Segnalazione

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Io,Sayali B2f4l16dà5s, figlia di nostra madre terra, sorella dei coloni su Centauri e attuale coordinatrice, mi dichiaro onorata di essere stata prescelta dai rappresentanti in carica e dai tecnici su Centauri. In nome del popolo terrestre, e di tutti gli umanoidi al lavoro su Protervion, giuro solennemente di condurre a termine la missione assegnatami, con tutte le mie forze e con ogni mezzo disponibile.

Riconoscimento avvenuto. Prego Sayali, proceda.

Vorrei sottolineare la tenera età dei tre fratellini accusati di aver intralciato le operazioni di sbarco. Questa è la prima volta che ricevono una segnalazione. Pare che il dirigente medico si sia risentito più per le offese verbali che per le azioni di sbarramento e intralcio alle manovre di consegna. Sulle pareti laterali dei tunnel vi sono delle cinghie di trasmissione che fungono da corrimano. Aggrappandosi a queste si viene trasportati in avanti, fino a volare quasi, data la minore forza di gravità. Le pulegge motrici sono attivabili con strappi consecutivi delle cinghie stesse: se vengono strattonate in senso opposto si ottiene la frenata, l’arresto e successivamente la rotazione contraria. Ayran, Boza e Salep sono stati accusati di avere tirato le fettucce in direzione opposta a quella del personale sanitario, ostacolando e limitando la velocità delle operazioni in essere. Inoltre, facendo capolino dai condotti collaterali sputavano e facevano i loro bisogni evacuativi addosso al personale in colonna. Ridevano come dei forsennati mentre scappavano, subito dopo averli schizzati. La scena era caratterizzata da contrasti netti e dettagliati: tre guerriglieri vietcong dalle fattezze di indios yanomami, mezzi nudi, gracili e dalle carni tenere, in contrapposizione a palombari inscatolati, impacciati e cromati come dei robot transformer. Luridi i primi, lucidi i secondi, rispettivamente. Credo di affermare una banalità dicendo che per loro si trattava di un gioco. Un gioco tipo il baseball, la cui origine ha a che fare con Davide e Golia. L’adulto è armato, corazzato, mentre il giovane inerme deve scagliare la pietra. Se ha buona mira, il giovane può salvarsi. E salvare l’intera sua squadra, tutto il suo popolo, perfino.

Ritengo che si aspettassero qualcosina di più, oltre alle imprecazioni. “Fottiti!” avrebbero risposto. Volevano, credo, che qualcuno si prestasse al loro gioco. O almeno che un corazziere si staccasse dal gruppo e interpretasse l’uomo nero, per spaventarli nel ruolo del cattivone assassino. Avrebbero scagliato oggetti contundenti più micidiali se li avessero avuti a portata di mano. Non erano evidentemente interessati né all’epidemia in corso né allo sbarco imminente. Avrebbero dovuto? Nessuno si era mai interessato a loro, perché avrebbero dovuto interessarsi agli altri? Vivevano tra cavi e condotti, come clandestini; si alimentavano con quello che racimolavano in giro suscitando la pietà degli altri coloni. Quando andava bene erano considerati alla stregua di mascotte, solitamente venivano trattati da cavie. Non avendo mai posseduto un codice di identificazione personale non potevano usufruire dei servizi essenziali. Certo pare strano che non si siano ancora ammalati. Avrebbero dovuto essere i primi a farlo. O, almeno, c’era da aspettarselo. Se non ci fosse lo stato d’emergenza in corso, sarebbero partite sequenze multiple di indagini epigenetiche. Con buona probabilità il dirigente medico che li ha inviati alla camera di decompressione aveva in mente di utilizzare gli scafandri di coloro che fossero rimasti a bordo, ricodificandoli per i tre fratelli. Il mio sarebbe disponibile da subito. Se l’elaboratore centrale fosse d’accordo, naturalmente.

Non mi resta molto da vivere, oramai, e penso che in questo modo potrei rimediare al fatto di essermi occupata poco dei miei tre nipotini. So che dovrebbero essere i nipotini di tutti noi coloni su Protervion, ma c’è qualcosa in più che mi lega a loro tre in modo particolare. Sono i tre figli di mia figlia. La gemella sopravvissuta. All’epoca portai avanti una gravidanza gemellare pur sapendo che solo un embrione aveva attecchito. Avrei dovuto partorire un unico figlio maschio, questo era il progetto gestazionale. Il destino volle che a fianco si sviluppasse un’altra vita, verosimilmente frutto della relazione amorosa che intrattenevo a quei tempi con un amico biologo che si occupava di colture idroponiche e distillazione di sostanze derivate dalla fermentazione delle stesse. Il maschio non nacque mai. Cannibalizzato in utero. Degenerato e atrofizzato dalla dea kali adiacente. Come un’idrovora a turbina elettromagnetica, quella gli ha sottratto qualsiasi energia, gli ha succhiato ogni sostanza nutritizia. Dopo la sua nascita non ho potuto accudirla come le mamme facevano un tempo, ma tra noi due c’è sempre stata una relazione particolare, nonostante non ci assomigliassimo per niente. Lei è la capostipite di una nuova generazione di esseri nati nello spazio e non da embrioni concepiti sulla terra

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