Capitolo 21

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-Ti sei mai chiesto se Jimin è davvero felice?- Domandò Jungkook. Yoongi distolse lo sguardo dagli spartiti e lo puntò sul suo ragazzo, disteso accanto a lui. -Lo faccio ogni giorno.- Rispose. -E sei mai arrivato ad una conclusione?- Il ragazzo annuì. -Non lo è veramente. Sta solo cercando di convincere noi e se stesso.- Il minore concordò. -Li vedo, i suoi occhi. Sono spenti. Non esprimono alcuna gioia. Non brillano più.- Sussurrò. Yoongi lo prese tra le braccia e gli sfiorò la guancia con le labbra. -Ricordo ancora gli anni del liceo. Quando io e Jimin eravamo i ragazzi più popolari della scuola e tutti ci ammiravano. Ricordo come Jimin a quel tempo fosse un ragazzo gioviale e allegro. Era come un piccolo sole che splendeva di una luce pura. Ora invece, somiglia soltanto a una stella morente. E la cosa peggiore è che non posso fare nulla per aiutarlo.- Jungkook tacque. Si morse il labbro inferiore, tentando di non scoppiare a piangere. -Se solo Hoseok non se ne fosse andato. Se solo Jimin non si fosse innamorato di lui.- Yoongi lo ascoltava, in silenzio. Poi gli pose una domanda. -E Taehyung?- Il castano non rispose. Taehyung stava soffrendo molto ma nessuno altre a lui ne era a conoscenza. Non aveva detto al suo ragazzo che lo aggiornava ogni giorno sulle condizioni di Jimin. Yoongi aveva sempre nutrito dell'astio nei suoi confronti. Sin dall'inizio il maggiore sapeva che quel ragazzo lo avrebbe distrutto definitivamente, e così era stato. -Taehyung non ha colpe. Non poteva sapere che si sarebbe innamorato di lui. E sinceramente è stato l'unico che è rimasto al suo fianco.- Il ragazzo dai capelli color menta si alzò di scatto dal letto, gettando gli spartiti sulla scrivania. -Non dire questo. Non abbiamo mai smesso di preoccuparci per lui, Jungkook. È mio fratello.- Sbottò. Il castano lo osservò, serio. -Hai mai pensato che si sarebbe ristabilito?- Disse. Nella stanza calò il silenzio. No, non lo avrebbe mai creduto possibile. -Taehyung è stato l'unico a pensarlo.-









Mancavano ormai due giorni a Natale e poco tempo dopo il suo fratellone avrebbe compiuto gli anni. Gli mancava molto, nonostante la chiamasse ogni giorno. Gli aveva chiesto spesso di tornare, ma lui sosteneva che quello non era più il suo posto. Dae gli ripeteva che si sbagliava. Lì era nato, lì aveva trascorso gran parte della sua vita. Lì aveva conosciuto il vero amore. Taehyung le raccontava del Giappone, di come la vita fosse differente, di come le persone fossero diverse. Lei gli chiedeva se avesse conosciuto qualcuno, ma il ragazzo negava ogni volta. Non aveva bisogno di amici, le diceva. Dae non gli credeva. Avrebbe voluto parlargli di Jimin, desiderava sapere se lo amasse ancora, ma nel profondo lei sapeva la verità. Non aveva mai smesso di pensare a lui. -Verrai almeno per farmi visita?- Disse. Dall'altro capo del telefono ci fu silenzio, poi un lungo sospiro. -Veramente nostra madre voleva chiederti se ti andrebbe di passare il Natale con noi.- Dae corrugò la fronte. Non avevano alcuna intenzione di tornare in Corea. -Oppa, io ti voglio bene e ti prego, perdonami per quello che starò per dire, ma sei un codardo. Ti ostini a credere che Jimin ti odi, ma lui ha bisogno di te. Fa credere a tutti che si stia ristabilendo ma a me è bastato un solo sguardo per comprendere che sta nuovamente scivolando nel baratro.- Le parole le uscirono dalla bocca senza nemmeno pensarci. Dall'altro capo del telefono la ragazza udì come un tonfo, poi Taehyung le riattaccò il telefono in faccia.









Gettò il cellulare dall'altra parte della stanza e colpì la parete, frantumandosi. Si morse con prepotenza il labbro inferiore per non lanciare un grido di rabbia, e passandosi nervosamente la mano tra i capelli, uscì dall'appartamento. Il tempo non era dei migliori, una pioggerella picchiettava sulle sue spalle ed il cielo grigio di Tokyo lo osservava, come a rimproverarlo per la sua debolezza. Camminava con passo veloce, senza avere una meta da raggiungere. Quella notte avrebbe nevicato. Taehyung amava la neve. Era delicata, elegante e gelida. Come il suo cuore. Da quando aveva lasciato il suo paese, quell'organo tanto amato, si era pian piano raggrinzito, come un fiore che in assenza della luce benefica del sole, appassisce inesorabilmente, cessando di vivere. Ora nel petto era incastonata una pietra appuntita che avrebbe ferito chiunque avesse soltanto provato a rimuoverla. -Tu sei il cameriere di quel locale.- Una voce bassa e seducente attirò l'attenzione di Taehyung. Si voltò per incontrare due occhi color ebano e una chioma di capelli biondi. Era la ragazza che lo aveva trattenuto quella sera nel locale in cui lavorava. Lo guardava con curiosità malcelata. Era affiancata da due ragazzi vestiti di nero, dei piercings ad adornare i loro volti pallidi. -Sembri essere arrabbiato, ragazzo.- Disse. Taehyung non rispose. Gli diede le spalle e continuò per la sua strada. -Stai soffrendo.- Quella frase risuonò dentro di lui come una triste melodia. Il suo corpo s'immobilizzò. -Vieni con noi, sconosciuto. Sapremo curarti da ogni male.-










Continuo ad ascoltare Mono, senza fine. Un capolavoro, non c'è altro da aggiungere. Vi lascio con il brano "Tokyo".

QueenEternity98

𝐿𝑜𝓋𝑒 𝒴𝑜𝓊𝓇𝓈𝑒𝓁𝒻 ☾𝒱𝓂𝒾𝓃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora