Natale

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Fuori nevicava. Davanti a me, il fuoco divorava gli ultimi rametti asciutti che eravamo riusciti a trovare, mentre le fiamme danzavano un'ultima volta, prima di affievolirsi totalmente e lasciare alle tenebre il supremo dominio della casa.

Era notte. Non una di quelle notti tristi e così silenziose da sembrare ancor più cupe, no... Dopotutto, era la notte tra il venticinque e il ventisei dicembre. Anche se non sembrava, era ancora Natale.

Ormai da ore penetravano nella casa cori di voci candide e infantili, mentre il mio sguardo vagava dall'albero di Natale riccamente addobbato al presepe situato in un angolo del grande mobile che occupava un'intera parete del soggiorno.

― Caroline ― sentii chiamare.

― Sì? ― risposi alla voce di mia madre, rimestando con una paletta in ferro i tizzoni ardenti all'interno del camino.

― Sarebbe ora di spegnere il fuoco, non credi? ― Il suo tono di voce era dolce, seppur tradisse una certa impazienza.

Annuii. Dovevo smettere di giocare con le fiamme, o avrei finito per bruciarmi come qualche giorno prima.

― Non vieni da noi in cucina? C'è anche Charlotte ― La sua voce, adesso, era delusa. Mia madre amava Charlotte. Dopotutto, era la figlia minore, una bambina modello, così deliziosamente bella da sembrare un angelo. Se improvvisamente le fossero cresciute le ali, probabilmente non me ne sarei nemmeno accorta.

― Sì... Sì, hai ragione. Vi raggiungo tra poco. Charlotte non dovrebbe andare a dormire? ― Posai la paletta e osservai il carbone acceso.

― Sta per andare, infatti ― mi disse prima di sparire dietro lo stipite della porta.

Non li avrei ancora raggiunti. C'era una cosa che dovevo assolutamente fare. Dovevo tentare.

Agguantai il cellulare ancora acceso e osservai l'ultima conversazione avuta con Matt, il mio migliore amico. Sebbene ci ignorassimo da settembre, il mio affetto nei suoi confronti non era mutato.

In realtà, avevamo litigato per colpa mia.

― Non fai altro che uscire con quello. A me non pensi più? ― Ricordavo ancora il suo tono di voce infelice, le parole che si incrinavano sotto il peso della delusione.

― "Quello" ha un nome. È il mio ragazzo, Matt! È normale che voglia uscire con lui ― avevo ribattuto irata.

― Uscire, sì, ma non tutti i giorni! È come se per te esistesse solamente lui. Non ti riconosco più, Caroline.

In quel momento ero stata grata di non poter vedere il suo viso attraverso il telefono tra le mie mani, in vivavoce, mentre scrivevo rapidamente un messaggio al mio ragazzo, rispondendo affermativamente al suo "Ci vediamo stasera?".

Ascoltavo distrattamente Matt mentre mi vomitava addosso tutta la sua irritazione. ― Mi stai ascoltando?

― Sì, sì... Dicevi? ― Avevo chiesto. Non avevo più voglia di litigare con lui.

― Stai parlando con quello stronzo, vero? Non hai ancora capito che non ti ama?

Avevo osservato furibonda il telefono. Era stato in quel momento che l'impulsiva voglia di proteggere il mio orgoglio ferito aveva mandato in fumo la nostra amicizia.

Avevo chiuso la linea. La sua voce era sparita, portata via da un semplice clic.

Non mi ero resa immediatamente conto di aver fatto qualcosa di irrimediabilmente stupido. Pensavo solo alle sue parole, ripetendomi: "Quanto sei sciocco, Matt". E ridevo. Ridevo per scacciare il senso di viva inquietudine che le sue accuse avevano causato.

Ma Matt non era uno sciocco. Matt aveva ragione.

Quella sera, il mio ragazzo, quello su cui tanto avevo fatto affidamento in quei mesi, mi lasciò per un'altra ragazza. La delusione per la fine di quella storia coprì per qualche settimana il senso di colpa per il modo in cui mi ero comportata con Matt, ma non per sempre. Infatti, poco tempo dopo stavo già rimuginando su ciò che avevo combinato, con il solo effetto di sentire una sensazione bruciante all'interno del petto. Mi vergognavo per ciò che avevo volutamente perduto.

E ora, con il cellulare tra le mani, davanti a quei vecchi messaggi, non fui più in grado di reprimere il flusso di emozioni che mi travolgeva.

"Buon Natale, Matt", scrissi. Lui lesse il messaggio quasi immediatamente, ma non rispose.

"Scusa, forse sono in ritardo. Ma Natale non è ancora finito, giusto?".

Visualizzato.

Lo chiamai. Trascorsi una manciata di interminabili secondi ad attendere la sua voce, che non si palesò mai.

Riprovai.

"Scusami, Matt. Sono in ritardo anche per questo, lo so. Ma mi manchi. So di essermi comportata male nei tuoi confronti, ma ti prego (TI PREGO!) perdonami...".

"Sei speciale, Matt"

Non rispose.

Mi alzai con le lacrime agli occhi, raggiungendo il vociare di Charlotte in cucina. Mi corse incontro abbracciandomi, gettandosi le due treccine bionde dietro le spalle. Morse una fetta di pandoro e mi sorrise, scoprendo i due dentini davanti quasi completamente spuntati. I miei genitori risero vedendo lo zucchero a velo sulle guance rosee di Charlotte.

― Vuoi un po' di pandoro, Caroline? ― mi chiese papà.

Volevo sorridere. Lo volevo davvero, eppure non ci riuscii.

― Magari domani. Sono molto stanca, credo che andrò a letto ― risposi sforzandomi di essere convincente.

― Come preferisci, tesoro ― mi sorrise mia madre prima di augurarmi la buonanotte con un bacio sulla fronte.

Mentre mi allontanavo lungo il corridoio, sentii Charlotte pigolare divertita: ― Mamma, Caroline sta andando a letto prima di me!

― Sì, tesoro ― Avrei giurato che le stessero dando una carezza sulla testa.

Mi abbandonai sul letto, osservando per l'ultima volta lo schermo del cellulare. Nessun messaggio.

Scrissi distrattamente alla mia amica Jessica: "Ho parlato con Matt".

La sua risposta non si fece attendere. "Davvero? Che cosa vi siete detti?". Sentivo rimbombare nella testa la sua voce che fremeva di curiosità.

"Niente... In realtà ho parlato solo io".

"Ah...".

Trascorse un minuto. "Mi dispiace, Carol".

"Anche a me", riuscii a digitare con il viso rigato dalle lacrime.

Richiamai Matt. Questa volta gli lasciai un messaggio in segreteria: ― Ehi, Matt... ― Tirai su con il naso. ― So che non vuoi più avere niente a che fare con me, ma dammi un'altra possibilità. Ho bisogno di te, Matt. Solo una possibilità. Una, e se non mi vorrai uscirò definitivamente dalla tua vita.

Non so quanti minuti passarono prima di sentire il cellulare vibrare. Le mie dita tremanti riuscivano a malapena a sostenere il leggero peso del minuscolo aggeggio.

"Buon Natale, Caroline".

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