Chapter 2

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Trasformazione

Felix P.O.V.
Tornai a casa.
Erano da poco passate le 20:00.
Mio padre, appena mi vide, mi venne in contro.
«Ehi, come ti senti?» Mi chiese.
«Credo bene...»
«D'accordo, se credi di stare male prima dell'ora della trasformazione, dimmelo, ok?»
«Sì, va bene.»

Odiavo le notti di luna piena.
Il dolore era la cosa che mi spaventava di più, ogni volta.

Andai in camera mia ad ascoltarmi un po' di musica per alleviare l'ansia.

Verso le 22:30 Dylan mi inviò un messaggio:
Dylan: «Buona fortuna per sta sera.»
Felix: «Grazie, non vedo l'ora di riuscire a controllarmi, già non sopporto più queste trasformazioni.»
Dylan: «Vorrei esserti d'aiuto...»
Felix: «Purtroppo è una cosa che devo fare da solo.»
Dylan: «Già... ancora buona fortuna, ci vediamo domani.»
Felix: «Grazie, a domani.»

Continuai ad ascoltare la musica cercando di non pensare a quello che mi aspettava. La musica riusciva a calmarmi, a rendermi felice e a non farmi sentire solo, era una parte fondamentale della mia vita.
Mi era capitato di leggere da qualche parte che quando cerchi le parole giuste inciampi sempre in una canzone, ed era vero. Molte volte le melodie che ascoltavo descrivevano esattamentete quello che provavo nel profondo.

A mezzanotte mio padre bussò alla porta della mia camera, entrando.
«Sei pronto?»
Annuii e mi tolsi le cuffiette.

Lo seguii fuori casa, diretti al posto dove abitualmente, tre giorni al mese, mi trasformavo.

Arrivammo nella modesta baita in mezzo al bosco dove, così mi avevano raccontato, per un certo periodo aveva abitato mia madre.

Entrammo, il soggiorno era occupato solo da un logoro divano. L'intenso odore del legno mi entrò subito nelle narici.
Raggiungemmo il vuoto seminterrato, composto letteralmente solo da quattro pareti. Una di queste mostrava enormi segni di graffi, i miei graffi.

Era quasi mezzanotte e mezza. Mio padre mi aveva spiegato che per far sì che la trasformazione fosse possibile, era necessario avere sul proprio corpo un "passaggio" per far filtrare i raggi della luna. Quel passaggio erano i morsi (o i graffi) che avevano permesso la trasformazione. I nati-licantropi, come me, al momento della prima trasformazione dovevano essere morsi o graffiati dallo stesso licantropo che aveva trasformato almeno uno dei due genitori. Marty, ad esempio, mi aveva fatto un graffio sulla spalla, come quello di mio padre.

Proprio in quel momento la ferita cominciò a prudere fastidiosamente. Papà guardò l'orologio.
«Ci siamo.»

Ora il graffio bruciava, procurandomi parecchio dolore. Sentivo che il bruciore si estendeva in tutto il corpo. Sigillai la mascella per non urlare e strinsi i pugni più forte che potevo.

Sentii ogni osso spezzarsi, per poi riformarsi dolorosamente. Quella era di sicuro la parte peggiore della trasformazione.
Gli artigli cominciarono a formarsi, ferendomi i palmi delle mani, questo perché tenevo ancora i pugni serrati. Sentivo che anche i canini si allungavano, insieme ai peli in tutto il corpo e alle orecchie. I miei occhi cambiarono, ora erano di un giallo acceso e luminoso.

L'ultima cosa che vidi fu mio padre, sembrava così calmo, probabilmente vedere qualcuno trasformarsi non era una novità per lui.

Ryan P.O.V.
La mutazione si era completata.

Felix teneva la testa bassa e ansimava. Vedevo il sangue colare dai palmi fino alla punta delle sue dita, per poi cadere a terra una goccia alla volta.

Alzò lo sguardo verso di me.
Era quasi irriconoscibile, dimostrava molto più dell'età che aveva, questo perché i peli sulla faccia gli contornavano le guance e il mento, come una barba.

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