02- Il bellimbusto

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L'entusiasmo, e con esso l'applauso per avermi rivisto in piedi e camminante, si acquieta quando i giudici si siedono al loro posto. Salgo sulla parte degli spalti dedicata agli atleti e vado verso i miei compagni di squadra, seguita da Rebecca. Sandro, invece, rimane giù insieme agli altri allenatori. Mi siedo vicino ad Andrea Comini, il capitano della squadra. Anche se si tratta di uno sport individuale, c'è un capitano, scelto tra i più esperti, per fare da chioccia a noi esordienti.

Andrea non è il più vecchio della spedizione azzurra, visto che ha ventotto anni, mentre ci sono le nostre due piattaformiste, Chiara e Valentina, che ne hanno poco più di trenta. Entrambe hanno annunciato il loro ritiro a fine Olimpiade e devo ammettere che mi dispiace molto: le ho seguite passo passo nella loro carriera, guardandole gareggiare in televisione... ma sono anche emozionata di poter condividere con loro queste mie primissime esperienze: sono state per anni le campionissime del sincro dalla piattaforma e spesso sono state ad un passo dal battere le fortissime cinesi. Purtroppo non è mai accaduto, ma chissà che questa, oltre ad essere l'ultima, non sia anche la volta buona...

- Quanti sono questi? - mi chiede Andrea mostrando due dita della mano.

Mi metto a ridere, puntando lo sguardo sui suoi occhi scuri. - Ci vedo, ci vedo. Come sta andando la gara?

- Cina primissima, per le altre medaglie se la giocano Canada, Gran Bretagna e Messico.

- Tutto normale, quindi.

Andrea annuisce, spettinandosi con una mano i capelli di un colore incerto, un po' biondo, un po' castano.

Peccato, forse anche io e Becky ci saremmo state bene per la lotta alle medaglie, anche se è vero che proviamo il sincro solo da qualche mese, mentre le altre si allenano insieme da almeno un paio di anni. Guardiamo in silenzio il triplo avanti delle malesi. Aveva ragione Rebecca, queste due non sanno proprio dove stia di casa il sincro. Una ha saltato troppo avanti, l'altra ha completamente sbagliato l'apertura ed è finita abbondante. Abbondante significa che, al momento di entrare in acqua, le gambe, invece di immergersi verticalmente, superano l'immaginaria linea perpendicolare. Il risultato molto spesso è un bello schizzo in avanti. Al contrario, scarso è il tuffo che non ha ancora finito di girare e, sostanzialmente, non è finito, perché le rotazioni non sono del tutto completate. L'effetto è sempre lo stesso: tanti schizzi, solo che stavolta sono nella direzione opposta alla quale stai girando.

Qualcuno mi chiama con un colpetto sulla spalla. È Jean-Marc, il mio migliore amico. È accovacciato nel piccolo corridoio di passaggio tra una sezione degli spalti e l'altra per poter parlare con me, che sono nella fila più in basso. Il gruppo italiano è a ridosso della piscina, non troppo distante dagli allenatori, a cui sono riservate, proprio sotto di noi, delle sedie in plastica sistemate una accanto all'altra in più file.

- Come stai? - mi chiede, con la voce bassa perché si stanno tuffando le canadesi. Ha il suo solito sguardo da cucciolo bastonato sul viso dal colorito pallidissimo, come sempre, ma stavolta intravedo la preoccupazione che ha provato poco fa per me. Mi poggia una mano sulla spalla sinistra, credo per non cadere se passa qualcuno, o forse solo per farmi sentire la sua vicinanza.

- Non mi sono fatta niente - gli rispondo, senza ascoltare i voti dei giudici. - Mi secca non poter continuare la gara, perché mi sento bene.

Lui scuote la testa, e so che è in segno di disapprovazione per la mia esuberanza, così diversa dal suo carattere mite; per un attimo il sole che attraversa l'impianto all'aperto si riflette sui suoi capelli ramati. - L'importante è che stai bene.

Dai tuffi al cuore (Ex "Un tuffo al cuore")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora