Ch. 2

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Le piccole lucine colorate illuminavano tutta la piazza, tanto che il centro della cittadina sembrava essere diventato il cortile dei Turner durante il periodo natalizio. L'unica giornata dell'anno in cui Silverstone si risvegliava era il giorno della fiera, in cui si festeggiava il giorno dell'indipendenza della città e la fine della guerra civile. Per questa occasione tutti i cittadini si tiravano a lucido e ciascuno si impegnava nel suo piccolo per rendere speciale questo avvenimento: venivano ridipinte le staccionate delle case, aggiunti i fiori nelle aiuole, messi tavoli e giostre nella piazza principale. Le signore della zona non uscivano di casa per i due giorni precedenti per stare ai fornelli e preparare tutte le specialità che venivano servite la sera durante i festeggiamenti. Mia madre e sua sorella preparavano ogni anno la ricetta segreta della crostata di more di mia nonna, che finiva sempre in un battibaleno, essendo la portata più attesa da tutti. Mia madre era una delle cuoche più brave della contea e fin da bambina teneva un ricettario con tutti i suoi esperimenti culinari, come il suo stravagante ma delizioso polpettone con il formaggio e le ricette di famiglia, tramandate di madre in figlia per centinaia d'anni e che lei a sua volta avrebbe tramandato a Lucy, mia sorella minore.

Fu così quindi che quando attraversai la piazza dirigendomi alla ruota panoramica con Adaline, la ragazza più bella su cui avessi mai posato il mio sguardo, non contarono più tutte le volte in cui ero già stato a quella fiera, perché mi sembrò tutto diverso, nuovo, limpido. Questo è quello che avrebbe sempre fatto: farmi vedere il mondo con occhi nuovi, da una prospettiva diversa, ma questo ancora non lo sapevo, l'avrei capito solo dopo moltissimi anni.

"Allora come mai una ragazza particolare come te è venuta a vivere in un posto banale come questo?" chiesi curioso camminando fianco a fianco a lei. 

"In effetti non è che io abbia avuto molta scelta, mio padre non stava più bene in Europa, ha deciso di portarci tutti qui e una ragazza di vent'anni non sarebbe mai potuta stare a distanza oltre oceano dai suoi genitori, sarebbe stato inaccettabile, soprattutto per la mia famiglia. Loro sono molto.. protettivi, mi vogliono un gran bene, ma non credo riusciranno mai a capirmi, non sono come me. Loro sono sempre stati perfetti cittadini, impeccabili in tutto e io vorrei solo poter essere me stessa senza badare a quello che pensano gli altri." sorrise rassegnata e mi guardò. 

"Anche tu mi sembri una perfetta cittadina." ridacchiai guardando il suo vestito impeccabile, le scarpe dello stesso colore e i capelli pettinati perfettamente. 

"Ma questa non sono io." esclamò quasi delusa dal fatto che io non riuscissi a vederla dal suo punto di vista. 

"E come sei tu allora?" Per tutta risposta lei mi fece un sorriso indecifrabile e si sedette sul sedile della ruota panoramica. Consegnai il biglietto al giostraio e mi sedetti accanto a lei, provando una strana sensazione allo stomaco quando le nostre mani si sfiorarono. La scostai immediatamente e guardai dall'altra parte rispetto a dove si trovava lei imbarazzato, non parlammo più finché la ruota non si mosse e cominciamo ad alzarci. Poi d'un tratto si girò di scatto verso di me con uno sguardo cupo in viso e inaspettatamente mi chiese come l'avrei descritta usando soltanto un aggettivo.

"Diciamo che mi servirebbe un altro appuntamento per conoscerti meglio." esclamai innocentemente. 

"Quindi ora è un appuntamento?" 

Dalla mia bocca uscirono dei suoni confusi che non sarebbero mai potuti sembrare delle parole concrete e la richiusi, nuovamente imbarazzato. 

"Ti stavo solo stuzzicando un po'. Sai ti vedo ogni tanto la sera, poggiato sul davanzale della finestra ad osservarmi. Potresti unirti a me qualche volta, guardare le stelle è una cosa molto piacevole, anche se qui da voi se ne vedono molte meno rispetto alla mia vecchia casa. Quando sarò più grande andrò ad abitare in un posto da cui si vedono le stelle, moltissime, con tutte le loro sfumature. Dovrà essere un posto solitario, con un panorama bellissimo, in cui poter dipingere en-plein-air." disse con un buffo accento francese, interrompendo quello che pensai fosse più un monologo per convincere se stessa, più che una spiegazione per me. 

"Sembra un posto in cui arrivare e da cui non andarsene mai più." immaginai osservando i lineamenti del suo viso. Soprattutto perché ci sarebbe stata lei, pensai. Eravamo nel punto più alto della ruota e la corsa si era arrestata un momento per lasciarci ammirare meglio la vista, opera di Mike immaginai, un mio amico che gestiva le giostre. Guardai in basso e vidi Mike farmi un cenno di intesa e gli sorrisi ringraziandolo. Adaline aveva la testa piegata verso l'alto e osservava il cielo, una cosa che sarebbe piaciuta fare anche a me, se fossi riuscito a staccare gli occhi da quella meraviglia seduta affianco a me. D'un tratto un sorriso si aprì sul suo volto, uno di quelli in cui non sai se sorride di più la bocca o gli occhi. 

"Allora verrai a vedere le stelle con me?" chiese speranzosa e prima che riuscissi a fermare le mie labbra loro risposero per me, "Con te verrei ovunque."

Mentre mi maledivo per la mia risposta pensando che sarei sembrato disperato o pazzo, inaspettatamente lei voltò la testa per trovarsi direttamente di fronte a me, "Lo prometti?"

"Lo prometto." dissi sinceramente, lei smise di sorridere e si avvicinò lentamente al mio viso e mi lasciò un bacio sulla guancia, che non fece altro che aumentare quella sensazione nel mio stomaco. Si ritrasse lentamente tornando al suo posto e continuando a guardarmi negli occhi con aria seria, mentre la ruota ricominciava pigramente a girare, restammo a studiarci in silenzio per il resto della corsa e infine ci ritrovammo a terra. 

Mi trascinò in una delle cabine per fare le foto e visto che lo spazio era piccolo lei si sedette su di me e cominciò a fare delle facce buffe che mi fecero ridere e cominciai anche io. Uscì per prendere le piccole fototessere in bianco e nero, sorridendo soddisfatta le mise al sicuro in tasca. 

"Aspetta ne voglio una anche io!" protestai e lei mi fece scherzosamente la lingua voltandosi.

"Allora, cosa ti va di fare adesso?" chiese gentilmente, squadrando con lo sguardo i dintorni, ma nonostante le numerose attività da fare io volevo solo baciare quella ragazza, un impulso che si era impossessato di me da quando mi aveva dato quel bacio e che ora non voleva più andarsene. 

Alla fine optammo per andare agli autoscontri, e se pensavo che la serata non potesse andare meglio di così, mi ricredetti quando lei cominciò a ridere ogni volta che le nostre due auto si scontravano. Era davvero la ragazza più bella della fiera, lo era quando buttava indietro la testa quando rideva, quando si scusava per essersi scontrata con qualcuno che non ero io per sbaglio, lo era e basta, perché quella non certo una di quelle bellezze causate dal trucco o dai vestiti costosi. La sua era la bellezza tipica di chi sogna ed è in pace con il mondo perché sa che alla fine le cose si aggiusteranno. La bellezza di chi crede ancora nelle favole, nell'amore a prima vista e nel lieto fine. La bellezza di chi è felice e non sa perché e questo lo fa sentire un po' in colpa. La bellezza di chi soffre spesso per essere quello che è e chiede scusa per questo. La bellezza di  chi vuole solo essere se stesso.

NORTH STARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora