Capitolo 4

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Chissà cosa frullava nella testa di Selene, come ogni adolescente era a scuola, odiava la scuola, come chiunque altro. Guardava fuori dalla finestra, osservava le persone che passavano e spesso cercava di immaginare le loro vite, talvolta di prendere il loro posto; come in quei film dove, putacaso, due persone acerrime nemiche si ritrovavano nel corpo dell'altro.
Stare in classe le piaceva solo per questo, le permetteva di affinare la sua immaginazione.
In effetti non odiava l'ambiente scolastico: il fatto che la scuola fosse vista come un punto di ritrovo per adolescenti le andava bene, il problema era lo scopo intorno cui girava quell'edificio.

Dopo la scuola le sarebbe piaciuto viaggiare per il mondo, era da circa tre anni che metteva da parte dei soldi, ovviamente non erano tantissimi, ma il necessario per un posto in seconda classe ed un posto letto in un albergo non esattamente lussuoso.

Le piaceva vivere nel presente, alla fine, anche se non esattamente, era l'unico ad "essere". Il passato è passato, quindi è stato e non esiste più, il futuro sarà, ma non è ancora, quindi non esiste, in un certo senso neanche il presente è, dato che ciò che viviamo nel presente si consuma in attimi e gli attimi finisco, lasciando il posto a nuovi attimi finiti, ed ancora altri ed altri e così via.
Insomma, una sorta di Carpe diem alla buon Orazio, cogli l'oggi fuggevole.
Inoltre aveva in mente molti concerti, amava andare ad assistere dal vivo i gruppi che più amava. Tra l'altro, questo sfizio che aveva non era neanche così costoso, andare ad un concerto poteva essere paragonato ad una spesa sotto i venti dollari.

Come avrete intuito ho una passione per le divagazioni, ma credo siano necessarie per farvi compenetrare in ciò di cui sto parlando e del contesto. Sì, okay, probabilmente non è così, ma ehi, sto raccontando io questa storia!

Quindi ci trovavamo in classe con Selene, che, salvata dalla campanella di fine giornata, era sopravvissuta ad una (sicuramente finita male) interrogazione di matematica. Tirò un sospiro di sollievo mentre tornava al suo posto. I suoi jeans strusciavano lungo il pavimento, contribuendo a farli rovinare maggiormente, non posso dirlo con sicurezza, ma credo lei che  piacesse essere così trasandata nell'abbigliamento, come ci suggerisce la parola il nostro abito ci determina per ciò che siamo quotidianamente e lei voleva aprire così proprio perché si sentiva di esserlo. L'ho sempre vista  come una ragazza disordinata ed abbastanza invasata, ma è sempre stata fiera di essere ciò che è.

Lei non lo sapeva ancora, ma pochi mentre fuori dall'ingresso principale della scuola avrebbe trovato l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

Esattamente, Aaron era proprio lì, con una specie di cappello da pescatore, un paio di occhiali rettangolari ed il suo solito look. Cercava di non farsi notare, spostandosi immediatamente non appena qualche ragazza si fermasse ad osservarlo più del dovuto.
Aveva ordinato a Mark (Sì, l'ho chiamato veramente così) aka Signor McGregor ad accompagnarlo fuori la scuola della ragazza e a rimanere nei dintorni, in caso di necessità.

A questo punto la ragazza scese le scale con molta nonchalance, non aspettandosi minimamente di essere spaventata in quel modo: Aaron le era comparso dietro ed aveva urlato molto acutamente un "Ciao Selene !»; ovviamente lei era saltata dallo spavento e non poté trattenersi dal dargli un pugno sul braccio destro.

Aaron aveva cominciato a ridere mentre osservava la ragazza dargli le spalle ed accelerare in fretta il passo.
Andava di fretta, di certo la programmazione di mtv non aspettava lei per iniziare ed era certa che la puntata di Beavis and Butt-Head sarebbe giunta al termine prima del previsto, non poteva perdersela.

Lui iniziò a seguirla, come se fosse qualcosa di normale farlo.

Allora Selene si fermò all'improvviso, facendo sbattere il modello contro la propria schiena.

«Ne hai ancora per molto?» chiese irritata, guardandolo torvo. Odiava le persone come lui.

«Dove si va?» chiese invece lui, gli piaceva stuzzicarla, ci provava gusto, solitamente gli altri lo assecondavano anche per le cose più stupide che dicesse.

«Dritto a casa. Dov'è quel tipo che mi ha sequestrata l'altro ieri? Potrebbe darti uno strappo. Bon vuyage!» fece un cenno con la mano, ricominciando a prendere velocità con le gambe.

«Ehi! Dove credi di andare!» urlò ed un paio di ragazze si guardarono, Aaron non era così furbo come sembra. «Dai, facciamo pace!» urlò, ancora.

Si erano iniziati a creare un paio di gruppetti di ragazze che osservavano curiose la vicenda. Avevano sguardi complici ed insani. Volevano assicurarsi che dietro quel paio di occhiali verdognoli ci fosse seriamente lui.
Non era solito girare per la città, solitamente quando voleva incontrare un po' di gente bastavano un paio di chiamate oppure andava a qualche festa. Ovviamente potrete comprendere da soli il motivo per cui non fosse solito uscire ; nel caso in cui non lo aveste capito, datemi giusto altro due minuti.

Aaron, nei cinque minuti successivi aveva ripreso a seguirla, rimanendo in silenzio.
A Selene non interessava che la seguisse, ma certamente non avrebbe potuto portarlo a casa sua. Suo padre faceva parte della marina militare 'l'avrebbe sicuramente ucciso e se non l'avesse fatto lui, ci avrebbe pensato lei poiché fin da quando era piccola le aveva insegnato diversi modi per proteggersi. Spesso era via per lavoro, rincasando nei fine settimana, mentre la madre giusto il minimo; insegnava alle elementari, a qualche chilometro più lontano dalla sua scuola.

La ragazza scelse di imboccare tutt'altra strada, spingendosi quasi verso il centro della città. Aveva notato che una macchina alquanto sospetta li stesse seguendo già da un po', le sembrava la stessa macchina che, alcuni giorni fa, l'aveva scortata fin sotto la villa del ragazzo.
Pensò a quanto fosse esagerato tutto questo, facendole odiare ancora maggiormente quel mondo.

«Non costringermi a farlo» gli sussurrò, fermandosi al centro di una strada molto trafficata, era una delle principali della città. Vide anche quella presunta macchina accostarsi.

«Fare cose?» chiese confuso Aaron, grattandosi la noce del collo.

In poco si convinse, decidendosi a farlo.
Si piazzò al suo fronte e portò entrambe le mani all'altezza del suo volto. Una sollevò il cappello, mentre l'altra sfilò gli occhiali. Gli fece un piccolo sorriso pieno di malizia, iniziando ad urlare a pieni polmoni: «O mio Dio! Ragazza, ma questo è quello stupidissimo modello che tante amate!»

In poco un'orda di persone accerchiò Aaron, non permettendogli alcun movimento.

Selene sorride soddisfatta, urlandogli un: «In bocca al lupo!» per poi correre al più presto verso casa. Come minimo ci avrebbe messo un quarto d'ora per tornare a casa da lì.

Aaron pensò che fosse molto furba, forse fin troppo per lui, ma amava mettersi in gioco.

Questo capito fa abbastanza schifo, mi spiace, cercherò di far meglio nei prossimi

Milk and honey «Timothée Chalamet»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora