Come un dolore nelle ossa lo appesantiva, rendendo il comfort e la familiarità della strada non più così confortevoli e familiari. Si sentiva frammentato, come se avesse lasciato pezzi di sé nelle città che attraversava, ma era sicuro che tutti quei pezzi fossero tornati a Seoul. Come una calamita veniva attirato lì, per trovare quei pezzi mancanti.
E come un ribelle, fuggì nella direzione opposta.
Questa non è ribellione, Hoseok, disse la sua voce interiore, quella che sembrava sua madre. Questa è paura.
ʻʻNon mi controlli,ʼʼ disse Hoseok ad alta voce, anche se non stava parlando con la voce di sua madre. ʻʻNessuno mi controlla.ʼʼ
Hoseok amava la strada. Amava viaggiare. Amava la libertà di andare dove voleva, quando voleva. Non cʼera nessuno che gli diceva di smetterla. Nessuno che gli diceva di sistemarsi.
Nessuno e niente poteva controllare Hoseok. Nemmeno la sua biologia.
Era bravo a proteggersi. Lo faceva da molto tempo.
Ma lo faceva da così tanto, e così bene, che non sapeva più come smettere.
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ʻʻSei un ballerino piuttosto bravo, lo sai.ʼʼ
Hoseok sorrise.
ʻʻPer essere un beta.ʼʼ
Il sorriso di Hoseok cessò.
La sua mente lo segnò come la quattrocentoventesima iterazione di per essere solo un beta che era stato costretto a sentire, costretto ad ascoltare, dalla sua presentazione.
