Artie

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Artie sorrise. "piacere di conoscerla" disse stringendo la mano a mia madre e a mio padre, che li raggiunse poco dopo.

Era molto magro, aveva i capelli corti e castani e indossava una camicia bianca sotto al gilet, con dei pantaloni marroni. Portava degli spessi occhiali, con la montatura nera, ma era impossibile ignorare gli occhi azzurri nascosti dietro di essi. Sua madre non era molto alta. Aveva i capelli castani, più scuri di quelli del figlio, che le arrivavano alle spalle. Portava una camicia viola e dei pantaloni neri.

Mia madre sfoggiò il sorriso migliore che riuscì a trovare: per lei il rapporto con i vicini era sempre stato importantissimo, sin da prima che io nascessi.

"Salve, io sono Judy, lui è mio marito Russel e questa è mia figlia Quinn" disse indicando prima mio padre e poi me, che ero rimasta sulle scale da quando mia madre aveva aperto la porta.

Sorrisi e arrivai davanti alla porta, stringendo la mano prima alla madre e poi ad Artie

"Entrate, prego" disse mia madre, facendo un gesto con la mano e tenendo aperta la porta per loro.

"Questo è solo un pensiero" disse la signora Abrams indicando la teglia "Abbiamo pensato che potesse farvi piacere"

"Oh, Non dovevate distrurbarvi!" rispose mia madre prendendo la teglia e posandola sul tavolo, "Volete accomodarvi?" disse indicando il divano.

"No grazie, siamo solo venuti a salutare" rispose la madre di Artie declinando l'invito

"Lasciate almeno che vi mostri la casa, da questa parte" disse avviandosi verso le scale e poi bloccandosi di colpo, mostrando un po' di imbarazzo

Artie e la madre capirono al volo e si guardarono.

"Stia tranquilla, posso aspettare qui" disse Artie con un sorriso. Non c'era nessuna traccia di commiserazione o tristezza nel suo sguardo e nel suo tono di voce, era chiaro che era abituato a situazioni del genere

"Oh... ecco.. certo.. Quinn! Perché non rimani con Artie mentre mostro la casa alla signora Abrams?" Disse mia madre lanciandomi uno sguardo supplicante.

Annuii e sorrisi. Mia madre cominciò a salire le scale seguita dalla madre di Artie e mio padre, che fino a quel momento aveva solo sorriso e annuito. Era un tipo timido, di poche parole.

"Allora, verrai al liceo McKinley?" disse Artie che si era allontanato dalle scale e ora stava in soggiorno, accanto al divano

"Sì, inizio lunedì" risposi sedendomi sulla poltrona di fronte a lui "tu vai lì vero?"

Artie annuì, e la sala piombò in un imbarazzante silenzio. Artie si guardò un po' in giro, bloccò la sedia a rotelle e poi spostò ancora lo sguardo su di me prima di sorridere

"Hai qualche consiglio da darmi?" chiesi ricambiando il sorriso

"Stai attenta alla reputazione" disse lui tornando serio. "In quella scuola le classi sociali sono importantissime e duramente delineate" disse

"Cosa intendi con duramente delineate?" Chiesi perplessa.

"Gli sfigati sono sfigati, i popolari sono popolari, e poi ci sono quelli nel mezzo della scala sociale, che non sono abbastanza popolari, ma sono comunque abbastanza fortunati da non essere giudicati sfigati"

"E chi decide queste classi?" Chiesi incuriosita.

"Beh, ecco... Una persona lo ha scritto in faccia, sai, se sei uno sfigato si nota..." Disse lui lasciando la frase in sospeso e guardando in basso, come a voler dire "Indovina in che classe sono finito io"

Glee- Sweet sixteenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora