Capitolo 4

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<< Tieni.>> disse a debita distanza da me.
<< Cos'è? >> chiesi osservando il libro che aveva in mano. La copertina verde acido mi sembrava famigliare.

<< È tuo. >> disse porgendomi il libro.
Lo presi aprendolo, sulla prima pagina a sinistra c'era una scritto un nome con una pessima calligrafia in blu.
Mariel Stafford.

Non appena alzai lo sguardo per ringraziare il ragazzo lui era già sparito, il corridoio era deserto fatta eccezione per me.

Mi ripresi, ricordandomi che sarei dovuta entrare in classe prima che fosse troppo tardi.

Riposi il libro di letteratura nello zaino e bussai alla porta.

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<< Ma esattamente lui che ci faceva con il tuo libro di letteratura? >> chiese Jade accendendosi una sigaretta.
<< Non ne ho idea. >> risposi, pensando a come potesse averlo trovato.
Ne ero sicura prima dell'inizio delle lezioni lo avevo messo dentro il mio armadietto.

<<Comunque con quel idiota che hai intenzione di fare? >> cambiò argomento Jade.
<< Se ti riferisci ad Alexander, non lo so con certezza, penso che oggi andrò a casa sua per aiutarlo...>>

<< Seh aiutarlo, come no... >> disse buttando il fumo dalla bocca.
<< Non capisco perché fai così! >> sbottai all'improvviso fermandomi.

<< Che? >> mi chiese accigliata.
<< Perché ti dà così fastidio l'idea che io esca con lui? Ma che dico esca, tu impazzisci semplicemente se ci parlo, vai in escandescenza se solo mi saluta. Cos'è ti piace e non ti va che tra noi possa nascere qualcosa? >> chiesi isterica, fermandomi in mezzo alla strada.

Mi guardo per un'attimo.
Nei sui occhi c'era qualcosa di strano, come lo sguardo di un giovane ragazzo che osserva riluttante la porta aperta di un treno, insicuro se rimanere nel suo dolce nido, o partire alla scoperta del cielo.

<< Fa come ti pare. >> disse alla fine, buttando la sigaretta per terra.

La guardai sbalordita, mentre si allontanava con lo zaino in spalla, lasciandomi sola come un ebete, in mezzo alla strada.

<< Stronza. >> dissi tra me e me, incamminandomi verso casa.

Come al solito, le strade erano deserte, e il vento era leggermente meno forte di questa mattina.

<< Sono a casa. >> urlai, buttando lo zaino vicino alla porta e salendo in camera mia.

Guardai l'orario erano le 4:47 P.M. e dovevo sbrigarmi se volevo arrivare in tempo a casa di Alexander, per le cinque.

Mi guardai allo specchio, ero indecisa se cambiarmi o meno.
Presi il lucidalabbra rosa sul comodino, e ne misi un po' e cercando di sistemarmi i capelli come meglio potevo.
Okey, così potevo andare bene.

Scesi in cucina e apri il frigo, cercando qualcosa da mangiare, lo richiusi poco dopo e apri lo scaffale prendendo una brioche, la mangiai velocemente e andai in bagno a lavarmi i denti.

Mi guardai un ultima volta allo specchio.

<< Mariel. >> disse mia madre da dietro la porta.
<< Entra pure. >> le risposi uscendo dal bagno.
<< Dove stai andando? >> domandò seguendomi in salotto.
Mi fermai davanti alla porta d'ingresso sistemandomi la lunga color sciarpa lilla violetto.
<< Sto andando ad aiutare un amica in letteratura. >> dissi impegnata a legare la sciarpa al collo, in modo che non fosse ne troppo stretta da soffocarmi, ne troppo larga da far penetrare il vento.

Sin da piccola ho odiato le sciarpe, le magliette a collo alto e qualsiasi cosa che mi stringesse anche leggermente il collo.
Ma nelle giornate come quella di oggi c'era molto vento, e quindi dovevo metterle per forza, se non volevo rischiare di prendermi una polmonite.

<< Tu che aiuti qualcuno in letteratura? Non mi sembra proprio il caso. >> disse mia madre avvicinandosi a me per sistemarmi la sciarpa.
<< A malapena riesci a prendere la sufficienza tu, figuriamoci a dare ripetizioni. >>

<< Oh mamma, stai ferma faccio da sola, e poi evidentemente se me l'hanno chiesto vorrà dire che non sono che non sono così negata. >> dissi aprendo la porta con una mano e sistemando la sciarpa con l'altra.

Uscì velocemente, prima che mia madre potesse mettermi di nuovo le mani addosso.
Il cielo era di un grigio scuro, a causa dei nuvoloni carichi di pioggia, che sarebbe caduta da lì a poco.

Mi incamminai verso casa di Alexander, con passo svelto, mentre di tanto in tanto nella strada accanto a me passava qualche macchina.
Ripensai a Jade e a come si fosse comportata sta mattina.
Dovevo forse preoccuparmi o era una delle sue solite sfuriate senza motivo.

Camminavo immersa nei miei pensiari quando senti il passo di qualcuno dietro di me.
Mi girai di sfuggita a controllare, camminando sempre più veloce.
Non c'era nessuno.

Erano le 5 del pomeriggio, ma era già buio, e la luce soffusa dei lampioni contributiva a creare un atmosfera spettrale.

A un certo punto mi ritrovai quasi a correre.
Intravidi la casa di Alexander, alla fine dalla via, e proprio quando l'ansia che mi assaliva da quando avevo udito il rumore dei passi aveva iniziato a diminuire, senti un altro strano rumore.

Sta volta non mi girai, sicura che non c'era nulla da preoccuparsi, che era solo la mia testa che mi creava questi brutti scherzi.

Quando all'improvviso qualcosa mi colpi violentemente, scaraventandomi a terra nel centro della strada.

Una fitta mi pervade tutto  il busto.
Cercai di mettermi seduta, ma avevo la vista annebbiata e la testa mi girava.

Guardai davanti a me, due figure scure, indefinito lievitavano nel cielo, spostandosi da una parte all'altra,  come in un curioso ballo .

Mi alzai, temendo di essere investita da lì a poco e mi spostai sul marciapiede, mentre tenevo la testa alta, gli occhi puntati verso le due macchie nere sul cielo grigio.

Nonostante mi girasse la testa le figure sopra di me mi apparivano sempre più nitide.

Non riuscivo a credere a quello che stavo vedendo, mi manco il respiro.

Barcollai, cadendo a terra.
<< Non è possibile>> sussurai con un nodo alla gola.

Una luce bianca esplose poi nel cielo, proprio dove stavano le due figure.

Rimasi imbambolata li a terra, senza riuscire a muovermi, terrorizzata, finché una mano non mi strinse la spalla buona, mi girai di scatto.

Riconobbi due occhi blu, prima che una scarica elletrica mi attraverso il corpo, facendomi mancare, mentre tutto attorno a me girava.

Ricaddi a terra, priva di sensi.



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