settimana fa, convinto che per imbiancare la sala avrei rischiato la vita. Tuttavia, queste scarpe sono la mia salvezza e questa mia convinzione si rafforza quando arrivo ai controlli: scorgo in lontananza una biondina niente male, intenta a perquisire un signorotto che avrà all'incirca settant'anni. Non posso evitare di notare lo sguardo estasiato del nonnino che, seppur sotto le inquisitorie iridi della moglie, non nasconde l'appagamento ricevuto da quelle piccole mani che si muovono come dolci solleticanti piume. Oh, sì, Philippe, amico mio, ti devo un favore! Come immaginavo, la macchina al mio passaggio inizia a suonare. E ora a noi due, angioletto, sono pronto a farmi controllare ovunque! Ammicco alla ragazza con gli occhi da gatta e mi avvio nella sua direzione. Sono a pochi passi da lei, con un sorriso sornione dipinto in volto, quando un grosso braccio, coperto di peli neri come il petrolio, mi si para davanti, bloccandomi il passaggio. Risalgo la figura a cui appartiene, constatando che si tratta di un armadio alto due metri che, per accertarsi che io non sia un pericolosissimo attentatore pronto a dirottare il volo, mi sbatte alla parete, tastando ogni singola parte del mio corpo in cerca di un'arma. Ne ho solo una ed ero pronto a farla tastare più che volentieri alla bambolina tutta curve. Tu, invece, vedi di togliermi le mani di dosso! Questo è quello che vorrei dirgli, ma mi trattengo dall'istigarlo a far di me un ammasso di ossa rotte; emetto quindi solo un ringhio appena percettibile e informo l'indelicata montagna di muscoli che il problema sono gli anfibi che calzo ai piedi. Inizio a considerare l'idea che sarebbe stato meglio venire scalzo. Il cugino francese di Bigfoot, dopo essersi accertato della veridicità delle mie parole, mi lascia finalmente andare verso il gate d'imbarco. Devo accelerare il passo, perché il rischio di restare a terra si è duplicato, ma dopo tante peripezie riesco a sistemarmi in fila con gli altri passeggeri, potendo salire con loro sulla navetta. Sono estenuato da tutti gli eventi delle ultime dodici ore, per cui non vedo l'ora di potermi accoccolare sul sedile, magari ascoltando un po' di musica. Mi avvio sereno pronto a sedermi, ma il fato non sembra essere del mio stesso avviso... Sento una voce chiamare il mio nome, così mi guardo intorno, sperando di non trovare qualcuno che conosco. Oggi non ho voglia di fare conversazione. Cerco di capire da dove provenga quel richiamo, ma l'unica persona che riesco a vedere è una giovane hostess appostata vicino al carrello degli snack. Decido di lasciar perdere, devo essermi sbagliato, provo di nuovo a sedermi, quando... «Marco, guarda che sono qui!» Eh, no, ora però basta! Rialzo lo sguardo esasperato e ritrovo la hostess, questa volta mi sta osservando, passandosi la lingua su delle labbra rosso fuoco, esaminando il mio intero corpo ai raggi X, slacciando il primo di quella serie di bottoni che stanno ancora appesi alla camicetta per miracolo. Che tette! Oh, signorina, non sai cos'hai risvegliato... Lei, intanto, continua a fissarmi con gli occhi che brillano, tirando un po' su la gonna della divisa, nel riuscito intento di mostrarmi meglio le sue chilometriche gambe. E che gambe! Forse non tutto è perduto, potrei avere una perquisizione ancor più appagante di quella sfumata prima... Infila il pollice fra le labbra, simulando altro, facendomi perdere ogni controllo. Si incammina verso di me, con un sorriso malizioso che lascia intendere tutte le cose sporche che vorrebbe farmi. Non è la prima a guardarmi in quel modo provocante da "non sai cosa ti farei" e non sarà di certo l'ultima... Lei però conosce il mio nome, per cui devo averla già incontrata da qualche parte. Impossibile, sono sicuro che di una come lei me ne sarei ricordato... Eppure, quel che ero già pronto a scartare, viene confermato in maniera per nulla discreta da lei che, con un sorriso furbo, mi afferra per il colletto della t-shirt e avvicina i nostri volti, dandomi un bacio infuocato, infilandomi la lingua in bocca senza alcun preavviso. Quando si stacca, riporta quei due occhietti da tigre nei miei, così verdi, ma con striature color del grano. «Marco, come sono felice di rivederti. Sono passati un paio di mesi ormai da quella spettacolare serata, sono così sorpresa che il destino ci abbia fatti rincontrare!» Perlustro rapido i ricordi per capire chi sia, ma niente da fare, un buco nero. Meglio fare lo gnorri, in fondo è una gran bella gnocca, il volo durerà poco più di un'ora e qualche diversivo per ammazzare il tempo è sempre ben accetto. «Ciao, bellezza, in effetti hai ragione, un paio di mesi... Sì... Senti un po', spero di non esserti sembrato sgarbato per non averti salutata subito, non ero certo che fossi tu.» Bravo, continua così, di certo andiamo in buca oggi! «Che gioia, per un attimo ho pensato ti fossi dimenticato di me» afferma, donandomi un labbruccio da bambina. «Sapevo che, anche tu, non avresti potuto scordare facilmente quei favolosi amplessi nel bagno del Les Folies de Pigalle!» Abbassa la voce, diamine! Mi guardo un attimo intorno, per esser certo che non ci abbia sentito nessuno. Il posto accanto al mio è ancora vuoto. Sto per inventare l'ennesima balla, quando ecco che, in un attimo, il ricordo mi investe: la musica, il vino e... la stangona del tavolo tredici, le acrobazie nel bagno, la voglia di non uscire più da là dentro... Ma non ricordo il suo nome, che faccio ora? Pensa, Marco, pensa. Il suo sapore, i suoi gemiti, il suo culo, mamma mia che culo... Ma come accidenti si chiama? Okay, non perderti d'animo, inventati qualcosa, un soprannome. Dannazione, come ho fatto a non pensarci prima: ho trovato la mia via di fuga! «Oh, tigrotta, come potrei non ricordarmi di te? Neanche un'amnesia potrebbe cancellare quelle scene dalla mia testa.» Il colore dei suoi occhi si scurisce, passa una mano fra i capelli e, avvicinandosi al mio lobo, sussurra: «Oh, mio tigrotto, anche quella sera mi hai chiamato così! Potremmo ripetere l'esperienza dopo il decollo. Saremo già in cielo, fra le nuvole, ma potremmo volare ancora più in alto.» Oh, sì! Acconsento con un sorrisetto complice, mentre sento movimenti d'esultanza anche dalle parti basse. Le lancio uno sguardo carico di promesse, mentre lei si allontana per la spiegazione delle manovre in caso di emergenza. Mi siedo, perso in pensieri poco casti, quando scopro di avere una compagna di viaggio: sta già dormendo. Deve essere arrivata mentre parlavo con quella che, più che una tigre, pare una pantera. Sonno pesante la ragazza! Indossa un paio di auricolari, segno che non sentirebbe comunque alcun rumore. Tanto meglio, vorrà dire che non ha sentito nulla sul mio rendez-vous clandestino. Una volta preso quota, mi alzo e, come mi ha suggerito la spilungona, mi dirigo alla toilette. La trovo in compagnia di una sua collega. «Certo, Amélie, vai pure a divertirti, ma ricordati il cartello!» Si allontana, mentre la tigre mi intima di attendere. Che c'è ora? Ci ha ripensato? Si piega sull'ultimo piano del carrello delle vivande, facendomi ammirare il suo formoso fondoschiena. Tira fuori un cartoncino e del nastro adesivo, poi si affretta in direzione del bagno e, con mia sorpresa, lo appende sulla parte esterna della porta. Curioso, mi concentro subito a leggere quanto vi è scritto sopra e non posso che trattenere a stento una risata pensando a quante imprecazioni verranno esclamate sul volo di oggi. Guasto, siamo spiacenti per il disagio. «Così avremo più tempo per divertirci» mi sussurra, tirandomi dentro e facendo scattare la serratura. In men che non si dica, conclude il lavoro iniziato prima del decollo: si slaccia la camicetta bianca e mi fa intravedere l'incavo dei seni che ballonzolano un po' a causa di una leggera turbolenza. Oh sì, tesoro, apriamo le danze!

Conciato per le festeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora