Capitolo 2

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Jimin osservava il nuovo arrivato con diffidenza mentre sistemava le poche cose che possedeva nella sua parte della cella. Posizionò una cornice sul comodino raffigurante lui e una ragazza, molto probabilmente la sua fidanzata. Si sdraiò sul letto e fissò il soffitto. -Come ti chiami?- Jimin avrebbe voluto fargli notare che il suo nome era stato mormorato un attimo prima dal dottore ma decise di rimanere in silenzio. Non voleva sprecare fiato con lui. Non voleva parlare con nessuno, in quel posto. Il ragazzo si voltò verso di lui ed un luminoso sorriso spuntò sulle sue labbra. Si alzò di scatto e si buttò sul suo letto. Il corvino rimase immobile. Fantastico, mi hanno rinchiuso con un pazzo, pensò. -Sei per caso muto?- Chiese Taehyung. Ancora una volta Jimin rimase in silenzio e si voltò verso il muro chiudendo gli occhi, sperando che quel ragazzo tornasse al suo posto. Il castano sospirò e lentamente scese dal letto e si guardò intorno. A terra in un angolo giaceva un blocco da disegno. Diede un'occhiata al giovane rannicchiato che dormiva e lo afferrò per poi sfogliarlo. Spuntarono delle frasi, sembravano poesie ma poco dopo si rese conto che fossero invece testi di canzoni. Erano parole piene di significato e molto profonde. Sfogliò ancora finché non scovò un disegno che aveva catturato la sua attenzione. Una vasca traboccante di acqua. Aggrottò le sopracciglia, inizialmente confuso ma poi realizzò ed i suoi occhi si spalancarono. Una mano gli strappò improvvisamente il quaderno dalle mani e si voltò, incontrando un Jimin infuriato. -Non toccare la mia roba, intesi?- Sibilò. Nascose l'oggetto sotto il letto e dopo avergli lanciato un'altra occhiataccia si sdraiò nuovamente sul letto. Faceva molto freddo in quella cella. Taehyung prese una coperta e delicatamente la sistemò sopra il corpo di Jimin. Quest'ultimo però non perse tempo a calciarla via. Il ragazzo non ci fece troppo caso e si sedette sul proprio letto, abbracciando le sue lunghe gambe con le braccia e posando il mento sulle ginocchia. Sarebbe stata una lunga permanenza in quel posto.









Jimin camminava per i corridoi, lo sguardo puntato a terra. Il castano lo seguiva a poca distanza, non distogliendo gli occhi dalla sua schiena. Era ora di pranzo e si stavano dirigendo verso la mensa. Il corvino però proseguì oltre e Taehyung lo fermò per un polso. -Non andiamo a mangiare?- Domandò. Il ragazzo si divincolò dalla presa. -Tu fai quel che vuoi, io non ho fame.- Mormorò. Riprese a camminare ed il castano fece lo stesso, provocando irritazione nell'altro. -Che stai facendo?- Chiese spazientito. -Avevi detto che potevo fare ciò che volevo, e lo sto facendo.- Jimin sbuffò e decise semplicemente di ignorarlo mentre si dirigeva nella sala ricreativa. Quell'ambiente era munito di sale con diverse funzioni, tra cui anche delle stanze adibite ad aule, in cui Jimin era costretto a prendere parte a delle lezioni scolastiche che si tenevano al loro interno. Per fortuna quel giorno era domenica e poteva fare ciò che desiderava, ossia disegnare e scrivere la sua lettera quotidiana al suo migliore amico, Yoongi, nonché suo fratellastro. Si sedette al solito tavolo e prese il suo inseparabile quaderno, iniziando a lavorare. Nel frattempo Taehyung si guardava intorno, sconcertato. Nella sala vi erano uomini e donne di età differenti. C'era chi giocava con delle costruzioni, chi scarabocchiava su dei fogli e chi guardava cartoni animati. Sembrava di stare in un asilo. Jimin seguì il suo sguardo. -Sono dei malati mentali. Credono di avere l'età di cinque anni.- Disse. -Non essere così cattivo, sono delle persone come noi.- Ribatté Taehyung. -È la verità, qui ci sono persone malate ed io non sono affatto come loro.- Rispose il corvino. -Per essere qui, dovresti avere qualcosa in comune con loro.- Commentò il castano. -Siamo in due, allora.- Sputò acido Jimin. Rimasero in silenzio ed il corvino finì di scrivere la lettera che non avrebbe mai consegnato a Yoongi, riponendola in una fessura che aveva creato all'interno del blocco. In seguito si guardò intorno alla ricerca di una finestra dalla quale poter ammirare il panorama esterno per poterne trarre ispirazione ma il castano attirò la sua attenzione. Aveva poggiato la guancia sulla mano e guardava nel vuoto, assorto nei suoi pensieri. Lentamente iniziò a tracciare la linea spigolosa della mandibola, la curva delle labbra, il naso fine ed il piccolo neo, gli occhi color nocciola e le folte sopracciglia. Quegli occhi che lo osservavano con curiosità. -Cosa stai disegnando?- Il ragazzo chiuse di scatto il quaderno. -Nulla di interessante.- Tagliò corto. Taehyung alzò le spalle e si alzò, andando a sedersi poi al fianco dell'uomo che stava guardando la televisione. Jimin rimase sorpreso da quel gesto e non sapeva se definirlo una persona alquanto stupida o estremamente coraggiosa. Il castano tentò di instaurare una conversazione con quel paziente e per pochi minuti riuscì nel suo intento, finché l'uomo non tornò al suo stato di catalessi dinanzi la televisione.











-Cosa si fa ora?- Domandò il castano. Erano tornati in cella e Jimin era disteso sul letto mentre sfogliava un manga giapponese. -Che ne so, leggi qualcosa o semplicemente stai zitto.- Rispose dopo un po' il corvino. -Gentile come sempre.- Mormorò Taehyung. Si alzò dal suo letto e si sdraiò accanto al ragazzo, posando il capo sul suo bicipite. -C-Che stai facendo?!- Jimin si allontanò da lui, le gote arrossate. -Stavo leggendo...?- Taehyung gli lanciò uno sguardo interrogativo. -Tu sei strano.- Affermò il corvino. -E tu sei antipatico.- Sbuffò l'altro. Dalle sue labbra fuoriuscì un lamento. -Mi annoio qua dentro!- Jimin gli lanciò un'occhiata di traverso. -Beh dovrai abituartici, rimarrai qui per un po' di tempo.- Replicò. Gli occhi del ragazzo si posarono su di lui, indagatori. -Da quanto tempo sei qui?- Domandò. -Un anno.- Sussurrò il corvino. Taehyung rimase in silenzio, prima di azzardare nel fare quella domanda. -Perché hai deciso di suicidarti?- Jimin non rispose ed il castano pensò che non lo avrebbe fatto ma si stupì. -Io non appartengo a questo mondo.- Taehyung lo scrutò, confuso. -Ciò che dici non ha senso.- Affermò il giovane. -Forse è per questo che sono rinchiuso qua dentro.- Ribatté l'altro. Senza dire nient'altro Jimin s'infilò sotto le coperte e s'impose di dormire. Quella notte fece un sogno. C'erano una miriade di fiori, ognuno di un colore differente, rose, girasoli, margherite, gigli, azalee, orchidee adornavano un muro, donandogli un aspetto allegro ma al tempo stesso malinconico. Forse a causa di quella figura che sedeva in disparte, le braccia a circondare le gambe, lo sguardo a terra, triste, solo uno spicchio di luce ad illuminare il suo corpo rannicchiato. Quella fu la prima volta che sognò Kim Taehyung. E non fu l'ultima.

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