Chicken and fries.

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December, 18th.
08:06 a.m.

La prima cosa che fece Louis appena arrivato a scuola fu sospirare sconfitto. Detestava il lunedì mattina più di qualunque altro momento della settimana, probabilmente come tutti gli altri studenti sulla faccia della terra. Nella sua testa, però, fluttuava una preoccupazione in più. Non aveva più rivolto la parola ad Harry la sera del giorno sedici, dopo essersi toccato pensando a lui, e non lo aveva fatto neppure lungo tutto il diciassette. Se ne era stato semplicemente sul letto a guardare il soffitto. Era davvero possibile invaghirsi così tanto di una persona? All'inizio per lui era tutto un gioco. Imparare le abitudini di uno sconosciuto, osservarlo in vari momenti, cercare di capirne i pensieri. Ma dopo avergli parlato, Louis non riusciva proprio a togliersi dalla testa quella voce calda e quegli occhi maledettamente verdi.

Era la prima volta che si vergognava di una cosa simile: insomma, come avrebbe fatto a guardarlo in faccia ripensando al modo osceno in cui aveva ansimato a causa sua? Era una situazione strana. Ma non poteva continuare ad ignorarlo per sempre. Non era carino da parte sua. Non se non voleva chiudere ogni rapporto con l'uomo più grande. Da quanto aveva capito durante una delle loro discussioni, Harry non lavorava il lunedì mattina: non avrebbe rischiato di disturbare una delle sue lezioni. Così camminò velocemente verso il bagno dei maschi e, una volta essersi accertato che non ci fosse nessuno, si poggiò con la schiena contro il muro, tirando fuori il cellulare dalla tasca degli skinny neri.

Gli mancava tanto, sentirlo parlare. Ma temeva che fosse arrabbiato con lui.

" Pronto? " appena sentì quella voce familiare così tanto roca ed impastata, desiderò prendersi a testate da solo. Stava dormendo, era palese.

" Dio, Harry. " imprecò, mordendosi forte il labbro. " Ti ho svegliato? " continuò, ticchettando nervosamente con le dita sulla propria coscia.

" Tranquillo, Lou " lo interruppe lui, e Louis si ritrovò a sorridere spontaneamente, tanto che fu felice che il riccio non potesse vederlo. La sua espressione gli dava davvero un'aria da ebete.

" Mi dispiace essere sparito. " si scusò mortificato, pensando a cosa dire. " Io non mi sent- " non fece in tempo a finire, perché l'altro coprì di nuovo la sua voce.

" Louis, cos'è questo casino? " chiese curioso e indagatorio. Il minore portò la mano libera al rispettivo orecchio e lo tappo, così da poter sovrastare quella confusione di voci giovani. Era pur sempre a scuola, all'orario d'entrata. Non poteva aspettarsi silenzio.
Il più piccolo tentò di giustificarsi. Disse di trovarsi fuori da una scuola elementare, così la loro conversazione si spostò - per fortuna - rapidamente verso le sorelle minori di Louis, le gemelle Daisy e Phoebe.

La telefonata non durò molto a lungo. Quando la campanella prese a suonare, Louis dovette tossire forte per coprirla e liquidare Harry con incredibile difficoltà. Era felice, comunque. L'uomo lo aveva invitato ad uscire per pranzo, il che era perfetto, poiché ci sarebbe andato subito dopo scuola. Con lo zaino, si sarebbe arrangiato.

[ ... ]

12:11 p.m.

Una volta affrontate quasi tutte le materie, Louis prese posto in uno dei posti in fondo dell'aula di fisica, come d'abitudine, vicino a Niall Horan. Tutti conoscevano Niall. I capelli ossigenati, gli occhi azzurri e la fama di essere il classico figlio di papà. Louis lo aveva conosciuto prima del liceo, durante una sua vacanza in Irlanda. E, fortuna volle, che per lavoro la sua famiglia avesse dovuto trasferirsi in periferia, a Londra. Niall aveva poi insistito tanto, affinché potesse studiare nella stessa scuola dell'amico. Non era bravo ad andare d'accordo con le persone. Così si ritrovarono a scambiarsi messaggi su un quaderno durante gran parte della lezione, sotto lo sguardo esasperato del professore.

- Esco con uno a pranzo.

- Chi?

- Uno più grande.

- Come si chiama? Quanti anni ha?

- Harry. Ventotto.

- Cazzo. Cosa ne pensa lui?

- Di cosa?

- Della tua età.

- Potrei avergli mentito.

E fu allora che Niall tossì, probabilmente strozzato dalla sua saliva, attirando l'attenzione del professor Hastings, che roteò gli occhi irritato, incrociando le braccia al petto.

« Tomlinson, Horan, sarei lieto di sapere l'argomento della vostra discussione tanto movimentata. » iniziò, sorridendo beffardamente mentre si avvicinava ai loro banchi.
« Prego, porgetemi il quaderno. Vediamo un po'. Oh, ma guardate. » sghignazzò, fingendosi davvero interessato a ciò che aveva letto. « Facciamo tutti i complimenti a Tomlinson, che fa conquiste. » e detto ciò, batté le mani.

Il ragazzo strinse i pugni nervosamente, mentre Niall gli teneva una mano sul ginocchio come a voler evitare che l'amico facesse qualcosa di cui potesse successivamente pentirsi amaramente. Non ne valeva di certo la pena, no? Non voleva finire dal preside con lui, rischiando che chiamassero i loro genitori. Si sarebbero messi nei guai.

L'uomo adulto separò i due ragazzi, sistemando il castano non solo al primo banco, ma anche dall'altra parte della classe, suscitando in lui sonori sbuffi, tanti da perderne il conto già dopo pochi minuti. Il tempo sembrava non passare mai, ma appena la campanella suonò, Louis scattò in piedi, uscendo dall'aula prima che chiunque potesse fiatare. Avrebbe visto Harry, a breve. E non poteva davvero più aspettare.
Lasciò lo zaino al suo amico, per non far capire a voi-sapete-chi di aver mentito, ed abbandonò l'istituto con una velocità estasiante, tanto che dopo soli cinque minuti era già uscito dalla via e si trovava indirizzato al luogo dove l'uomo gli aveva dato appuntamento. Si chiedeva se anche lui l'avesse pensato. Se anche lui fosse impaziente.

Poi, poco più tardi, Louis notò l'entrata di una tavola calda. Voleva davvero mangiare lì? Temeva che qualcuno potesse riconoscerlo, e metterlo in difficoltà. Tremava al pensiero, ma non si tirò indietro. Doveva rischiare, desiderava vederlo.
Aprì la porta, e lo individuò subito. Era girato di spalle, ma quei ricci non li avrebbe mai confusi. Lo raggiunse a passo felpato e, una volta dietro di lui, gli coprì gli occhi con le piccole mani, mordendosi il labbro inferiore.

Fu certo di averlo sentito sorridere, e ciò fu confermato dalla voce calda di Harry che si fece sentire dopo pochi istanti.

« Mhm, chissà chi è. » ciò suscitò la risata del più piccolo, che subito andò a sedersi di fronte al riccio. Aveva un'aria tranquilla e serena, e Louis non poteva che esserne più che entusiasta. Adorava vedere quelle sue espressioni.
« Ecco il mio ventunenne preferito. » continuò, ma Louis deglutì piano, limitandosi ad annuire con un sorriso impostato, prima di schiarirsi la voce.
« Allora, tu cosa prendi? » domandò il minore, che con fare curioso stava nel frattempo scrutando il menù. Si leccò piano le labbra alla vista di tutte quelle pietanze scritte, che gli facevano venire l'acquolina, e nel mentre che lo faceva poteva giurare di sentire lo sguardo del castano fisso sul suo viso.
« Purtroppo non sei nel menù, quindi penso che mi accontenterò della fettina di petto di pollo con le patatine fritte. » e Louis morì, morì davvero. Si sentì sciogliere sulla panca su cui era seduto, ma tentò di restare composto. Aveva davvero detto che avrebbe voluto mangiarlo, o se lo era immaginato? Perché avrebbe potuto.

Vanilla Latte ; l.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora