December, 21st.01:19 p.m.
Harry alzò lo sguardo verso il cielo non appena uscì dall'edificio scolastico. Come ogni giovedì il suo turno era finito all'una e quindici, e lui non desiderava altro che poter affondare con la faccia nel cuscino bianco e fresco di camera sua dopo aver fatto una lunga doccia rigenerante. Era piuttosto stanco. Forse ciò era dovuto al fatto che la sera precedente si era coricato piuttosto tardi, solo per rimanere alzato a inviare messaggi a quel ragazzo che aveva conosciuto, quel Louis. O forse, si trattava solo di un'assurda e bizzarra conseguenza.
Fatto sta che, in ogni caso, appena raggiunta la propria abitazione si era affrettato a connettere il cellulare al wi-fi, così da poterlo rintracciare.
Aveva un pensiero che gli ronzava in testa da giorni. Voleva passare del tempo con lui, conoscerlo meglio: per questo quando ebbe inviato un messaggio al ragazzo attese con impazienza che lui rispondesse, ticchettando nervosamente le dita sul bracciolo del divano, dando nevroticamente fastidio a sé stesso.
Certo, forse un "Devo parlarti" non era l'ideale. Generalmente quella era la frase che metteva a dura prova la sanità mentale di chiunque.
Ancora si ricordava quando era sua madre a dirlo a lui: ogni singola volta era un susseguirsi di preghiere ed esami di coscienza.
[ ... ]
03:44 p.m.
Più di due ore. Tanti minuti ed uno, due, tre, infiniti secondi, da quando aveva ricevuto quel messaggio. Poi niente, solo un indirizzo ed un misero orario.
Louis tartassava il suo cervello di interrogativi esistenziali. Era certo che fosse giunta la sua fine, che l'uomo fosse venuto a conoscenza delle sue bugie, che tutto fosse esploso in un'enorme nube di vergogna e rammarico che l'avrebbe costretto a non uscire più di casa. Voleva vederlo di persona. Harry, di punto in bianco, doveva parlargli a quattr'occhi. Era chiaro, insomma. Era ovvio che sapesse tutto.
Mancavano circa quindici minuti alle quattro, era in ritardo, indossava ancora l'insulso maglioncino grigio che per qualche malsana ragione sua madre riteneva fosse l'ideale per andare a scuola, e aveva altre cento cose da fare. Lavarsi, sistemarsi i capelli, preparare una lunga lista di insulti da rivolgere a sé stesso nel momento in cui Harry gli avrebbe vuotato il sacco. Era troppo da sostenere.
Tuttavia, dovette far appello a tutta la buona volontà che aveva per sostituire quell'indumento con una felpa pesante nera, che l'avrebbe altrettanto protetto dal pungente freddo londinese; spazzolarsi i denti; ravvivare il ciuffo con un po' di cera e bla, bla, bla. Era pronto, comunque. In ritardo di sette minuti, ma pronto.
" Sei in ritardo, Louis. " la voce roca gli colpì le spalle così forte che ebbe paura di inciampare sulla sua stessa ansia e finire a terra.
Deglutì piano, restando immobile ancora per qualche secondo prima di voltare lentamente il viso.
" Sono mortificato, Harry. Mi dispiace davvero tanto. " balbettò il più piccolo, fissando i propri piedi con un profondo senso di non appartenenza a quel mondo: avrebbe infinitamente voluto sparire in quel preciso istante.
" Non dire nulla. Lo so già. " sputò fuori agitato, gesticolando con fare confusionario. " Avrei dovuto dirtelo, sono una persona terribile. "
" Cosa? Lou, rilassati. Scherzavo. " ridacchiò stranito il riccio. " Non ha importanza questo piccolo ritardo. Sono appena arrivato. "
Louis schiuse le labbra, fissando gli occhi del maggiore con una strana espressione in volto. Improvvisamente quella voce cupa e rauca gli era suonata limpida e scherzosa.
" Allora tu, cosa.. " il timbro acuto del minore fu interrotto.
" Volevo chiederti una cosa, ecco. " il maggiore prese un lungo respiro, prima di continuare la frase. " È un po' che ci penso. "
" Ti ascolto. " lo incoraggiò il ragazzo dagli occhi blu, ormai divorato dalla curiosità di sapere cosa avesse ritenuto così importante da doverlo vedere di persona.
" Ogni anno, quando ho le ferie di Natale, le passo a casa dei miei genitori. " cominciò, passandosi una delle grandi mani fra i corti boccoli castani.
" Il ventitrè fanno sempre un concerto, in un piccolo teatro vicino alla città in cui sono nato. Generalmente è un tributo ad un grande artista. " proseguì, suscitando ancora più interesse da parte di Louis, che non ne poteva più e non faceva che pensare a quanto fosse lento il ragazzo nel arrivare al punto: persino la sua voce, che già era fin troppo pacata di suo, gli sembrava estenuante.
" Quest'anno i miei genitori non ci sono, sono via per il matrimonio di un'amica di mia madre. In Australia. " si mordicchiò le labbra screpolate e poi parlò tutto d'un fiato. " Lo spettacolo sarà in onore di David Bowie. Vieni con me. Partiamo stanotte, dormiamo nella mia vecchia casa e torniamo la sera della vigilia. Così potrai pass- " Louis lo zittì, portando una mano sulla sua bocca e tappandola, prima di annuire semplicemente, tante volte, con un sorriso sulle labbra.
" Harry, sei sicuro di questo? Mi conosci appena. " mormorò il giovane, al quale la situazione sembrava forse troppo bella per poterci credere.
" Sto bene in tua compagnia. " si giustificò Harry, dopo aver scostato la mano del più piccolo - che nel frattempo aveva estratto dalla tasca dei propri jeans attillati e neri il pacchetto di sigarette - dalla propria bocca.
Egli ne prese una, accendendola e portandosela alle labbra fini e rosee che il ventisettenne prese la briga di osservare interessato.
Forse Louis ci mise un'eccessiva enfasi, nel leccarsi il labbro inferiore dopo il primo lungo tiro, come a voler a tutti costi ricercare il sapore di quest'ultimo su di esso.
" Non ti hanno mai detto che fumare fa male? " borbottò Harry rocamente, facendo un passo verso di lui e sporgendo la mano verso la sigaretta, come a volergliela togliere di bocca, mentre lui imperterrito continuava.
" E il sesso fa bene perché brucia le calorie eppure, purtroppo, non lo stiamo facendo. Dunque forse conviene lasciare a Socrate l'etica del bene e del male. " sussurrò il più basso in risposta, approfittando di quella vicinanza per fare un ultimo tiro e soffiare il fumo contro le labbra carnose del riccio, pericolosamente vicine alle proprie - lasciando quest'ultimo con un indescrivibile amaro in bocca.
to be continued
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Vanilla Latte ; l.s.
FanfictionHarry Styles, ventotto anni ed una laurea in lettere insegna letteratura presso il college Goldsmiths di Londra. E Louis Tomlinson, diciassette anni ed un metro e settantaquattro di pura omosessualità, non può farsi scappare l'opportunità di conosc...