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"MUOVI QUEL CULO!"

Alzo di scatto la testa dal cuscino appena sento mio fratello urlare. Era davvero un sogno?

Sollevo le lenzuola e esco dal letto sbadigliando, dirigendomi verso il bagno, ripensando al sogno assurdo di questa notte ...

Ho la mente talmente contorta da immaginare mio fratello Michael essere il mio migliore amico?

Mi vesto in fretta ed evito in tutti i modi lo specchio, ma lo scontro è inevitabile. Mi guardo: le occhiaie date dall'orario indecente di ieri notte, il viso pallido, gli occhi e le labbra gonfie.
Alla vista del mio riflesso faccio una smorfia ... dovrei smetterla di andare a dormire così tardi.

Scendo velocemente le scale che portano alla cucina, riuscendo persino a salvarmi da una rovinosa caduta.

Verso del latte di soia nella tazza, aggiungendo dei cereali, osservo fiori dalla finestra e noto con piacere che il cielo si sta schiarendo piano piano; mangio abbastanza velocemente, prendo lo zaino e esco di casa.

La musica nelle cuffiette detta ai miei piedi il ritmo, che viene rispettato attentamente.

È presto stamattina e fa anche leggermente freddo; ormai siamo a novembre ed è giusto così.

Mi dicono che cammino troppo velocemente e che metto troppo spesso le mani in tasca o incrociate al petto, che non dovrei nascondere le mani nelle maniche delle felpe, che dovrei sciogliermi i capelli, che ho una postura scorretta, che dovrei alzare di più il piede quando cammino ... mi dicono tante cose, ma non le ascolto mai; o meglio, le ascolto, ma non voglio cambiare, perché in fondo un po' mi piace essere così e non cambiare per nessuno.

Stringo di più la coda che ho fatto distrattamente appena uscita di casa e inizio ad accelerare, accelero fino ad avere quasi il fiatone, fino a che non sento altro che il vento che mi sputa in faccia la verità: "Non sei niente" ... non sono niente.

Mi fermo senza pensarci e alzo lo sguardo al cielo ... perché dovrei? Perché dovrei parlare oggi? Perché dovrei respirare oggi? Perché dovrei andare a scuola oggi? Perché dovrei mangiare oggi a pranzo? Perché dovrei dormire questa notte?
Non lo so.

Riprendo a camminare, osservando i miei stivali neri, ormai rovinati. Tolgo una cuffietta per attraversare la strada e mentre calpesto solo le strisce bianche sento il suono del tacco basso sul marciapiede riportarmi alla realtà, dandomi sicurezza. Sicurezza di esserci, di non essere un fantasma, di far rumore.

Arrivo davanti all'entrata di scuola, le mani gelate e le labbra screpolate, con un taglio proprio nel mezzo.
Non c'è ancora nessuno, così decido di aspettare sul muretto.

Cerco di non pensare, chiudo gli occhi e tento di 'annullarmi', cancellare dalla mia mente il mio respiro irregolare e il battito inciampato del mio cuore, provo a non sentire il sangue scorrere nelle vene dei polsi e i piccoli spasmi del piede a penzoloni ...

Qualche anno fa ho letto un libro dove la protagonista, che abitava in Arizona, camminava fino al deserto e si "annullava", con le gambe incrociate e i palmi verso il cielo, era una cosa che faceva da sola, isolandosi dal mondo.

Riapro gli occhi, quasi cadendo dal muretto a causa dell'inaspettata sorpresa che mi capita davanti.
Un ragazzo è a qualche centimetro dalla mia faccia e dalla sua espressione è alquanto confuso.

"Che hai da guardare?" Domando, scendendo dal muretto
"Cosa stavi facendo?" Domanda il biondino perplesso, spalancando ancora di più la pioggia che ha negli occhi.

"Mi stavo annullando" affermo facendo spallucce, come se fosse una cosa normale.
Raccolgo lo zaino da terra e in fretta mi dirigo verso le porte della scuola, quando una voce mi ferma poco prima che varchi la soglia:
"Un giorno me lo spieghi?"

Love you all,

Sologreta.

Ready to run.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora