5: L'Ospedale (Pt.1)

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Hai visto che facce? Proprio non se l'aspettavano!" dice Zeb divertito mentre fa partire la sirena.
"A dire il vero non ho potuto vedere niente perché quest'ambulanza non ha molti finestrini..."
"Non hai idea di cosa ti sei perso! Dovevi vederle!" risponde lui euforico.
"Non ne dubito" dico io di rimando tentando di immaginarmi la scena.

Dopo aver immaginato le loro espressioni di stupore e sorpresa in un modo alquanto grottesco, mi siedo su un sedile accanto alla barella, probabilmente dove prendono posto gli infermieri, e continuo a fissare la ragazza. Come avevano detto che si chiama? Ah si! Jenny!

Bene mia cara Jenny, mi dispiace per te... ma da oggi tu e il tuo branco appartenete a me ed alla nazione italiana! Il vostro destino dipende da noi ormai!

Mentre l'ambulanza continua il suo viaggio, non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Il mio sguardo non riesce a posarsi altrove, e se provo a distogliere lo sguardo da lei, le lancio curiose occhiate ogni cinque secondi.
Non mi posso scordare quei suoi occhi che ho avuto l'occasione di guardare mentre fingevo di analizzarla. Erano attraenti, quasi ipnotici, occhi che trasmettevano freddezza e ferocia, degni di un animale feroce! Non oso immaginare questa creatura in forma trasformata, tanto bella e maestosa quanto letale e pericolosa!

Dopo dieci minuti Zeb mi rivolge nuovamente la parola: "Direttore, stiamo per arrivare all'ospedale."
Io passo prontamente avanti e mi siedo accanto a lui. In poche parole quello che dobbiamo fare è recuperare la nostra vettura e poi andarcene da qui il più in fretta possibile. Non mi sentirò al sicuro fino a quando non saremo distanti più di dieci kilometri da questo posto.
Ecco, l'ospedale è proprio laggiù, quell'enorme struttura in mezzo a tutto questo verde, alta circa di una dozzina di piani con tutti quei rosei mattoni e fornita di tutto e di più. Impossibile da non vedere. Zeb spegne la sirena per non creare trambusto, e sempre con gran velocità, entra nell'autorimessa delle ambulanze. Ma poi, frena di colpo ed io vengo stritolato dalla cintura per colpa della forza di inerzia. Maledizione! Che cosa gli è preso?

Poco più avanti vedo il motivo della sua improvvisa frenata: davanti a noi ci sono due agenti di polizia che stanno conversando con alcuni impiegati ed un agente di sicurezza dell'ospedale ed il medico, l'infermiere e l'inserviente che avevamo messo K.O. mentre sequestravamo l'ambulanza. Merda!

"Oh cazzo! Cosa facciamo adesso?" mi chiede Enrico preoccupato.
"E cosa credi che dobbiamo fare? Abbiamo un'ambulanza ed un cosiddetto 'paziente'. Faremo finta che siamo dei NORMALISSIMI medici che stanno solo facendo il loro dovere. L'ultima cosa che voglio è avere problemi con la polizia locale. Sù, parcheggia laggiù e sbrighiamoci! Poi mi inventerò qualcosa per andarcene da qui!"
"Potremo lasciare qui la macchina e riprenderla dopo aver consegnato la ragazza al resto dello squadrone..." dice Zeb cercando una soluzione migliore su cosa fare.
"Sei pazzo? Se usciamo qui fuori con questo trabiccolo, i licantropi che stanno là fuori e che SICURAMENTE ci hanno seguito sospetteranno qualcosa e non ci daranno tregua. E poi, lasciare tutta la nostra attrezzatura incustodita? Eh no! Non se ne parla! Se poi ci facciamo scoprire solo perché abbiamo lasciato la nostra auto incustodita, chi sente il nostro presidente Maurizio Crozza?"

Kenneth annuisce e parcheggia l'ambulanza davanti ad un'entrata del complesso. Nel frattempo, io ritorno nel vano del paziente e trovo un camice attaccato ad un attaccapanni. Toh! Che fortuna!
Dopo averlo preso, apro un contenitore laterale e trovo una casacca turchese da infermiere. Benissimo, questa andrà a meraviglia per Zeb!
Torno nel vano guida e porgo la casacca ad Enrico che nel frattempo ha spento il veicolo. Io mi indosso il camice e metto in mostra il mio tesserino di riconoscimento, il mio compare fa lo stesso esponendolo sulla casacca indossata. Ci sistemiamo un po' la capigliatura per farci riconoscere il meno possibile. Zeb stende il suo giubbino rosso sulla ragazza a modo di copertina. Stacchiamo i dispositivi di sicurezza che tengono legati la barella alla cabina, facciamo un respiro profondo ed un segno della croce ed apriamo il portellone in contemporanea: con la mia mano apro la parte sinistra mentre il mio compare apre con la sua mano la parte destra.

Caliamo giù la barella con una fretta inimmaginabile e corriamo con essa a capo chino verso l'entrata dell'ospedale dopo aver chiuso il portellone in modo rozzo e sbrigativo. I due agenti e gli altri ci notano, ma non sembra che ci abbiano riconosciuto, e vedendoci come andiamo di fretta non sembrano avere intenzione di fermarci.
Bene, il trucchetto ha funzionato!

Entriamo in una sala vuota dove c'è una scala ed un ascensore. Chiamo l'ascensore ed io e Zeb lo aspettiamo pazientemente. Una volta arrivato, entriamo dentro ed io premo un pulsante a caso: secondo piano. In questo momento non sto avendo la più pallida idea dove stiamo andando, sta di fatto che non possiamo stare qui dentro in eterno e devo inventarmi al più presto un modo per andarcene.
Mentre la porta scorrevole si chiude e l'ascensore comincia a salire vedo Jenny cercare appena appena di voltarsi di lato sulla barella, come un bruco in un bozzolo troppo stretto. Per fortuna lei dorme ancora profondamente e l'effetto del sonnifero è ancora lungo ad esaurirsi. Ma non intendo rischiare, perciò tiro fuori il narcotico e glielo faccio annusare un po', fatto ciò me lo rimetto in tasca da dove l'ho preso.

Allora, adesso che cosa faccio? Vediamo un po' di fare il quadro della situazione: siamo degli agenti stranieri camuffati da un medico e da un infermiere, abbiamo con noi una licantropa allo stato brado ed al momento inconscia, il resto del suo branco sta venendo qui (se non è già arrivato), quindi avremo anche i minuti contati se loro scopriranno che la nostra era tutta una farsa, inoltre non possiamo riprenderci la nostra macchina perché è custodita da due agenti di polizia e minimo altre cinque persone. Ritengo che per il momento è meglio per noi nascondere la ragazza da qualche parte e poi decidere sul da farsi.

"Qualche idea?" Mi chiede Zeb.
"Solo un obbiettivo semplice: quello di nascondere la ragazza da qualche parte e poi inventarci qualcosa che possa farci recuperare la nostra auto e andare via di qui senza insospettire nessuno, che siano licantropi o persone normali."

Il quel preciso istante la porta scorrevole dell'ascensore si apre ed usciamo fuori sparati con la barella: io la spingo dalla parte sinistra mentre Enrico la spinge dalla parte destra.
Attraversiamo le corsie correndo come pazzi e come se la nostra 'paziente' stia per schiattare da un momento all'altro. Nella nostra corsa sfrenata sfondiamo sette porte antipanico e più di una volta rischiamo di mettere sotto qualcuno, che però, si scansa per sua fortuna all'ultimo secondo. Dopo circa tre minuti svoltiamo un angolo e ci ritroviamo alla fine del corridoio con alla fine della parete una porta chiusa. Sembra un ottimo posto dove nascondere Jenny. Faccio per aprirla ma...
"Dannazione! È chiusa a chiave!" dico io dopo aver inutilmente tentato di aprirla.
"Zeb, pensaci tu!" continuo facendomi da parte ed invitando Enrico con un gesto della mia mano a scassinare la porta.

Il mio compare fa un sorriso maligno e si dirige verso la porta, si strofina le mani, e dopo aver estratto dalla tasca grimaldello e tensore, incomincia a scassinare.
So che se avesse potuto, l'avrebbe sfondata o avrebbe frantumato il vetro per aprirla dall'interno, ma dato che non possiamo attirare l'attenzione, non può di conseguenza utilizzare questi metodi piuttosto diretti.
Mentre il mio compare sta scassinando la serratura tra un'imprecazione e l'altra, io controllo che non arrivi nessuno. Fortunatamente questa parte del corridoio è deserta ed in giro non si vede molta gente.

Dopo un tempo per me interminabile sento il "TAC" della serratura, e voltandomi vedo Enrico aprire la porta e poi farsi da parte per andare a spingere la barella. Io lo imito compiaciuto ed attraversiamo la porta con il nostro carico. Ci troviamo in un'ampia sala sorretta da quattro colonne portanti, quasi vuota, tutto ciò che c'è sono solo dei carrelli in acciaio con delle attrezzature mediche, alcuni scatoloni confezionati e non ancora aperti ed alcune bombole d'ossigeno. Probabilmente ci troviamo in una sorta di magazzino.
"Meraviglioso! Questo posto è perfetto! Mettiamola in un angolo!" dico io soddisfatto.

Ci accingiamo a spostare la barella, quando da due colonne spuntano due persone, un ragazzo, ed una ragazza, di carnagione chiara, entrambi di sedici/diciassette anni circa, come la nostra ragazza. Ci guardano torvi e per questo ho un bruttissimo presentimento.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2018 ⏰

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