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Ogni mattina Erik si svegliava al solito orario, beveva il suo caffè rigorosamente amaro e si preparava psicologicamente e fisicamente per andare  a lavoro.
Indossava il suo solito giubotto di pelle, prendeva il portafogli e si chiudeva la porta alle spalle. La solita routine.
Erik lavorava in un negozio di elettronica all'interno di un centro commerciale e prendeva l'autobus per arrivarci, fortunatamente fermava a pochi minuti di distanza dal posto di lavoro.
Come ogni mattina Erik doveva avere a che fare con vecchiette alle prime armi con gli smartphone. Avrebbero dovuto dargli un'aumento di stipendio solo per la pazienza che aveva nei loro confronti, e bisogna dire che ce la metteva tutta per non urlare in faccia alla gente. Effettivamente dopo aver spiegato per l'undicesima volta come bisognava accendere il telefono era stressante...e ancora non aveva parlato delle altre funzionalità.
Lehnsherr di per sè aveva un volto da i tratti duri ma allo stesso tempo sexy. Spesso incutevano timore, forse era lo sguardo freddo che aveva oppure il sorriso intimidatorio che ricordava vagamente uno squalo. Comunque sia, Erik, seppur con un espressione normale sul volto, sembrava sempre che volesse uccidere qualcuno, per questo motivo i clienti raramente si avvicinavano per chiedergli informazioni. Anche se spesso i compratori non si avvicinavano perchè trovavano il dipendente Erik lehnsherr con lo sguardo nel negozio di fronte al suo, più precisamente una caffetteria, per questo solitamente era il capo ad interrompere i suoi sogni ad occhi aperti mandandogli i clienti.
Il motivo per cui Erik Lehnsherr teneva gli occhi fissi sulla caffetteria? Semplice. Un'uomo alto all'incirca un metro e settanta, dai capelli castani sempre ordinati e da grandi e dolci occhi azzurri. Il suo nome era Charles, lavorava al bancone delle caffetteria e ogni volta Erik non poteva far a meno di guardarlo.
Prima di cominciare il suo turno a lavoro andava nella caffetteria e prendeva un caffè (il secondo caffè della giornata) e un muffin ai mirtilli. Arrivava poi l'ora di punta dove, dopo aver mangiato un panino, tornava in caffetteria per prendersi un'altro caffè. Stessa cosa accadeva prima di tornarsene a casa. Era diventata quasi un'ossessione vederlo, vedere il suo sorriso sempre genuino...forse era a causa di Charles che era diventato dipendente dal caffè. Oramai non appena lo vedeva sapeva perfettamente cosa fare senza fargli aprire bocca. "Il solito?" domandava gentilmente e con un sorriso. Erik si domandava se avesse mai avuto una paralisi facciale col tutto quel sorridere, lui sicuramente non ci sarebbe mai riuscito, già spaventava di suo i clienti figuriamoci sorridendo.  
Era diventata una routine stare ore a fissarlo e la cosa non era passata inosservata ai suoi colleghi e probabilmente anche ai dipendenti della caffetteria dato che, ogni volta che entrava e usciva da lì, tutti lo fissavano fino a quando non tornava nel suo negozio.

Quel giorno Erik si era svegliato al solito orario, aveva bevuto il suo solito caffè amaro e si era preparato fisicamente e psicologicamente per andare a lavoro. Indossava il suo solito giubbotto di pelle, prendeva le chiavi, si chiudeva la porta alle spalle e aspettava l'autobus che lo avrebbe portato a lavoro. La solita routine.
Quella mattina era indentica a tutte la altre: vecchiette che vogliono sembrare giovani usando i cellulari, bambini che si credono grandi abbastanza da poter usare un tablet e Charles il tipo della caffetteria che gironzolava tra gli scaffali e-
Erik si voltò di scatto verso la figura che apparentemente sembrava il ragazzo che spesso fissava. Strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco la figura. Stava di profilo, carnagione chiara, capelli castani più lunghi del solito. Indossava un pantalone scuro, un maglioncino grigio con sotto una camicia bianca. Si, era proprio lui. Decise di avvicinarsi, quella sarebbe stata l'occasione perfetta per parlargli...e poi si trovava nel negozio in  cui lavorava, poteva dargli una mano a scegliere cosa comprare.
-Posso aiutarla?- chiese e Charles si girò con un sorriso sollevato sul volto.
-Oh si grazie, non ne capisco molto di computer.- disse contento del fatto che qualcuno lo avrebbe aiutato. E che quel qualcuno fosse proprio il tipo che veniva spesso alla caffetteria.
-Certo. Mi dica per che cosa le serve.- disse cercando di capire che tipo di computer dovesse cercare.
-Beh principalmente per un gamer, ecco.- rispose e Erik lo squadrò da capo a piedi. Non sembrava esattamente un tipo da videogiochi.
-Allora i computer da gaming migliori che abbiamo hanno: il Cpu intel i5 o i7, Gpu serie 900, minimo 8 gb di ram e un ssd da  256 gb più hard disk da un terabyte.- disse mostrandogli uno degli ultimi modelli. Dal canto suo Charles, non aveva capito niente di ciò che l'uomo aveva detto. Erik accortosi dello sguardo disorientato del moro si affrettò a spiegare.
-Cpu è un sinonimo di processore, Gpu di scheda video. L'i5 e i7 sono i processori della intel, tra i migliori. Mentre la ram è la memoria.- disse e Charles gli sorrise con gratituine arrossendo leggermente.
-N-non è per me, io non me ne intendo di queste cose...credo si fosse intuito.- disse imbarazzato.
-Leggermente.- rispose Erik divertito dall'imbarazza dell'uomo.
-Ehm...quale sarebbe il prezzo per questo computer.- domandò interessato.
-Ecco...i computer da gaming hanno prezzi abbastanza elevati. Questo verrebbe a fare 1000 sterline.-
-Okay, lo prendo.- disse Charles e quella fu la volta di Erik di guardarlo interrogativo. Non aveva detto di non essere un tipo da videogiochi?
-Ne è sicuro?- domandò preoccupato.
-Certo.- rispose. Si avviarono alla cassa per completare l'acquisto, una volta messa la carta di credito Erik gli consegnò il computer.
-Spero che si trovi bene con l'acquisto fatto.- disse prima che il moro potesse uscire dal negozio.
-Lo spero anch'io.- rispose sorridendo -Ah, io sono Charles. Charles Xavier. Non c'è bisogno di darmi del lei.-
-Erik Lehnsherr.- disse mostrando un sorriso per la prima volta -Posso farti una domanda Charles?- chiese e lui annuì. -Perchè hai preso un computer del genere se hai detto di non esserne il tipo?-  domandò sinceramente curioso.
-Non è per me. Un mio collega, Sean, ha il turno continuo e ha chiesto a me di venirlo a prendere. Mi ha dato la carta di credito e mi ha detto di prendere il migliore.- disse e ad Erik sembrò tutto più chiaro.
-Ora posso farti una domanda io, Erik?- chiese e il biondò annuì. Cosa voleva domandargli?
-Ti andrebbe di uscire con me qualche volta?- chiese con le gote arrossate. Erik rimase immobile a fissarlo con la bocca aperta. Non si aspettava una domanda del genere.
-S-si certo.- si affrettò a rispondere.
-Bene. Dimmi tu quando, tanto sai dove trovarmi.- disse voltandosi per uscire. -Ah...comunque ho notato che mi guardi spesso, non sei stato abbastanza indiscreto.- finì con una punta di divertimento mentre Erik  sorrideva tra il divertito e imbarazzato.
-Allora ci si vede.- disse Erik e Charles annuì prima di andarsene completamente.
Avrebbe dovuto ringraziare quel Sean. Aveva finalmente un'appuntamento con Charles.

Ogni mattina Erik si svegliava al solito orario. Beveva il suo caffè rigorosamente amaro e si preparava psicologicamente e fisicamente per andare a lavoro.
Indossava il suo solito giubotto di pelle, prendeva il portafogli e si chiudeva la porta alle spalle. La solita routine...o almeno così era un tempo.
Ogni mattina Erik si svegliava al solito orario. Beveva il suo caffè zuccherato e si preparava psicologicamente e fisicamente per il lavoro. Preparava qualcosa per colazione, indossava il suo solito giubbotto di pelle, prendeva il portafogli e si chiudeva la porta alle spalle. Tutto ciò senza prima aver dato un bacio sulle labbra del suo compagno e svegliarlo per farlo andare ad insegnare all'università di Oxford.
Non aveva ancora ringraziato Sean per aver chiesto a Charles di andare a prendere al posto suo il computer. Infondo era grazie a lui se erano usciti insieme e convivevano da due anni.

Otto Cherik AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora