Leggo parole e mi ci faccio vivere quando fuori è tutto blu e non ho il coraggio di dormire, prima che la nausea invada le pareti, goccioli sulla realtà, impregni ogni angolo di questa patetica vita vera.
Fa buio, eppure riesco a sentirmi strisciare il sole in gola, pulsante e umido dentro ai polmoni. Ho caldo, tanto, fino a far contrarre lo stomaco dal bisogno di piangere. Mi fa così paura il vuoto della sabbia, deserti grezzi, campi di cotone, terra bruciata in ricerca, il grande adesso che arde il viso e cola lento sulla fronte. Leggo per raggiungere l'ultima pagina e riprendere a respirare con più affanno di prima.
Mi ci corico nelle storie d'altri, straniera io stessa alla mia. Spingo fuori il divano sfondato, i rantolii tra i cuscini per non gridare, l'odore penetrante dei miei giorni. Tutto si fa flebile e muto, di fronte a un intimità troppo potente se scaraventatami tra le tempie, dove i racconti sussultano e gemono. Che si parli di peste su corpi, oppure baci appassionati tra i lividi, mi tremano sempre le mani. Voglio ancora, ancora, ancora. Ancora altre parole con cui credere nella bellezza, altra forza per distruggere le mie emozioni incomplete e dipingerci qualcosa di meglio.
Cerco la sincerità, storie vive e oscene, dove ci si consuma senza paura, e anche se c'è tanto dolore da far correre spasmi su per la schiena, la fine varrà sempre qualcosa. Cerco folle e tossica un'altra sensazione di perdimento sordo, ingurgitando storie fino a farmi girare la testa. Dipendente di emozioni, mi spacco a forza l'apatia con altra apatia ancora più intesa. Me ne inebrio, vagando da un libro all'altro, ingoiando sabbia, alcol, le crudeli serate dei bordelli messicani, in cui la mente scoppia in orgasmi multipli e rossastri. Uno dopo l'altro, pagine e pagine lette sempre più veloce, fino a ritrovarmi sfinita.
Ho Camus con cui farmi salire la febbre fino a vomitare angoscia, quando piango e so di non aver mai sentito così tanto. Resto ad occhi aperti, spalancati, ancora più rossi di quelle volte in cui mi sono retta alle pagine fino all'alba. Allora, delirante, ci penso fino a notte fonda. M'innamoro di scrittori sbattendo la testa sul cuscino, perché da nessun'altra parte riesco a percepire lo stesso profondo coinvolgimento.
Mi colmo della loro umanità così violenta e vera, buttata tra frasi ciniche e tristi. Allora lì posso amarmi tra gli sguardi bassi dei personaggi, briciole insignificanti dell'essere, quale sono anche io.
La lettura, per me, significa questo. Mi disperdo in mondi lontani, tanto che a volte anche i miei stessi dettagli si fanno confusi e troppo fragili. Un po' della mia ragione tra le praterie in fiore, altri frammenti nascosti sottopelle, nella peyote e nei morsi della fame. Raccolgo dettagli delle emozioni d'altri e cerco di farmi grande respirando un po' per volta tutta la polvere dell'usato dietro l'angolo.
Amo leggere perché, anche quando mi si bagnano gli occhi a forza di farli fremere e bruciare sulle pagine, non posso far altro che sentirmi viva.
Come sempre, vi vorremmo seduti sulle poltrone insieme a noi. Desidera una tazza di tè, Cara? Caro, qualche biscotto?
A parte gli scherzi, sentitevi liberi, ché da soli diciam cazzate su cazzate senza alcun ritegno.
Com'è, per voi, tutto questo? Cosa significa per le vostre serate stanche?
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Sala del tè
RandomNella Sala da tè troviamo riparo dai temporali. Trascorriamo sul divano i nostri sonnolenti pomeriggi di pioggia, a vederci cadere la vita addosso. Tra i biscotti al limone, sfogliamo pagine ingiallite, catturiamo rossicce foglie d'autunno, per stri...