Phone Numbers.

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December, 16th.

03:55 p.m.

" Che cosa hai fatto? " sbraitò Calvin al telefono non appena l'amico finì di raccontargli ciò che era accaduto. " Non posso credere che tu gli abbia detto di avere ventun'anni. " continuò. E aveva ragione, Louis lo sapeva bene. Non riusciva ancora a realizzare il fatto che avesse davvero mentito così spudoratamente ad un uomo adulto. Un professore che, tra le altre cose, aveva spiato per mesi, così da poterlo disegnare in svariate occasioni e situazioni.

" Lo so, Cal. Ho fatto una cazzata. " cominciò, e per lui era già tanto. Non era solito ammettere i propri errori: un tratto del suo carattere era proprio il suo essere dannatamente orgoglioso. " Ma cosa avrei dovuto fare? Mi ha colto alla sprovvista. " tentò di giustificarsi.
Calvin sbuffò, roteando gli occhi al cielo con fare teatralmente esasperato, cosa che il coetaneo non poté vedere, ma suscitò comunque in lui un sospiro. Ormai era andata così e non poteva proprio dire la verità ad Harry, o avrebbe fatto la figura dell'idiota.

" Devi dirgli la verità, amico. " aggiunse, ma Louis nemmeno lo lasciò finire. Riattaccò, interruppe quella chiamata e, da seduto quale era, si lasciò cadere disteso sul letto.
Non lo sopportava per niente. O meglio, non tollerava che le persone gli facessero notare dove e quando sbagliava.

Si passò le mani sul viso più volte, massaggiandosi le tempie per scacciare il leggero mal di testa che da almeno quindici minuti aveva cominciato a tormentarlo.
Era sbagliato, ma da quando aveva scambiato quelle parole con Harry, non riusciva proprio a toglierselo dalla testa.

Lanciò un'occhiata all'orario scritto sul telefono e pensò che sì, se avesse fatto in fretta a vestirsi sarebbe riuscito ad arrivare da Starbucks prima di lui, così da non destare troppi sospetti. In quel modo, l'uomo l'avrebbe presa come una semplice coincidenza e lui avrebbe avuto la scusa per parlargli di nuovo.

Saltò letteralmente giù dal letto e si sfilò con velocità la maglietta grigia e i pantaloni della tuta che indossava perché, a detta sua, non erano sufficientemente decenti. Non per quell'occasione, almeno. In intimo si avvicinò dunque all'armadio aperto.
Sfogliò i vestiti come fossero pagine di un libro, fin quando non trovò un maglione nero e dei jeans grigi che pensò fossero adatti. Si era dato una rinfrescata poco prima, perciò li mise e basta, senza preoccuparsi troppo.

Si diresse quindi in bagno. I suoi capelli erano una vera catastrofe, il ciuffo gli ricadeva morbido sulla fronte, dandogli un aspetto ancora più giovanile di quanto fosse di suo. E lui, doveva sembrare grande.
Si ritrovò a dire "pronto" davanti allo specchio con una velocità record, dopo essersi spruzzato qualche goccia di profumo ed essersi sistemato i capelli in una cresta con un po' di gel. Non poi così male, pensò.

Un'ampia manciata di minuti più tardi, si trovava in quel fatidico bar, stesso posto del giorno precedente, con il medesimo caffè in mano. Era impaziente, per qualche motivo. L'orologio appeso al muro, che pareva essere preciso, segnava le 04:59 p.m. e lui fissava insistentemente l'entrata, sussultando ogni volta che la porta si apriva. Poi, finalmente, lo vide. I capelli erano un po' scompigliati, aveva una borsa nera a tracolla, di quelle tipiche da professore, che faceva risaltare la camicia non proprio sobria che indossava. Era bianca, sì, ma con dei fenicotteri rosa stampati sopra. Si ritrovò a sorridere, ma smise subito. Non doveva dare nell'occhio, così abbassò lo sguardo, fingendosi occupato a giocherellare al telefono mentre sorseggiava il suo White Chocolate Mocha con fare del tutto indifferente.

Poi, una voce roca che mai avrebbe scambiato per un'altra, richiamò la sua attenzione, facendolo strozzare con quel liquido.

« Louis, ciao! » esclamò Harry, con un sorriso in viso così grande che Louis si detestò. Avrebbe tanto voluto disegnarlo, in quel momento. Con gli angoli delle labbra tirati all'insù in un modo talmente bello che non era certo fosse legale.
« Oh, Harry, che sorpresa. » mormorò cordialmente, alzandosi per salutarlo. « Bevi qualcosa? » domandò poi, attaccando bottone. Era ovvio che avrebbe bevuto qualcosa, lo faceva sempre. Poi, ripensò al giorno prima, al fatto che se avesse indovinato il suo caffè preferito non sarebbe stato poi così strano. Così tastò la tasca in cerca di qualche spicciolo, e fu sollevato nel trovarne a sufficienza. « Un Vanilla Latte, vero? Offro io. » e con una sporadica necessità di sentirsi adulto, non lo lasciò controbattere, limitandosi invece a fare ciò che aveva detto.

« Ma Louis. Vieni a sederti con me, almeno. » sospirò l'uomo arreso, facendo cenno con lo sguardo verso il suo solito tavolo, che poco dopo raggiunse, seguito dal ragazzo che teneva ora in mano due caffè.
Louis posò entrambi sul tavolino, sistemandosi di fronte al più grande che - già seduto - lo scrutava con un'aria indecifrabile. Avrebbe tanto voluto saper leggere nella mente, in quel momento, così avrebbe potuto capire cosa egli stesse pensando.

« Ti ho disturbato? Stavi parlando con qualcuno? » domandò poi il riccio, suscitando un sorriso da parte dell'altro, che scosse rapidamente la testa.
« No, leggevo alcune mail. » inventò, scrollando le spalle con tranquillità.
« Stavo pensando. Ti va di scambiarci i numeri? » se ne uscì, lasciando il liscio con un'espressione stupita. Avrebbe avuto il numero di un uomo più grande di lui di undici anni. Se solo i suoi genitori lo avessero saputo, gli avrebbero staccato le gambe di sicuro.
« Oh.. sì, certo. » e così fecero. Louis segnò quello di Harry nella propria rubrica e gli inviò un messaggio, così che anche lui potesse salvarlo.

Chiacchierarono tanto, quel pomeriggio. E come il giorno prima, si dimenticarono di consumare subito le proprie bevande ancora calde.
Ma il minore credette di morire quando, dopo aver finalmente finito il suo caffè, si ritrovò due dita dell'altro vicino alle proprie labbra. Il suo sguardo era impassibile, e la bocca schiusa. Gli tolse dei rimasugli di panna dagli angoli e si riportò poi la mano dinanzi al viso, ripulendole appena con la lingua. « Eri un po' sporco, spero non ti dispiaccia se ho fatto io. »

Louis tornò a casa poco più tardi, con una strana sensazione addosso. Si sentiva strano, ed ancora scosso da ciò che aveva fatto il maggiore. Qualcosa che non avrebbe mai fatto, se avesse saputo. Ma come al solito, lui non sapeva.

Si chiuse la porta alle spalle e prese un lungo respiro, sobbalzando quando vide la madre guardarlo con le braccia incrociate al petto, poggiata allo stipite della cucina.

« Dove sei stato, William? » e Louis sbuffò. Quando lo chiamava così, non c'era nulla di buono sotto. Ed ebbe paura, per quale delle tante cose voleva rimproverarlo, ora? E se qualcuno l'avesse visto al bar insieme ad Harold Styles? Deglutì appena, e rispose in un sospiro. « Sono stato da Starbucks con Calvin, mamma. Mi ha aiutato a studiare biologia. » mentì, ancora una volta.
Ma almeno vide i lineamenti della donna farsi più dolci e tranquilli, tanto che annuì, rassegnata. « Avverti, la prossima volta che esci. Sei stato via per ore. »

L'adolescente non rispose, limitandosi invece a salire frettolosamente le scale per raggiungere la propria camera da letto. La madre aveva ragione. Era stato fuori quasi fino all'ora di cena: eppure non si accorgeva del tempo, con Harry.

Ed ironia del destino, appena gli vibrò il cellulare sussultò. Un nuovo messaggio.

New message from: Harold Styles
" Lou? Sono H. x "

Send message to: Harold Styles
" Harry! Ti pensavo. "

Louis sospirò. Ma perché diamine non pensava, prima di fare qualsiasi cosa? Doveva prendere la buona abitudine di contare fino a dieci e solo poi, in un secondo momento, aprire bocca o scrivere. Invece no, era impulsivo. Troppo.

New message from: Harold Styles
" Ah sì? E che pensavi? "

Send message to: Harold Styles
" Che mi ha fatto piacere vederti e vorrei anche succedesse di nuovo, magari. "

Premette inviò, sperando di non essere sembrato troppo invadente, troppo insistente, troppo qualsiasi cosa. Non ricevette risposta, e si stampò una manata in fronte. Doveva stare zitto. Perché non stava zitto?

Send message to: Harold Styles
" H? Ci sei? "

New message from: Harold Styles
" Louis, scusami. Sono uscito ora dalla doccia. "

Il minore deglutì piano. Socchiuse gli occhi e rilesse una seconda volta il messaggio. E davvero, avrebbe tanto voluto non farlo, ma pensò tanto al più grande. In doccia. Pensò a quelle spalle larghe e quelle braccia muscolose. Le immaginò bagnate. Pensò a come doveva essere il suo torace, sicuramente scolpito. E i suoi capelli umidi e profumati, che voleva tanto toccare.

E prima che potesse rendersene conto, una mano era già arrivata al bottone dei suoi pantaloni, che fu ben presto slacciato. Le sue dita finirono nei suoi stessi a boxer, a sfiorare piano la sua erezione con il labbro ancora stretto tra i denti.
La toccò con bramosia, cominciando a muoverla ben presto ad un ritmo impostato, che in quanto adolescente conosceva bene. Ansimò piano, sottovoce, e pensava. Pensava ancora a lui. Lo stava facendo, per lui. Si stava toccando per un professore.

Vanilla Latte ; l.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora